La Sicilia di celluloide al Festival Venezia-Mosca

Pasquale Scimeca. Foto Anna Leonova

Pasquale Scimeca. Foto Anna Leonova

La seconda edizione della kermesse cinematografica è stata l’occasione per presentare ai cinefili russi film italiani indipendenti di qualità.

La Sicilia conquista il grande schermo russo. E non solo. Quest'anno, al secondo festival cinematografico “Venezia-Mosca”, l'attenzione del pubblico è stata catalizzata anche dalla versione cinematografica del romanzo di Paolo Giordano “La solitudine dei numeri primi”, per la regia di Saverio Costanzo, proiettato in Russia per la prima volta, oltre al cinema siciliano contemporaneo.

Così nella capitale russa sono sbarcati i registi Pasquale Scimeca, palermitano, e Roberta Torre, milanese, noti per i loro film dal tipico colorito meridionale. La Torre ha presentato a Mosca due lavori di più di dieci anni fa, risalenti cioè al suo cosiddetto periodo siciliano dal 1990 al 2002: “Tano da morire” e “Sud Side Stori”, oltre a pellicole più recenti come “I baci mai dati” (Catania, 2010).

Pasquale Scimeca ha invece raccontato agli spettatori russi l'incredibile storia della famiglia de “I Malavoglia”. In cartellone al festival anche altri titoli come “La pecora nera”, “Venti sigarette” e “La passione”. In tutti i casi si tratta di film fuori dagli schemi del cinema commerciale.

Di che cosa, e soprattutto, in che modo parla il cinema italiano contemporaneo? Russia Oggi ha cercato di scoprirlo direttamente dai registi arrivati dal Belpaese, che hanno tenuto lezioni di cinema a Mosca, durante il festival.

I Malavoglia, da Giovanni Verga a Pasquale Scimeca


“Il mio I Malavoglia – spiega il regista Pasquale Scimeca - non è una tragedia nel senso che comunemente si dà a questa parola. É piuttosto una metafora globale di una situazione che potrebbe capitare a qualsiasi ragazzo in qualunque punto del pianeta”. “In questo film – aggiunge - ho cercato di raccontare di che cosa vive la gioventù, cos'è che interessa ai giovani, indipendentemente dal posto in cui vivono”.

La pellicola, tratta dal romanzo di Giovanni Verga, scrittore molto stimato da Scimeca per sua stessa ammissione, richiama alla mente, che lo si voglia o no, “La terra trema” di Luchino Visconti, film sempre ispirato al capolavoro verghiano. Tant’è che, come ammette Scimeca, prima di iniziare le riprese è stato inevitabile che il regista si sentisse spaventato al pensiero di doversi confrontare con due grandi geni della letteratura e del cinema. Anche se l'unico riferimento a Verga si trova all'inizio del film, nel nome dipinto su una delle barche dei pescatori. “In un certo senso i miei film sono autobiografici”, conclude il regista.

Le favole siciliane di Roberta Torre


“Adesso, più il tempo passa più sono convinta che non siano gli attori dilettanti a dover imparare da quelli professionisti, ma i secondi a dover ascoltare i primi”, sottolinea Roberta Torre. Nel musical “Sud Side Stori” ha lavorato contemporaneamente con due gruppi di attori non professionisti, da un lato alcune donne siciliane semianalfabete (con loro la regista ha usato i metodi dello psicodramma), dall'altro delle immigrate africane.  

Le scene in cui dovevano esserci tutti e due i gruppi sono state girate separatamente, per il semplice motivo che la folla di ragazze africane, truccatissime, metteva completamente in subbuglio le strade di Palermo. “Sono venuti spessissimo dalla questura a controllare i permessi di soggiorno. Forse cercavano di capire chi delle ragazze del film era arrivata illegalmente, chi faceva davvero la prostituta e così via”, racconta.

“Eppure gli anni che ho passato in Sicilia sono stati i miei anni migliori e più creativi - sottolinea la Torre, che ora vive a Roma, - anche se dopo un po' si sono esauriti”. “Non credo – ammette –che oggi riuscirei a girare di nuovo Sud Side Stori: ogni cosa ha il suo tempo. Tutti i miei film sono avventure che non sono ripetibili”. Ma la Sicilia l'attira ancora molto: il suo ultimo lavoro, “I baci mai dati”, è stato girato a Catania. Per questo film, che non ha niente a che vedere coi precedenti, è stato scelto un tema decisamente insolito per il cinema contemporaneo, a cavallo tra la religione e la vita mondana (a proposito, la Torre è approdata alla regia dalla filosofia, con una propensione per la teologia).

E cercare ispirazione in un altro Paese? “Non sarebbe male, - confessa, sognante, - ma non voglio pormi l'obiettivo di andare in un posto in particolare nel mondo. Adesso ho iniziato a lavorare a un film dedicato a mio nonno, l'inventore della famosa moto Lambretta, che era in concorrenza con la Vespa. Per farlo sto cercando fondi fuori dall'Italia, proverò negli Stati Uniti”.

La parola al direttore del festival


“Promuovere il cinema indipendente al giorno d'oggi, anche in Italia, è una fatica enorme”, ripete con insistenza, nel suo intervento, il direttore del festival Marco Muller, sottolineando che, “per fortuna, con registi come Torre e Scimeca, si riesce ancora a fare qualcosa”. A conferma delle sue parole, il fatto che i due registi siano riusciti a venire in Russia e non abbiano avuto paura di mostrare le loro opere al pubblico moscovita.

Muller spiega che i film per il Festival “Venezia-Mosca” sono stati scelti anche in base alla disponibilità dei registi di recarsi personalmente nella capitale russa. “Sono molto contento – conclude, facendo un bilancio della kermesse - di aver visto in sala molti più giovani rispetto allo scorso anno. Ciò significa che gli spettatori per questi film esistono. Però sono anche rimasto molto colpito dal fatto che al festival fossero presenti così poche case di distribuzione cinematografica. Avrei voluto gridare loro: qui c'è il vostro pubblico, fate uscire questi film sui grandi schermi della Russia”. 

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