La condanna
emessa dal tribunale di Chamovniki in relazione al “secondo processo” Lebedev-Khodorkovskyj
suscita emozioni contrastanti. Non posso essere d’accordo con la valutazione
data alla situazione dall’opposizione liberale, ma neppure con quella delle
autorità politiche. L’una e l’altra posizione mi sembrano unilaterali e non
obiettive.
Paradossalmente, dal punto di vista giuridico-formale la sentenza di condanna può essere anche del tutto legittima. Prendiamo l’esempio di una persona che rubi il televisore a un vicino, lo rivenda e metta in banca i soldi così ricavati. Questa persona può essere accusata, se si vuole, non solo di furto, ma anche di evasione fiscale e persino di riciclaggio dei proventi di attività illecite. Negli Stati Uniti è una prassi giuridica normale.
Perché allora da noi in Russia nel processo Lebedev-Khodorkovsky questa prassi non sembra troppo convincente? Perché da noi la gente è d’accordo o dissente dalle decisioni dei tribunali “non secondo la legge, ma secondo coscienza”, vale a dire in base al proprio concetto di giustizia. E l’autore di questo pezzo si comporta esattamente allo stesso modo.
Premetto che anch’io faccio parte di quanti sono assolutamente convinti che la società Yukos abbia pagato molto meno imposte di quelle dovute per legge e considerevolmente meno di tante società petrolifere sue concorrenti. Il fatto è che già due o tre anni prima dell’arresto di Khodorkovsky, quando Michail Borisovich si trovava all’apice della sua potenza economica e politica, ed era ritenuto in generale un “amico del Cremlino”, ebbi occasione di leggere un memorandum interno della Bers, la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo presso la quale lavoravo.
Il memorandum conteneva un’analisi della situazione economico-finanziaria e delle policy aziendali delle cinque maggiori compagnie petrolifere private della Russia, indicando Yukos tra gli “outsider fiscali”, ovvero quei soggetti che per una tonnellata di petrolio estratto pagavano le imposte in misura ridotta di diverse volte rispetto ai “virtuosi fiscali”. Ma nella stessa condizione si trovavano altre due compagnie russe che furono costrette a pagare ingenti arretrati delle imposte, nonché sanzioni e penali, senza tuttavia che venissero perseguiti i loro vertici.
Con questo voglio dire che il problema non è la fondatezza dell’applicazione delle norme del diritto penale, bensì il carattere selettivo della loro applicazione. La legge dovrebbe essere uguale per tutti, in tutte le situazioni.
L’autore è stato vice presidente della Banca Centrale della Federazione Russa
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