“Non scegliamo tra Est e Ovest e non
abbiamo intenzione di essere un’appendice di qualcuno. La
Bielorussia ha il suo dignitoso posto in Europa e nel Mondo”.
Parole di Alexander Grigoryevich Lukashenko, vecchio – e nuovo –
presidente a Minsk. Qualcuno, dopo la fine di Slobodan Milosevic,
l’ha definito “l’ultimo dittatore d’Europa”. Condoleeza
Rice per sicurezza aveva classificato la Bielorussia tra gli
“avamposti della tirannia” (non uno “stato canaglia”, ma
quasi) insieme con la Corea del Nord, lo Zimbabwe e altri staterelli
non propriamente democratici. Ora, passati cinque anni dalle parole
della consigliera di Bush Jr e due elezioni presidenziali a Minsk,
qualcosa è cambiato.
A dire il vero è sempre Lukashenko a
dettare le regole e a governare il Paese anche dopo la tornata
elettorale del 19 dicembre, ma la Bielorussia non appare certo un
membro dell’Asse del Male. Certo, il capo di stato è sempre lo
stesso da oramai 16 anni e le elezioni non sono proprio un modello di
standard democratici. Ma il Paese si sta lentamente aprendo. Per
forza di cose. L’autarchia di Lukashenko è principalmente di
facciata e il presidente tenta di tenere il piede in due scarpe: da
un lato senza irritare troppo la Russia e dall’altro sorridendo
timidamente all’Europa.
Ma Alexander Grigoryevich è più
amato dai suoi concittadini che da chi comanda a Mosca e a Bruxelles,
dove preferirebbero avere un partner più aperto al dialogo e al
compromesso. La resa dei conti però si avvicina e anche la solidità
politica può trarre in inganno. Anche se l’economia del Paese
cresce al ritmo del 6-7%, il debito estero aumenta vorticosamente ed
è più che raddoppiato negli ultimi anni. Di fronte alla crisi
globale le riforme strutturali mancano e si allarga anche il buco
nelle casse dello stato. Il deficit pubblico è cresciuto e i
provvedimenti “elettorali” di Lukashenko, come gli aumenti degli
stipendi del 30% per i lavoratori statali, rischiano di creare
ulteriori problemi. I benefici politici che il presidente spera di
ricavare nel breve periodo rischiano di tramutarsi insomma in un
incubo economico durante il prossimo mandato. Oltre a rimettere in
sesto l’economia, suo compito non facile sarà proprio quello di
trovare un equilibrio proprio tra Est e Ovest. Tenendo conto anche
che Minsk dista da Mosca nemmeno 700 chilometri e da Bruxelles oltre
1600.
Foto di RG
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