Foto Ria Novosti
A tre settimane di distanza dall’attentato suicida all’aeroporto Domodedovo di Mosca, il Cremlino è sempre più irrequieto nei confronti dell’inattività delle proprie agenzie d’intelligence. Quando il 10 febbraio il Presidente russo Dmitri Medvedev si è presentato a sorpresa in una delle stazioni ferroviarie più importanti, non ha visto alcun metal detector per controllare i passeggeri, né si è imbattuto in rappresentanti delle forze dell’ordine. Nemmeno un poliziotto.
Dopo diciassette giorni dall’attentato che è costato la vita a 36 persone e il ferimento di altre 200, Medvedev è stato costretto ad ammettere che le promesse di garantire maggior protezione al popolo russo sono state assai poco mantenute dalle forze dell’ordine e di sicurezza. Esasperato, il Presidente russo ha detto che cadranno delle teste e ha concesso tre giorni di tempo all’amministratore delegato delle ferrovie russe per “riportare l’ordine nelle stazioni di Mosca e darmi spiegazioni in merito”.
Questa non è la prima volta, nelle ultime due settimane, che Medvedev esprime la sua frustrazione. Il Presidente ha già licenziato alcuni funzionari di alto grado della divisione dei trasporti del Ministero degli Interni e dell’Fsb (l’ex Kgb) per negligenza e corruzione. Eppure, le autorità russe si erano adoperate all’indomani della tragedia di Domodedovo dando l’impressione di massima reazione e disponibilità.
Il 28 gennaio 2011, quattro giorni dopo l’attentato, la Duma aveva approvato un nuovo sistema di allerta antiterrorismo basato su una sequenza di colori. Il sistema servirà a mettere in guardia la popolazione nei confronti di un rischio di attentato terroristico: come ha confermato all’agenzia di stampa Ria Novosti un parlamentare russo, la sequenza dei colori prevede il blu per un rischio basso e via via fino al rosso per quello più serio. L’approvazione di questo sistema è arrivata con voto parlamentare esattamente due giorni dopo che gli Stati Uniti hanno reso nota la loro intenzione di abbandonare un loro sistema d’allerta assai simile per il pericolo di attentati terroristici.
Bennie Thompson, il rappresentante democratico al Congresso e autore dell’annuncio, ha detto che “il sistema basato su vari colori ha insegnato agli americani soltanto a essere intimoriti, non a essere preparati”. La Russia ha già impegnato ingenti somme di denaro per combattere il terrorismo e da tali sforzi hanno avuto origine alcune importanti operazioni militari. Secondo le statistiche pubblicate dalla Commissione antiterrorismo lo scorso ottobre, nel corso di circa 4500 retate contro gruppi estremisti, le forze speciali russe avrebbero ucciso 301 terroristi e arrestato 468 membri delle organizzazioni del terrore.
Gli osservatori sono molto scettici in relazione alle soluzioni adottate dalle autorità. “Resta ancora moltissimo da fare”, afferma Oleg Orlov, direttore dell’organizzazione non governativa russa Memorial Human Rights Centre. Secondo Orlov, per sradicare il terrorismo in Russia bisogna andare direttamente alla fonte, nella regione del Caucaso settentrionale, e ripete più volte: “E’ necessario risolvere le problematiche sociali, soddisfare le aspettative della società”.
Indubbiamente, aver attaccato le cellule terroristiche non è servito ad arginare definitivamente il problema e le autorità russe sono state lente a rendersi conto che i metodi “esclusivamente repressivi” non funzionavano. Durante un’intervista concessa a Radio Svoboda, Mikhail Margelov, che rappresenta il partito al governo Russia Unita al Consiglio di Sicurezza della Russia, ha ammesso che le autorità incontrano difficoltà nel capire la questione del terrorismo a tutto campo.
“Il problema è che non comprendiamo – ha spiegato Margelov - il fenomeno del radicalismo e del fondamentalismo religioso. Se non si riesce a combattere contro ciò che provoca il terrorismo è come curare il raffreddore e non debellare il virus che lo ha scatenato. Ma è proprio il virus a dover essere distrutto”. Vladimir Evseev, direttore della divisione ricerca dell’Accademia russa delle Scienze, ex capo ricercatore della Carnegie Foundation, ha riconosciuto l’esistenza di “numerose soluzioni tecniche che possono essere intraprese”. Descrivendo la situazione in Medio Oriente l’esperto ha osservato che “si dovrebbe sfruttare l’esperienza di Israele nella lotta al terrorismo, in quanto è un’esperienza di lunga data”.
Per finire, il 31 gennaio Olga Allenova, corrispondente di Kommersant, ha fatto notare sul settimanale Vlast che per varare un efficace programma antiterrorismo, le autorità devono prima di tutto “ammettere ufficialmente di aver fallito da un punto di vista politico nel Caucaso”, e ha poi aggiunto che “a far entrare il terrorismo nelle nostre vite è stata appunto questa politica”.
In realtà la tragedia di Domodedovo è stata soltanto l’ultima in ordine di tempo: è dal 1999 che la Russia è presa di mira da attentati letali, compresi due aerei fatti esplodere in volo, alcune deflagrazioni su treni e nella metropolitana di Mosca, oltre a numerosi episodi di prese di ostaggi finite in altrettanti bagni di sangue. Le autorità possono quanto meno ostentare di aver identificato il nemico.
Dopo i conflitti del 1993 e del 1999 tra le forze russe e i ribelli in Cecenia, la guerra cecena è dilagata al di là dei suoi confini originari in molte altre aree del Caucaso settentrionale. La polizia russa e i civili sono continuamente sotto pressione e sotto attacco nella regione. Doku Umarov, autonominatosi Emiro del Caucaso e leader dei separatisti ceceni islamici, si è attribuito la responsabilità della maggior parte degli attentati perpetrati contro i civili russi, compreso quello di Domodedovo. All’inizio di febbraio Umarov ha promesso “un anno di lacrime e sangue” e ha preavvertito di avere 60 attentatori suicidi già pronti a sacrificarsi per la causa.
Quanto dovrà ancora arrabbiarsi il Presidente per riuscire a neutralizzare gli attentatori suicidi nel Caucaso? Da quanto riportato dall’agenzia di stampa Ria Novosti dopo l’attentato, per Medvedev il terrorismo continua a essere la “principale minaccia alla sicurezza della Russia”. In realtà il Paese di fatto sembra essere dubbioso quando si tratta di valutare le proprie priorità in relazione alla sicurezza interna. Il terrorismo è stato messo al decimo posto nell’elenco delle minacce generali allegato alla documentazione ufficiale dell’esercito resa nota nel febbraio 2010, al primo posto compare la Nato. Da quando è stato presentato quel documento la Russia ha subito due gravi attentati: le esplosioni in due stazioni della metropolitana di Mosca, il 29 marzo 2010 con un bilancio di 40 morti, e l’attentato all’aeroporto di Domodedovo del 24 gennaio 2011.
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