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L’obiettivo della Federazione è conquistare la leadership mondiale nel settore delle terre rare, un gruppo di 17 elementi chimici strategici per le applicazioni hi tech tanto da essere soprannominate “l’oro del XXI secolo”. Si tratta di un traguardo non irraggiungibile dopo che la Cina ha stretto i cordoni dell’export su questo fronte (-11% è la stima per l’anno in corso, dopo un taglio del 35% realizzato nel secondo semestre 2010) per rispondere alla crescente domanda di consumi interni e ridurre l’impatto ambientale che le lavorazioni su queste materie prime genera. Ma per raccoglierne il testimone occorrono investimenti ingenti e una politica industriale mirata.
Le terre rare sono più difficili, pericolose e inquinanti da estrarre rispetto agli equivalenti metalli di transizione, e quindi più costosi. La loro maggiore criticità, che dal 2007 ha fatto esplodere i prezzi, è legata alle numerose applicazioni che hanno nelle nuove tecnologie, dai motori elettrici e ibridi, all’illuminazione a ridotto consumo energetico, dalle turbine eoliche alle fibre ottiche, fino ai laser e agli hard disk. Tutti settori che stanno attirando investimenti ingenti perchè candidati a trainare l’economia mondiale nei prossimi decenni.Gli esperti hanno calcolato che un mercato hi-tech da 2 mila miliardi di dollari dipende dalle terre rare, la cui offerta proviene per il 95% dalla Cina, Paese che ospita il 35% delle riserve globali.
La decisione cinese di comprimere l’export ha avuto forti ripercussioni in tutto il mondo industrializzato. «Il mercato ha prontamente reagito con un deciso aumento dei prezzi: il costo della maggior parte delle “terre rare” è infatti aumentato di un fattore pari a 1,5 P4, mentre altre hanno subito aumenti molto, molto più cospicui», secondo gli analisti della Metal Research.
L’India ha subito dichiarato la propria disponibilità a incrementare l’export dei propri minerali, ma il Subcontinente non ha molte delle materie prime richieste dall’industria. Uno scenario che apre nuove frontiere per la Russia, seconda per disponibilità di materie (30% del mercato mondiale), ma frenata dalle inefficienze che caratterizzano l’industria estrattiva.
Un problema ben presente, ad esempio, nell’impianto di Lovozersk nella regione di Murmansk (nel Nord del Paese), che sfrutta i giacimenti di loparite, con una grande varietà di terre rare quali il tantalio, il niobio, lo zirconio, il lantanio e il cerio. Lo stesso valeper lo stabilimento di Solikamsk Magnesium, che lavora i concentrati di queste stesse sostanze. Occorrono quindi investimenti urgenti e ingenti per valorizzare tanta ricchezza. Come quella presente nel giacimento di Lovozersk, ricco anche di eudialite, minerale eccezionalmente raro che al di fuori della penisola di Kola è reperibile in piccole quantità in due soli luoghi al mondo. Un’altra “perla” è rappresentata dal giacimento di Tomtor, in Yakuzia, dove la quantità di terre rare si aggira attorno al 12% di tutto il mondo.
La Russia potrebbe cogliere l’opportunità presentatagli dalla Cina ottimizzando le proprie risorse minerarie e le infrastrutture associate. Potrebbe, per esempio, fornire prodotti semi-lavorati ai Paesi industrializzati destinati a risentire della stretta cinese. Iniziative che rappresenterebbero un buon punto di partenza per stabilire nella Federazione una catena di produzione avanzata di terre rare e per stimolare la produzione di tecnologie d’avanguardia.
Queste strategie comportano però uno sforzo economico. Occorre ripensare l’agenda di politica industriale del Paese per mettere questo argomento ai primi posti della lista. Uno sforzo non facile in questo periodo non certo roseo per l’economia. Di certo, sottolineano gli analisti, la Russia oggi ha un’opportunità storica: gli investimenti del settore promettono di essere ripagati con gli interessi perché le terre rare sono una tematica destinata a non esaurirsi nel volgere di pochi anni.
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