I disabili in Russia devono affrontare decine di barriere architettonichesolo per arrivare sino al portone di casa. Foto di Rustem Adagamov/drugoi
Liliana Fyodorova deve scendere sei scalini di calcestruzzo, ripidi e angusti, per uscire di casa. È disabile ed è già caduta tre volte. Una di queste ha sbattuto la testa talmente forte da dover essere ricoverata.
Essere disabile in Russia comporta un’eroica battaglia quotidiana. Per il lavoro, per un appartamento, per l’assistenza sanitaria. Spesso ci si scontra con l’indifferenza pubblica o con una velata discriminazione. Tuttavia l’impossibilità di accedere alle infrastrutture urbane è la barriera più difficile da oltrepassare.
Negli ultimi anni la situazione è migliorata, ma solo lievemente. Con la caduta del sistema sovietico, i gruppi di pubblica difesa si sono potuti organizzare liberamente. Sono state prese misure che, almeno sulla carta, alleggeriscono i problemi dei disabili e l’arrivo di Internet, infine, ne ha alleviato l’isolamento. Ad ogni modo i passi avanti sono lenti e dolorosi come il tragitto che fa Fyodorova per scendere in strada e spesso ricevono un sostegno solo grazie alla volontà e all’intelligenza di persone che costituiscono un’eccezione.
«In Russia una persona disabile viene esclusa dalla vita normale tranne rare eccezioni», spiega Fyodorova. Aveva 27 anni ed era moglie e madre di una bambina di cinque anni quando rimase paralizzata dalla vita in giù a seguito di un intervento di riparazione dell’ernia del disco. «Arrivai in ospedale con i tacchi alti; me ne andai su una sedia a rotelle», ricorda. Era così disperata che arrivò a supplicare i medici affinché le iniettassero una dose mortale di sedativi. Un anno dopo, quand o era ancora a letto sconsolata, suo marito l’ha lasciata e ha chiesto la custodia della figlia. « Diceva che una persona disabile non dovrebbe crescere un bambino ». Una violenta indignazione dissolse la disperazione. « Mi dissi: “Vivrò!” ».
I disabili in Russia sono invisibili. Alexey Nalogin non aveva mai visto una persona sulla sedia a rotelle, dice, prima di ritrovarcisi egli stesso. C ome Fyodorova si è risvegliato paraplegico dopo u na serie di fallimentari trapianti di ossa che gli avevano procurato una scoliosi talmente pronunciata da impedirgli di stare seduto diritto. Aveva solo 14 anni. Il sistema lo ignorò e gli negò ogni assistenza sperando che morisse giovane. Passò i successivi otto anni e mezzo a letto. A 19 anni trovò dei medici disposti a operarlo ma gli diedero solo il 5 per cento di probabilità di sopravvivenza. Il rischio era troppo grande. A quel punto Nalogin accettò la realtà e cioè che non sarebbe più riuscito a camminare.
Ma per una porta chiusa, se ne aprì un’altra: Internet. A letto Nalogin ha imparato da sé a usare il computer e ha fondato un’azienda di web design. Ispirandosi alle fotografie di gambe ortopediche trovate in rete, ha creato il busto che gli permette di utilizzare una sedia a rotelle. Ma, come Fyodorova e gli altri 13 milioni di disabili russi, si trova a dover affrontare una intimidatoria corsa a ostacoli solo per uscire di casa.
Quando Nalógin ricevette la sua prima sedia a rotelle nel 2000, chiese all’amministrazione comunale l a lista dei luoghi con accesso per i disabili. « Mi risposero che i disabili non vanno al ristorante né a teatro », ricorda.
« La gente crede che queste persone siano un peso » , spiega Denise Roza, a capo di “Prospettiva ” che aiuta i disabili a trovare lavoro: su 5 milioni di disabili in grado di lavorare secondo il governo, meno di un milione ha un impiego.
Simili barriere, architettoniche e culturali, fanno sì che l’integrazione scolastica sia ancora un obiettivo lontano. Quando si è iscritta a Giurisprudenza, Fyodorova è stata la prima studentessa su sedia a rotelle della sua Università che per lei ha montato una serie di rampe. Ora vuole dedicare la sua vita a ottenere una legge sulla disabilità. « Ci sono tante persone come me in Russia! ».
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