L’Ucraina sospesa tra Russia ed Europa

Il Paese guidato da un anno da Yanukovich percorre nuove vie diplomatiche, intrecciando relazioni economiche e politiche con vecchi e nuovi alleati.

Victor Yanukovich è in carica da un anno; era il 25 febbraio 2010 quando è entrato ufficialmente alla Bankova. In questi dodici mesi non solo è cambiata l’Ucraina, ma sono mutati anche i suoi rapporti con Mosca. Sul fronte interno il Presidente e il suo Partito delle regioni, che domina la Rada, hanno portato stabilità politica in un Paese scombussolato dalle faide interne tra i vincitori della cosiddetta Rivoluzione arancione, l’ex capo di Stato Victor Yushchenko e l’ex premier Yulia Tymoshenko, puniti dagli elettori.

Il nuovo quadro politico, che ha concentrato il potere con effetti ancora da valutare, ha dato una spinta all’economia, con lo sblocco degli aiuti da parte del Fondo monetario internazionale (Fmi) e l’avvio di riforme necessarie quanto impopolari. Sul fronte internazionale, da un lato l’Ucraina prosegue nell’avvicinamento europeo tanto che entro quest’anno è previsto l’accordo sulla creazione della zona di libero scambio con l’Ue, dall’altro ha ripreso a tessere buone relazioni con Mosca, ritornando, dopo il disastroso periodo di Yushchenko, a dialogare e a intensificare le relazioni politiche ed economiche.

Yanukovich, che come detto non ha certo dimenticato l’Europa, ha riportato il timone ucraino verso il Cremlino. Il suo predecessore l’aveva fissato su Washington, influenzato probabilmente troppo dalla moglie Katerina Chumachenko, signora americana che prima di trovare l’amore a Kiev aveva lavorato tra dipartimento di Stato e Casa Bianca ai tempi di Ronald Reagan e George Bush Senior. Al di là però delle questioni familiari è da notare il taglio netto che Yanukovich ha dato al ponte verso gli Usa e la Nato: i passi più importanti sono stati quello di abbandonare il cammino verso l’Alleanza atlantica e soprattutto quello di prolungare la permanenza della flotta russa nella base di Sebastopoli, in Crimea, sino al 2042.

Gli accordi di Kharkiv, siglati nell’aprile del 2010 tra il presidente ucraino e Dmitri Medvedev, sono il simbolo della rinascita del ri-approccio tra Bankova e Cremlino. Probabilmente a Mosca qualcuno si augura un rapporto ancora più stretto con Kiev, soprattutto per quel che riguarda l’energia. Basti ricordare la proposta di Vladimir Putin di fondere Gazprom con Naftogaz. Nei prossimi mesi, sullo sfondo del duello dei gasdotti Nabucco e Southstream, si capirà se il gas riuscirà a legare ulteriormente i due Paesi.

L’autore vive a Kiev e ha fondato il sito d’informazione East Side Report


Tutti i diritti riservati da Rossiyskaya Gazeta

Questo sito utilizza cookie. Clicca qui per saperne di più

Accetta cookie