Volo MH17, l’Onu e il veto della Russia

L’ambasciatore russo presso l’Onu, Vitaly Churkin (Foto: Reuters)

L’ambasciatore russo presso l’Onu, Vitaly Churkin (Foto: Reuters)

Mosca ha posto il veto ad una risoluzione del Consiglio di sicurezza per la creazione di un tribunale internazionale sull'abbattimento del Boeing malese. Una decisione prevedibile, dicono gli esperti, i cui esiti si ripercuoteranno non solo sulla Federazione ma soprattutto sull’istituzione Onu

Al Consiglio di sicurezza ONU la Russia ha imposto il veto sul progetto di risoluzione che presupponeva la costituzione di un tribunale internazionale in relazione al caso dell'abbattimento del Boeing 777 malese sul territorio di Donetsk, nel luglio del 2014. Undici paesi si sono espressi a favore, tre si sono astenuti, fra questi ultimi: la Cina, il Venezuela e l'Angola. L'arresto del progetto del tribunale è stato definito dalla Francia “una seria sconfitta” per il Consiglio di sicurezza ONU, mentre alcuni paesi a sostegno dell'iniziativa hanno interpretato il veto russo come un insulto diretto alle famiglie delle vittime dell'accaduto. L'Ucraina e la Malesia hanno dichiarato di voler trovare nuove soluzioni, facendo riferimento in particolare alla formazione di un tribunale indipendente dall'ONU.

Il progetto di risoluzione è stato inserito nel Consiglio di sicurezza ONU per volere della Malesia e sottoscritto da Australia, Belgio, Paesi Bassi e Ucraina. L'obiettivo del tribunale è quello di “far assumere le proprie responsabilità alle persone colpevoli o anche semplicemente coinvolte nella distruzione del velivolo”, così si legge nel progetto.

Un tribunale “prematuro”

La decisione di bloccare la risoluzione (il vice presidente della Federazione Russa presso l'ONU, Vitalij Churkin ha più volte in precedenza avvertito che la Russia avrebbe votato contro), è stata giustificata col fatto che il Consiglio di sicurezza ONU va in questo modo oltre i suoi poteri, mentre l'idea del tribunale è di per se stessa prematura, mal progettata e infine inconsistente.

“In linea di principio, la questione della costituzione di un tribunale penale non è competenza del Consiglio di sicurezza”, ha detto Churkin nel corso del suo intervento, facendo ricordare che il Consiglio di sicurezza aveva già fatto alcune eccezioni, dando inizio alla formazione di tribunali per l’ex Jugoslavia e per il Rwanda. Questa esperienza però “difficilmente potrà essere ritenuta di successo, se si tiene conto della lunghezza dei processi e della loro relativa dipendenza dalla pressione politica”. Con ciò, lo schianto del boeing malese in principio non può essere qualificato come minaccia alla pace e alla sicurezza mondiali, sostiene Churkin, e in secondo luogo non vi è alcuna certezza che la delibera del tribunale sia neutrale. Al termine del suo intervento, Churkin ha sottolineato che la Russia, come prima, sta dalla parte di un' indagine completa, indipendente e obiettiva”, ha detto alla fine del suo intervento. Ricordiamo che il 20 luglio, la Russia ha introdotto nel Consiglio di sicurezza il cosiddetto progetto “di compromesso” di risoluzione del caso del boeing, senza però ricevere alcuna conferma.

Il portavoce della Repubblica Popolare Cinese presso l'ONU, Liu Jiey, ha spiegato la decisione di astenersi dal voto con la “prematurità del progetto del tribunale” e con il fatto che esso non possa che portare ad una divisione fra i membri dell'ONU. “La risoluzione non è in alcun modo a sostegno delle famiglie delle vittime e neppure è di aiuto alla ricostruzione dei fatti o a garanzia del fatto che i colpevoli vengano affidati alla giustizia”, ha detto lui. “Non vi è alcun motivo di opporsi al tribunale, a meno che non sia tu stesso l'autore del delitto”, ha ribattuto il ministro degli Affari Esteri dell'Ucraina, Pavel Klimkin.

Un colpo all'ONU

Gli interlocutori di RBTH hanno definito gli esiti del voto prevedibili. Non c'era motivo di pensare che la Russia si sarebbe trattenuta dall'imporre il veto, anche se è proprio questo che la parte occidentale della comunità si attendeva, ritengono gli esperti. Assolutamente pronosticabili erano anche le mosse della Cina: “La Cina non ha mai votato contro le disposizioni dell'Occidente, d'altro canto però, ha sempre fatto conto sull'appoggio della Russia, per qualunque caso - sostiene il politologo indipendente, esperto di politica estera, Mikhail Korostikov - tutto questo, naturalmente, richiede una certa corrispondenza”. Per quanto riguarda Venezuela e Angola, si tratta di paesi legati alla Russia da progetti petroliferi, spiega Korostikov: “Di fatto, qui c'è la diplomazia di Igor Sechin (presidente di Rosneft). I tribunali per il Rwanda e l'ex-Jugoslavia non hanno aggiunto né velocità, né qualità alle ricerche”, concorda lui, “in compenso hanno contribuito a dare grande visibilità proprio a quegli aspetti del processo che tornavano comodi agli stati fondatori di simili tribunali, come ritiene l'esperto. La Russia teme che “per via del processo, oltre ai miliziani, possano ritrovarsi coinvolti anche i gradi alti dell'esercito russo”, spiega lui.

 
 Lo schianto del boeing,
un anno dopo

Nondimeno, il veto imposto dalla Russia porterà le sue conseguenze, quantomeno dal punto di vista mediatico, come ritiene il direttore generale del Consiglio russo per gli affari esteri Andrej Kortunov. In particolare, questo fatto potrebbe essere connesso con la necessità di rafforzare il regime delle sanzioni, oppure, “semplicemente, su questo sfondo sarà assai difficile accordarsi su un loro possibile annullamento”. Non è da escludere che sia proprio il veto russo a rafforzare le posizioni di coloro che dall'Europa e dall'America spingono per la consegna dell'arma nucleare in Ucraina, aggiunge l'esperto. A questo proposito, il 30 luglio a favore del prolungamento del regime delle sanzioni contro la Crimea e Sebastopoli hanno votato il Montenegro, l'Islanda, l'Albania, la Norvegia, l'Ucraina, il Lichtenstein e la Georgia. Sei fra questi (ad eccezione della Georgia) si sono uniti anche alla risoluzione di prolungamento delle sanzioni europee nei confronti della Russia.

La principale conseguenza della scorsa votazione presso l'ONU rappresenta un futuro calo dell'autorità dell'ONU e un indebolimento del suo ruolo come principale istituto di sicurezza, ne è convinto il direttore del Centro per le relazioni complesse europee e internazionali VshE, Timofej Bordachev.

“Spingendo la questione fino al veto, i nostri partner occidentali non hanno fatto che infliggere un ulteriore colpo all'ONU. Tradizionalmente, si cercava di evitare simili situazioni”, ritiene l'esperto. E di fatto, per un'intera serie di questioni urgenti, negli ultimi tempi il Consiglio di sicurezza si è ritrovato praticamente paralizzato, concorda con l'esperto Kortunov. Ad esempio, non si è riusciti a raggiungere un accordo a proposito della Siria, e il ruolo del Consiglio di Sicurezza per quanto riguarda la questione ucraina è praticamente invisibile. Vero è che non esiste nessun'altra piattaforma legittima all'infuori dell'ONU, constata Bordachev: la Russia semplicemente non riconosce la legislazione e “pertanto, che creino pure i loro dieci tribunali”.  

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