Simone Cristicchi, un romano a Mosca

Foto di AFP/East News

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Al centro teatrale di Mosca “Na Strastnom” nell'ambito del festival “Solo”, il 31 ottobre 2010, il sipario si è alzato sulla prima internazionale dello spettacolo italiano “Li Romani in Russia”. L'opera, tratta dal poema di Elia Marcelli, è stata adattata per la scena da un giovane e audace artista, vincitore del festival di Sanremo 2007: Simone Cristicchi, che ne interpreta anche l'unico ruolo.

A tu per tu con Simone Cristicchi. Il cantautore è un romano da undici generazioni, una rarità ai giorni nostri. L'artista vive in una zona tranquilla dei Castelli romani, lontano dai rumori e dal viavai della capitale. In questo luogo Simone partorisce le sue idee più o meno folli. La natura l'ha generosamente dotato non solo di talento per la poesia, la scrittura, la recitazione e la musica, ma anche di un folto cespuglio di capelli.

Per la loro densità potrebbero facilmente competere con la pettinatura di Angela Davis. Mentre l'attivista americana per i diritti civili esprimeva la sua posizione sulle piazze e dalle tribune, Cristicchi lo fa dal palcoscenico. Molti dei suoi lavori creativi non possono essere che definiti provocatori o addirittura sovversivi.  


Lo spettacolo “Li Romani in Russia”, che ha portato a Mosca, racconta degli italiani caduti nel corso della Seconda Guerra Mondiale in Unione Sovietica. Allo stesso tempo è anche una storia abbastanza privata.


Sì, è proprio così. Mio nonno partecipò alla Seconda Guerra Mondiale. Fu mandato a combattere in molti Paesi, Unione Sovietica compresa. Questa fu la campagna più difficile. Nonno Rinaldo (purtroppo, non è più tra noi) non voleva ricordarsene. Glielo chiedevo spesso, ma non mi raccontava quasi nulla. D'altronde, in Italia preferiscono non parlare di questi fatti storici, addirittura molti non sanno che l'esercito italiano ha combattuto in Unione Sovietica. Quindi, ho deciso di informarmi da solo. Sono andato in biblioteca e ho cominciato a sfogliare dei libri. Per caso mi sono imbattuto nel poema “Li Romani in Russia” di Elia Marcelli, un poeta romano che scrive in dialetto romanesco. Solo grazie a questo libro sono venuto a sapere cos’è successo davvero ai soldati italiani in Russia. Mussolini, come Hitler, pensava che sarebbe stata una vittoria facile. L'Italia mandò sul fronte russo 220mila giovani soldati. Avevano tutti non più di 25 anni. Quasi 100mila di loro non fecero ritorno a casa. È stata davvero una tragedia per il nostro Paese. Inoltre, la maggior parte dei soldati morì a causa del freddo, soprattutto, durante la ritirata nel dicembre del 1943. Marciarono dal fiume Don alla regione Nikolaevskaja (nel sud dell'Ucraina, ndr). Gli italiani soprannominarono il gelo russo “il Generale Inverno”. Marcelli ha descritto tutto in modo molto veritiero. Proprio grazie al suo poema ho scoperto la storia di mio nonno, che nello spettacolo racconto come se fosse lui a farlo.

Qual è stato il primo pensiero quando le è stato proposto di partecipare al festival teatrale “Solo” a Mosca?


È stata una bella sorpresa per me. Sapevo qualcosa della Russia soltanto dai libri e dai racconti di mio nonno. Lui, come Elia Marcelli, provava ammirazione per questo Paese e per questa gente. Gli italiani che parteciparono alla Seconda Guerra Mondiale erano riconoscenti verso i russi. Benché combattessimo dalla parte di Hitler, i russi aiutarono i nostri soldati nella ritirata e salvarono molti di loro dal freddo. Nello spettacolo c'è un momento in cui racconto di una donna russa di nome Uljana. Grazie al suo aiuto molti soldati italiani non morirono di fame. In Italia abbiamo persino un monumento dedicato a lei. Quindi, si può immaginare come fossi entusiasta di aver ricevuto un invito per venire a Mosca. È un grande privilegio che la prima internazionale di “Li Romani in Russia” abbia avuto luogo proprio in questo Paese. Sono naturalmente molto contento che il nostro lavoro sia stato così tanto apprezzato a Mosca. Davvero, non mi aspettavo una tale reazione del pubblico. Lo spettacolo è andato tutto d'un fiato. Sono incredibilmente grato per questa meravigliosa accoglienza.

Cosa l’ha colpita di Mosca?


Il mio soggiorno è stato molto breve, solo due giorni. La maggior parte del tempo l'ho speso per la supervisione del palcoscenico e per le prove. Naturalmente però siamo riusciti a visitare la Piazza Rossa e il Cremlino. Abbiamo cenato in un ristorante ucraino, dove ho preso un piatto di pel’meni e ho bevuto vodka e mors, una bevanda al mirtillo rosso. La vodka l'avevo già assaggiata in Italia, ma in Russia è di gran lunga più buona. A proposito, sono anche orgoglioso del fatto che tre anni fa la mia canzone “Senza” abbia avuto in Russia un grande successo. Sono state vendute 3mila copie dell'album. Penso che sia una cosa rilevante per un artista straniero qui poco conosciuto.

Da bambino cosa sognava di fare da grande?


  Disegnavo fumetti. Era il mio passatempo preferito nell'infanzia, pensavo addirittura di dedicare a questa attività tutta la mia vita. La passione per la musica è iniziata in età adulta. A proposito, nel fare musica i fumetti mi sono stati di grande aiuto perché tramite questi piccoli disegni ho imparato a esprimere i miei pensieri. Anche in una canzone funziona così: devi esprimere un'idea importante soltanto in alcune righe.

Ha una posizione abbastanza critica nei confronti della società. Alcuni anni fa ha fatto volontariato in un ospedale psichiatrico, dopo di che è nata la canzone “Ti regalerò una rosa”. Da dove viene questo interesse nell’affrontare temi particolari se non marginali?

Avevo da sempre voglia di parlare con la gente degli argomenti di cui di solito non si usa discutere. Mi interessano le persone emarginate perché sono molto curioso. Quando ho la possibilità cerco di avvicinarmi a una persona che mi sembra superi i limiti della normalità e parlarle. In un certo senso anch'io mi sento emarginato. Perciò nelle mie canzoni tratto spesso argomenti di cui non si vuol sentir parlare. Penso che ogni artista debba avere una precisa missione. Bisogna osservare la realtà e attraverso l'arte esprimerne i sentimenti prodotti. Con la mia arte porto al pubblico un messaggio. La stessa cosa accade nello spettacolo “Li Romani in Russia”, dove racconto ciò che molti avrebbero preferito dimenticare o non sapere affatto. Non lo sto raccontando come ad una lezione universitaria, ma a teatro, per così dire, in maniera giocosa.  


Ha mai avuto problemi nel parlare apertamente delle cose di cui altri preferiscono non parlare?


In Italia i mass media sono controllati dai politici. Quando uno esprime la propria opinione andando controcorrente all'opinione tradizionale, è difficile sottrarsi ai problemi. Per esempio, dopo aver scritto la canzone “Genova brucia” dedicata agli episodi accaduti durante il summit del G8 a Genova, ho ricevuto minacce. Ma per fortuna, il mio pubblico mi sostiene ogni giorno. Mi dà la forza per continuare a compiere la mia missione.

La canzone “Prete” ha suscitato disapprovazione da parte della Chiesa?


Sì, anche questa canzone mi ha procurato parecchi problemi. Il testo è molto provocatorio: “Prete! Io non ho voglia di ascoltarti. Non ho bisogno più di credere a un prete!” Questa canzone è piena di emozioni. Qui ho espresso apertamente il mio atteggiamento verso la Chiesa cattolica. La Chiesa in Italia ha un grande potere...

Che cosa significa per lei essere un personaggio pubblico?


In Italia, purtroppo, molti hanno mancanza di tatto. Certe persone ti possono avvicinare solo per darti fastidio. Di solito da me non vogliono niente di speciale, giusto per fare due chiacchiere con un artista. A volte provo la sensazione che la gente mi guardi come fossi un animale esotico in uno zoo. Sono abbastanza timido, perciò ho difficoltà ad abituarmi a questa viva attenzione nei miei confronti.

Ha intenzione di tornare ancora una volta in Russia?


Lo voglio senz'altro. Purtroppo non dipende solo da me. Se mi inviteranno a esibirmi ancora una volta, accetterò volentieri. Intanto ho già pianificato di tornare a febbraio per intraprendere un viaggio storico sulle orme di mio nonno, dal Don alla regione Nikolaevskaja. So che la temperatura può scendere fino a 30 gradi sotto zero, ma sono pronto a resistere.

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