Sopra, i 150mila ufficiali in partenza da Sebastopoli novant’anni
fa (Ullstein Blid/Vostock-Photo). Sotto, immagini del ritorno in Crimea
dei loro discendenti
Quest’estate una nave da crociera di sette piani è scivolata nel porto
di Sebastopoli dopo una lunga traversata da Venezia alla Crimea. Portava
a bordo i discendenti dei russi nobili e aristocratici costretti
all’esilio all’indomani della Rivoluzione. Dopo aver ripercorso al
contrario la stessa rotta dell’esodo dei loro avi, il loro viaggio si è
concluso al molo Grafski, lo stesso da cui erano salpati i loro genitori
e nonni novant’anni prima. Qui hanno pregato insieme ad oltre 200 tra
politici, imprenditori e storici in memoria dell’Armata bianca
massacrata durante la guerra civile. «Avevo solo un anno quando i miei
genitori fuggirono da Sebastopoli. Ho aspettato tutta la vita il momento
in cui avrei potuto rivedere il molo Grafski. Purtroppo non potrò
vedere altro», ha detto Rostislav Don, novant’anni, il più anziano dei
67 passeggeri, attraverso le sbarre di una postazione doganale.
Cittadino francese, aveva tralasciato di procurarsi un visto per
l’Ucraina ed è dovuto ripartire il giorno stesso.
Era la mattina del 14 novembre 1920, quando il generale Petr Vrangel,
comandante dell’Armata bianca (l’esercito controrivoluzionario che
combatté contro l’Armata rossa bolscevica durante la guerra civile russa
dal ’18 al ’21), giunse a questo molo per ispezionare le 126 navi
russe, francesi, inglesi e italiane. A bordo, stipati anche su ponti e
stive, 150mila suoi ufficiali e loro familiari che aspettavano di
lasciare il Paese per di sopravvivere. In qualità di Commissario del
Popolo, Leon Trotsky si era rifiutato di mettere piede in Crimea sino a
quando “tutti i Bianchi non se ne fossero andati”. Così i bolscevichi
iniziarono le esecuzioni di massa: stando alle testimonianze, tra il
novembre del 1920 e il marzo del 1921 furono uccise decine di migliaia
di persone.
Ma la storia, che non è mai prevedibile, ha nuovamente cambiato il
proprio corso: mentre nel novembre del 1920 fu la leadership della Mosca
Rossa a ordinare la cacciata dei Bianchi dalla Crimea, quest’anno sono
stati i moderni leader russi a invitare a proprie spese i discendenti
dei Bianchi a tornare. Perché adesso? «Per ricostruire la verità storica
e sanare le ferite causate dallo scisma che agli inizi del XX secolo
spaccò la nostra società», ha dichiarato Vladimir Yakunin, pubblico
ufficiale attivo nel movimento Mondo Russo (che mira anche a far tornare
in patria degli emigrati russi) nonché amico del premier Vladimir
Putin.
L’impresa di riallacciare i rapporti tra i figli della vecchia e della
nuova Russia si è rivelata più difficile del previsto, ma gli attivisti
moscoviti di Mondo Russo hanno fatto del loro meglio per spiegare ai
loro ospiti che anche molti dei “padroni di casa” russi avevano perso i
loro cari durante le repressioni staliniane degli anni Trenta.
Sono dovuti trascorrere 90 lunghissimi anni perché i suoi passeggeri, eredi di famiglie aristocratiche emigrate dalla Russia quali i Trubetskoi, i Suvorov, i Kutuzov, i Shakhoskoi, i Golovin e altri discendenti dei “reazionari bianchi”, ripercorressero lo stesso itinerario tracciato dai loro avi ai tempi del grande esilio seguito alla rivoluzione. Questa volta, però, in direzione opposta: da Venezia a Tunisi, poi Grecia e Turchia, indietro fino al punto di partenza, il porto Grafski, a Sebastopoli. Foto di Anna Nemtsova
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