Foto di AFP/East News
Le relazioni italo-russe si stanno facendo sempre più strette grazie al programma di modernizzazione promosso dal capo di Stato Medvedev e agli interessi comuni dei due Paesi in settori strategici che spaziano dall’energia alla finanza, dall’industria pesante ai servizi. L’economia russa, pur essendo fondata sui suoi grandi giacimenti di gas e petrolio, ha bisogno urgente anche di servizi, infrastrutture, beni di consumo e semplificazioni burocratiche. La forza dell’Italia risiede proprio in questo: nei suoi primati nel settore bancario, nell’industria meccanica, oltre che in quelli più classici della moda, della ristorazione e della manifattura.
Negli ultimi anni Banca Intesa è
cresciuta molto in Russia con l’acquisizione della russa Kmb. Ancor
più rilevante la presenza di Unicredit, che nel 2000 ha acquisito
l’International Moscow Bank, affermandosi sul territorio con circa
150 sportelli, 45 dei quali solo a Mosca.
Inoltre Federico Ghizzoni, da poco
amministratore delegato del gruppo di piazza Cordusio, ha annunciato
l’apertura di 180 filiali tra Russia, Bulgaria e Serbia.
La
Fiat ha raggiunto un accordo con l’oligarca Deripaska
(specializzato nell’acciaio) per la realizzazione della prima
vettura di serie, la Fiat Albea, e altre joint venture sono in corso
per la creazione di motori, di telai Iveco e per assemblaggi di altri
modelli Fiat. Finmeccanica collabora da tempo con la Sukhoi per la
realizzazione di un aereo all’avanguardia.
Ma il settore
della meccanica è quello che vanta la più numerosa presenza di
imprenditori italiani. Pur in un contesto reso a volte complicato
dalle differenze culturali tra i due paesi, imprenditori medi e
piccoli esportano macchine per la pasta, per la lavorazione dei
metalli, della plastica e del legno, per l’imballaggio,
l’imbottigliamento, macchinari elettrici e tipografici.
Sul
fronte energetico, nel 2006 Eni e Gazprom hanno sottoscritto un
accordo strategico per progetti comuni nel midstream e downstream del
gas, nell’upstream e nella cooperazione tecnologica, che è stato
rafforzato da successive intese.
La chiave del successo nel
campo della moda è stata, invece, nella capacità del made in Italy
di interpretare i gusti e le esigenze di una popolazione segnata da
grandi differenze sociali, fornendo a seconda dei consumatori
prodotti super lusso o estremamente economici.
Il risultato è
che nell’immaginario russo la moda italiana è sinonimo di
abbigliamento di buona qualità, gusto e stile.
Passando
all’alimentare, Parmalat e Ferrero hanno costruito in Russia
stabilimenti di produzione, aprendo la strada ad altri operatori
minori, mentre negli elettrodomestici Indesit e Ariston sono presenze
consolidate.
Le relazioni commerciali si svolgono anche nel
versante opposto, con molti investitori russi che negli ultimi anni
si sono affacciati sul mercato italiano.
La storica
acciaieria bresciana Lucchini è stata salvata nel 2004 grazie alla
ciambella di salvataggio lanciata dal colosso Severstal (uno dei
gruppi siderurgici più grandi al mondo) e successivamente la quota
di controllo è passata nelle mani del magnate Alexey Mordashov,
attualmente impegnato in un piano di ristrutturazione debitoria che è
al vaglio di un pool di banche e che prevede nuovi capitali per 150
milioni di euro. Nei mesi scorsi Wind Italia è stata ceduta
dall’egiziano Naguib Sawiris alla russa VimpelCom.
E anche
per la Roma calcio si vocifera dell’interesse espresso da Leonid
Fedun, vice presidente di Lukoil.
Un’operazione che
comporterebbe un esborso di oltre 200 milioni di euro, ma che
offrirebbe al magnate russo una straordinaria vetrina per farsi
conoscere a livello internazionale.
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