Le “spie russe” Anna Chapman, Vicky Pelaez, Richard Murphy,Cynthia Murphy, Jose Lazaro. Foto di AP Photo/Elizabeth Williams
Durante l’era sovietica, alle spie dislocate negli Usa, che non godevano
di alcuna immunità diplomatica, era vietato avere contatti con
dipendenti dell’ambasciata sovietica o di qualsiasi altro istituto
governativo per l’ovvio motivo che così facendo avrebbero potuto
insospettire le agenzie di contro-spionaggio statunitensi. I dieci
individui arrestati, invece, intrattenevano regolari contatti con i
diplomatici delle missioni russe di New York e Washington, come
dimostrato da alcune riprese dell’Fbi. Si rivolgevano ai diplomatici
russi ogni qual volta i loro gadget smettevano di funzionare.
Gli Usa non hanno potuto accusarli di aver carpito informazioni segrete,
poiché infatti le spie in questione sono state ben lungi dal
procurarsene. Le accuse nei loro confronti vertono invece sul
riciclaggio di denaro e sulla loro mancata dichiarazione di operare come
agenti di uno Stato estero. Per evitarle sarebbe bastato “denunciare”
gli agenti come lobbisti che, come i migliaia che affollano Washington e
altre città sono liberi di raccogliere qualsiasi tipo di informazione
accessibile al pubblico.
Perché, dunque, l’intelligence russa spende più di 10 milioni di dollari
per missioni che non servono alcun utile scopo? Non è un caso che
l’attuale rete di spionaggio sia stata creata agli inizi del 2000,
quando Vladimir Putin divenne presidente. Lui e i suoi colleghi
considerano i giornali stranieri e il materiale pubblicato dai
think-tank disinformazione diramata dalla Casa Bianca allo scopo di
ingannare la Russia. È per questo che negli Usa i servizi russi si
servono di agenti che non godono di immunità diplomatica e operano per
confermare ciò che potrebbe scoprire chiunque sia in grado di compiere
una ricerca su Google. Le spie sono come soldati che vanno in giro
indossando occhiali da visione notturna: facili bersagli per il
controspionaggio Usa.
Alexander Golts è il vicedirettore del giornale online Yezhednevny Zhurnal
Il commento rappresenta un punto di vista della stampa indipendente
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