Fumetto Dmitry Divin
L’ondata di sollevazioni popolari in Tunisia, Egitto, Yemen e altri Paesi arabi è stata ribattezzata in vario modo, da “Rivoluzione Facebook” a “Rivoluzione WikiLeaks”. Apponendo un’etichetta, si cerca di definire chi o che cosa metta in moto queste masse e ispiri milioni di persone a scendere in strada.
È inutile, tuttavia, cercare di esaminare in questo modo i tumulti popolari, che spesso si accendono spontaneamente. In secondo luogo, i giovani ne sono il motore trainante principale. Quindi, la gente è chiamata alla rivolta online, tramite i social network e i telefoni cellulari. Al contempo, anche le motivazioni sono chiare: paradossalmente i regimi politici autoritari arabi conferiscono un valore significativo all’istruzione, giacché la considerano una forma di immunizzazione contro l’estremismo radicale. È anche vero, però, che le generazioni più giovani e sempre più istruite non trovano soddisfazione e modo di realizzarsi nelle compagini politiche di regimi autoritari e corrotti, nei quali la mobilità sociale è irrealizzabile e nei quali non esistono sistemi giudiziari funzionali in grado di promuovere chi è onesto e vuole fare carriera. E presto l’insoddisfazione si trasforma in protesta.
In Russia gli analisti politici sono attenti a quanto accade nel mondo arabo per una semplice ragione: molti di loro hanno cercato di proiettare quella situazione sul loro stesso Paese.
Per rispondere a questa domanda, è importante prima di tutto prendere atto di alcune differenze fondamentali esistenti tra Russia e Paesi arabi. La prima è di natura demografica: nella Federazione non vi sono le medesime pressioni demografiche dell’Egitto. Fino a tempi recenti, quando il governo ha varato un’iniziativa mirante a far salire il tasso di natalità fornendo incentivi materiali, in Russia le nascite erano in calo. La popolazione in età da lavoro è in contrazione, mentre aumenta il numero dei pensionati. Di conseguenza, i livelli di disoccupazione sono bassi. Poiché lo Stato svolge un ruolo più attivo nell’economia, sempre più giovani trovano lavoro nel settore pubblico, per definizione un’opzione più stabile.
La seconda differenza è che in Russia non esiste una potente forza ideologica atta a contrastare in modo informale il regime autoritario laico, quel vuoto che in Egitto è stato colmato dall’Islam. In Russia la Chiesa Ortodossa russa ha adottato una posizione nettamente statalista: in linea generale, i giovani russi non si occupano eccessivamente di politica e la società russa nel suo complesso - contrariamente a quanto si ritiene di solito - si preoccupa più di questioni strettamente personali che di fare gruppo per affrontare la situazione di petto.
I giovani russi hanno ovviamente i loro problemi. Negli ultimi tempi non sono rimasti indifferenti all’influenza di idee radicali di destra e idee estremiste. Secondo fonti ministeriali, in Russia esisterebbero oltre 200 organizzazioni estremiste e un numero complessivo di affiliati pari a diecimila persone, quasi tutti giovani di età compresa tra i 16 e i 25 anni. La maggior parte di loro non appartiene alle frange della società: si tratta infatti di individui con un livello alto di istruzione o che studia in istituti professionali di medio livello. Negli ultimi due anni, si è riscontrato un aumento considerevole dei crimini commessi per motivi nazionalistici, come pure del numero delle azioni estremiste perpetrate apertamente. Questa tendenza si è palesata in modo particolarmente evidente in pieno centro a Mosca nel dicembre dell’anno scorso. La minaccia dell’estremismo nazionalista dilagante tra i giovani, in ogni caso, non dovrebbe essere gonfiata.
Scopo fondamentale e principale della generazione dei più giovani è di adattarsi alle condizioni contingenti e di utilizzarle a proprio vantaggio, come mezzo di realizzazione personale, per migliorare la qualità della propria vita e fare buon uso della nostra società dei consumi.
Secondo gli analisti, la sottocultura dell’estremismo nazionalista coinvolge non più di 60-70mila persone in tutta la Russia e tra costoro si registra una predisposizione alla violenza in non più di 25-30mila soggetti. Coll’avanzare dell’età, però, nella popolazione che ha la “tendenza ad avere la testa calda” subentra spesso un atteggiamento più moderato.
Da alcuni studi condotti dal Levada Center, se il 15% dei giovani condivide le opinioni dell’estremismo nazionalista, tra i soggetti più anziani intervistati questa percentuale scende al 4. Tuttavia, il successo a lungo termine nella repressione dell’estremismo non dipenderà dal livello di tolleranza relativamente alto nei confronti delle altre etnie - un lascito dell’Unione Sovietica – ma dalla misura con la quale i giovani russi riusciranno a trovare un loro posto nella società e un’opportunità di crescita creativa. Se si considerano le cose in questi termini, la situazione generale in Russia non appare così infelice come quella dell’Egitto.
L’autore è un commentatore politico che vive a Mosca.
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