Dai
musei russi mancano all’appello almeno 250mila pezzi. Se il numero
delle opere di cui si è persa traccia rappresenta solo lo 0,33 per cento
degli oltre 83 milioni di pezzi che conta il Paese, il patrimonio
artistico continua però a soffrire di una lenta e costante emorragia.
I primi decreti di nazionalizzazione risalenti al 1918, non riguardavano
solo i beni produttivi, ma anche le collezioni artistiche. Tutto ciò
che sopravvisse alla furia delle masse dei rivoluzionari che
saccheggiarono le tenute dei proprietari terrieri fu destinato al “fondo
museale statale”, appositamente creato. Una forma nuova di proprietà e
gestione delle opere d’arte disastrosa: la cultura divenne competenza
dei burocrati e non più degli artisti. Vladimir Lenin aveva dichiarato
che la Russia sovietica era un “nuovo tipo” di Stato alla ricerca della
propria identità “proletaria”. E così i capolavori dell’arte “borghese”
delle collezioni statali furono messe all’asta a Berlino, Parigi e
Londra. Stando ai documenti dell’epoca, nel 1928 la Russia sovietica
spedì all’estero una tonnellata tra tele, incisioni e “altre opere”. Nel
1930 la quantità di opere d’arte mandate oltre confine ammontava a nove
tonnellate, a cui vanno aggiunte 569 tonnellate di beni di “altro
genere”: mobili, argenteria, icone russe. Fu così che durante gli anni
Venti opere di provenienti dalla collezione dell’Ermitage come il “San
Giorgio” e la “Madonna d’Alba” di Raffaello o la “Venere allo Specchio”
di Tiziano furono venduti in America ed Europa.
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Le sale del Museo dell'Ermitage a San Pietroburgo. Foto di RIA Novosti |
Oggi
una nuova minaccia arriva dal governo russo sotto forma di proposta di
legge. La Duma ha cercato di definire le modalità in base alle quali i
“beni culturali” dovranno essere “restituiti” alla chiesa ortodossa e
alle altre organizzazioni religiose legalmente riconosciute. Se
approvata, la legge sancirà il passaggio di mano di milioni di “oggetti e
opere d’arte religiosi”. In realtà, la “restituzione dei beni un tempo
appartenuti alla chiesa” non ha nulla a che fare con la giustizia, né
con la continuità. Pensata per legare la Chiesa allo Stato, la legge
rappresenta un tentativo di manipolare i leader religiosi.
Recentemente il patriarca Kirill
ha salutato l’alba di una nuova era, in cui la Chiesa giocherà un ruolo
centrale nella creazione di una Russia “moderna”. Ampie risorse
naturali e il persistente coraggio della sua gente sono la garanzia del
grande futuro di questo Paese. Tuttavia, la crescente sete di denaro e
di potere da parte di coloro che ne sono alla guida politica e
spirituale rende tale futuro piuttosto distante, se non decisamente
tetro.
Alexander Von Hahn è un esperto d’arte e il direttore di Russian Art Partnership Ltd
Tutti i diritti riservati da Rossiyskaya Gazeta
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