Mentre il Cremlino era impegnato a chiedere all’Ucraina di saldare il
suo debito per le forniture di gas, la Cina e il Turkmenistan
inauguravano un gasdotto che di fatto rompe il dominio imperiale sugli
idrocarburi in Asia centrale che la Russia aveva ereditato dall’Unione
sovietica.
Il nuovo gasdotto Sampede-Lunan che collega i ricchi giacimenti di gas
naturale del Turkmenistan alla Cina passando attraverso le reti già
esistenti in Uzbekhstan e Kazakstan, lascia immaginare un mutamento di
scenario. Il Cremlino, per tutta risposta, sta costruendo altri
gasdotti. Una mossa che potrebbe migliorare le relazioni tra Europa e
Asia costringendo il compratore e il venditore ad anteporre gli
interessi economici di mercato alle controversie politiche.
Il Tagp
Il 14 dicembre il presidente cinese Hu Jintao ha raggiunto il collega
turkmeno Gurlanguly Berdimuhamedov a Samandepe, nel sudest del
Turkmenistan, per inaugurare il gasdotto Tagp (Trans Asian Gas Pipeline)
che permetterà alla Cina, avida d’energia, di sfruttare le abbondanti
riserve di gas dell’Asia centrale. Secondo Philip H. de Leon, editore di
OilPrice.com, «il nuovo gasdotto segna un cambiamento di potere
economico nella mappa energetica a beneficio di tre Paesi dell’Asia
centrale e a danno della Russia».
Il Tagp, costato 6,7 miliardi di dollari, è il primo gasdotto a portare
il gas dal Caspio ad Est collegando le immense riserve di gas turkmene
al gasdotto “Ovest-Est” cinese. Il gas del Turkmenistan può così
arrivare fino a Shanghai e Hong Kong. A regime, presumibilmente entro il
2013, il gasdotto cederà alla Cina 40 miliardi di metri cubi l’anno,
ossia la metà del suo fabbisogno.
Il ruolo crescente che ricopre la Cina nella regione ha obbligato il
Cremlino a imitarla: lo scorso novembre, il primo ministro Vladimir
Putin ha firmato un accordo che prevede la consegna di 68 miliardi metri
cubi l’anno a Pechino attraverso due nuovi gasdotti che partono dalla
Siberia fornendo alla Cina l’altra metà di gas di cui ha bisogno.
Questo nuovo accordo rappresenta un brusco cambiamento di direzione per
il Cremlino, tradizionalmente molto prudente nei confronti del suo
vicino orientale. I gasdotti e gli oleodotti sono veri e propri
strumenti politici quando sono in fase di pianificazione ma, una volta
costruiti, sono l’equivalente geopolitico di un matrimonio.
Il gasdotto turkmeno segue le tracce di un oleodotto kazako che
arricchisce le nuove infrastrutture di trasporto dirette a Est. La prima
fase dell’oleodotto kazako è diventata operativa lo scorso luglio , la
seconda avrà l’obiettivo di collegare le risorse petrolifere kazake del
mar Caspio alla Cina.
La risposta
I due gasdotti cinesi hanno alzato la posta in gioco nello scenario
energetico rompendo il monopolio russo del trasporto d’ idrocarburi
verso i Paesi consumatori dell’Europa occidentale. La concorrenza
crescente ha comunque obbligato il Cremlino ad alzare a sua volta la
posta rafforzando le sue infrastrutture di trasposto già esistenti.
Mentre i Paesi europei mirano a costruire un gasdotto dal Turkmenistan
al Mediterraneo, il Nabucco, che trasporti gas dalla regione del Caspio
aggirando la Russia, la Russia progetta due gasdotti il Nord Stream e il
Sud Stream per aggirare l’ostacolo frapposto dall’Ucraina all’afflusso
del suo gas agli utilizzatori occidentali. Il problema è che il Nabucco e
il Sud Stream percorrono quasi la stessa rotta, mentre la domanda
attuale giustifica un solo gasdotto.
Mosca sembra partire in vantaggio perché il Tagp assorbirà gran parte
delle riserve turkmene che dovrebbero rifornire anche il Nabucco. Non
sono tuttavia esclusi colpi di scena: la mappa dell’energia cambierà
solo quando uno degli attori coinvolti inizierà davvero a costruire i
suoi nuovi gasdotti.