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Il vento delle proteste di piazza del Maghreb arriva anche a Mosca, dove tuttavia il fenomeno resta minoritario per la scarsa capacità dell’opposizione di aggregare gli scontenti.
Il 31 gennaio scorso la polizia ha disperso i manifestanti che si erano riuniti in piazza del Trionfo effettuando decine di arresti. La folla inneggiava a “una Russia senza Putin” e numerosi erano anche i riferimenti alle proteste in Egitto e all’ormai deposto presidente egiziano Hosni Mubarak, più volte paragonato a Putin. L’Amministrazione comunale non aveva però dato l’autorizzazione e sono intervenuti circa 2mila agenti in assetto antisommossa per disperdere la folla.
Le proteste sono un appuntamento che si ripete il 31 di ogni mese a difesa dell’articolo 31 della Costituzione russa che garantisce la libertà di espressione.
Già il 2010 era stato per la Russia un anno segnato dalle proteste di piazza e dalla formazione di numerosi piccoli movimenti anti-Cremlino, concordi nel puntare il dito contro Putin e la sua condotta politica ritenuta antidemocratica. Numerosi leader della protesta erano stati arrestati e condannati a pene tra i cinque e i 15 giorni di carcere nel corso della manifestazione del 31 dicembre svoltasi a Mosca. Dopo il loro rilascio, l’opposizione aveva denunciato il tentativo da parte di Putin di accentrare il potere, in maniera speculare ad Alexander Lukashenko, recentemente rieletto in Bielorussia dopo una violenta repressione dei dissidenti. E lo scorso 11 dicembre un gruppo di 5mila giovani si era scontrato violentemente con le forze dell’ordine sotto le mura del Cremlino. In quell’occasione, Putin aveva accusato l’opposizione liberale di aver fomentato le proteste.
Secondo il sociologo Nikolai Petrov, l’uso della violenza contro i manifestanti però non nasconde una nuova strategia di repressione, ma rappresenta solo una reazione a breve termine del governo nei confronti dei recenti avvenimenti. «Le proteste sono diventate popolari in tutta la Russia e le autorità si sentono sopraffatte», ha dichiarato Petrov.
Nonostante le tensioni, gli oppositori si dichiarano pronti a proseguire nel loro cammino di rivendicazione della libertà e di difesa della Costituzione. Tuttavia l’opposizione sembra avere ancora una lunga strada davanti a sé per riuscire a creare una reale base di consenso tra la popolazione.
Secondo alcuni, infatti, Boris Nemtsov non riesce a esercitare il giusto carisma da leader e a ottenere la fiducia dei russi. Secondo il sociologo Petrov, la gente non vede in lui un uomo realmente interessato ai problemi del popolo. In più, il messaggio politico dell’opposizione viene considerato troppo astratto dalla popolazione, non ancora abituata a rivendicare i propri diritti. «Ma si tratta solo di una questione di tempo. Le questioni sociali più scottanti non potranno trovare una rapida soluzione e il malcontento popolare non potrà che aumentare», sostiene il sociologo.
Insomma la strategia dell’opposizione potrà rivelarsi vincente solo se riuscirà a unire le forze e farsi portavoce delle istanze e del malcontento dei tanti insoddisfatti.
Vladimir Rijkov, uno dei quattro fondatori del Partito popolare della libertà:
''Abbiamo un programma legislativo strutturato in dodici punti. In testa alle priorità ci sono: la lotta alla corruzione; l’impegno per migliorare le condizioni di lavoro e della società civile; il ritorno a elezioni libere e trasparenti come garanzia di libertà per tutti i cittadini”
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