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Il Polo di Konyukhov

Il celebre esploratore russo che ha conquistato l'Artico in solitaria racconta le difficoltà e le avventure della sua spedizione
Il diario della spedizione del 1990

Primo russo della Storia ad aver portato a termine una spedizione al Polo Nord sugli sci in solitaria

Partenza: 3 marzo 1990 da Capo Lokot, Isola di Sredny

Arrivo: 9 maggio 1990

Durata del viaggio: 72 giorni


MARZO
5 marzo 1990

È il terzo giorno del mio viaggio al Polo Nord. Mi sono svegliato alle 6, ho preparato porridge con grano saraceno, nocciole, uvette e due pezzetti di lingua di cervo. Ho mangiato senza appetito. Sono di cattivo umore: sono andato troppo fuori strada, naturalmente. Ho l'impressione che davanti a me ci sia tanta acqua.

10 marzo 1990

Questa mattina nevicava e c'era vento. Ho dormito male e tossito tanto. Sono partito alle 9.30. Mi fa male la schiena. Per rendere più leggero lo zaino, ho tolto la radio e l'ho sistemata sulla slitta. Mentre camminavo, pensavo che sono troppo vecchio per portare un carico così pesante. E tornare per il terzo anno consecutivo al Polo Nord forse è eccessivo. Questa probabilmente è la mia ultima spedizione sulla cima del mondo. Se tutto va bene, inizierò a navigare.
«Ogni chilometro è una battaglia contro il freddo, le crepe, e cumuli e cumuli di ghiaccio rotto»

15 marzo 1990

Fa freddo, ho le gambe congelate. La strada è piena di stratificazioni e dune a perdita d'occhio, fino all'orizzonte. Camminando da soli su questa sottile lastra instabile di ghiaccio, involontariamente uno inizia a pensare: "Che cosa farei se gli sci rompessero la crosta grigia salata e con tanto di zaino e slitta iniziassi a scivolare nella gelida acqua dell'oceano?"

19 marzo 1990

Che fortunato che sono! Lungo la strada mi sono imbattuto in una crepa. Era piccola, ma rendeva impossibile attraversare. Ed è anche difficile aggirarla a causa delle stratificazioni circostanti

Ho camminato per quattro minuti spingendomi più in là, ma in realtà il vento mi ha spinto a est di un grado intero


Vorrei piangere, ogni tanto. Ma a che servono le lacrime? Mi sono scelto io questa vita. E l'ho voluta così

Mi sto accampando in una specie di trappola mortale, vicino a una crepa, circondato da stratificazioni. Se durante la notte il ghiaccio dovesse iniziare ad accavallarsi sarà finita. In effetti non riesco a ricordare nessuna notte trascorsa serenamente. Ieri una tempesta ha ricoperto la mia tenda. Ho dovuto uscire carponi a notte fonda a spalare neve, perché c'era il rischio che col peso la neve potesse spezzare la paleria. Oggi non nevica, ma sento scricchiolare il ghiaccio. Sta per spostarsi

29 marzo 1990

Per due giorni interi non mi sono mosso. Sono rimasto sempre in tenda. Nel frattempo però sono stato spinto verso nord. Sto chiamando la base sull'isola di Sredny. C'è un'interferenza, il sonoro è pessimo e in cuffia c'è un crepitio continuo. Mi sta spaccando i timpani

È molto dura essere da soli nell'Artico: questa immensità esercita forti pressioni, si hanno i nervi tesi di continuo e il lavoro è spossante. Mentre cammino mi chiedo cosa incontrerò dopo queste stratificazioni. Poi scopro che ce ne sono molte altre e che c'è tanto duro lavoro da fare. Trasporto le mie cose un pezzo alla volta, prima la slitta, poi lo zaino

APRILE

5 aprile 1990

Lungo il percorso ho incontrato molte fenditure. È difficile aggirare il ghiaccio in movimento: ho utilizzato una canoa per trasportare lo zaino e poi la slitta. Verso sera però sono arrivato a una piccola distesa e ho potuto camminare dritto per circa mezz'ora. Poi ho incontrato di nuovo il ghiaccio. E per uscirne ho impiegato quaranta minuti a districarmi

6 aprile 1990

Oggi è l'81esimo anniversario della prima volta che l'uomo ha raggiunto il Polo Nord. Mi riferisco all'americano Robert Peary. In suo onore ho bevuto un bicchiere del mio infuso di cognac, alcool, citronella e miele. Ho mangiato del pesce bianco. Ho pensato che forse, un giorno, qualcun altro berrà un bicchiere in mio onore. Perché questo è il mio terzo viaggio al Polo

Robert Peary (maggio 1856 - febbraio 1920) è un esploratore americano dell'Artico. Nel 1909 annunciò di aver conquistato il Polo Nord e ciò innescò un acceso dibattito. Ufficialmente è considerato il primo uomo ad aver raggiunto il Polo Nord dopo aver attraversato la banchisa (ghiaccio marino spesso almeno tre metri e che resiste da almeno due cicli di formazione e scioglimento)


Ho sognato di andare al Polo Nord fin da piccolo. Ricordo che quando nevicava, e nevicava di rado dove abitavo io, avevo l'abitudine di costruirmi gli sci con le doghe delle botti. Poi me ne andavo a sciare nella steppa lungo un campo coltivato, facendo finta di trovarmi al Polo, in mezzo alle dune e alle stratificazioni

Sono già le 21 e il sole è ancora alto. Ho posizionato dei mattoni di neve compatta intorno alla tenda. Si avvicina la notte e temo che ancora una volta mi ritroverò steso e tremante. Ma mi sono preparato in anticipo per queste difficoltà. Ancora due mesi e arriverò al Polo. Se stessi navigando intorno al mondo, invece, occorrerebbe molto più tempo. Su una barca tuttavia le condizioni sono diverse

La solitude non mi pesa, perché sono sempre impegnato a fare molte cose. Oggi, per esempio, mi sono alzato presto e non ho certo perso tempo a bighellonare. Ho riparato la tenda che aveva qualche strappo. Ho rammendato anche le maniche della mia tuta, che si erano usurate per i bastoncini da sci. Ho avvolto il manico del coltello di metallo con della corda, perché il metallo è estremamente freddo

5 aprile 1990. Fortunatamente il navigatore ha individuato tre satelliti, il computer è acceso per tracciare le coordinate e segna la mia direzione: 84 ° 48 'di latitudine nord e 95 ° 29' longitudine est
6 aprile 1990. Lo schermo del navigatore indica che il dispositivo ha individuato i tre satelliti. Vengono visualizzate le coordinate: 84 ° 55 'di latitudine nord, 95 ° 19' longitudine est


Mancano quindici minuti all'appuntamento radio. Poi me ne andrò a dormire. O meglio, resterò disteso nel mio sacco a pelo a gelare fino a scivolare nell'oblio. Fa veramente molto freddo. I miei piedi di notte si congelano al punto che devo strofinarli uno contro l'altro per sapere che non mi si sono staccati. Anche tutte le giunture congelano. Ho i crampi alle ginocchia

La parte del corpo sulla quale giaccio diventa pressoché di ghiaccio. Nel sacco a pelo non posso respirare: l'interno si ricoprirebbe di ghiaccio, formato dal mio caldo respiro. Non appena sento arrivare il sonno, però, involontariamente cerco di coprirmi la testa con il sacco a pelo, perché non è piacevole respirare l'aria gelida. Bocca, naso e faccia sono congelati. Dentro la tenda la temperatura è di 36 gradi sotto zero, anche se l'ho ricoperta interamente di mattoni di ghiaccio per isolarla un po' dal vento
«Non mi resta che aspettare che il freddo restringa il ghiaccio rotto. Ma, a giudicare dal colore del cielo, il freddo non arriverà a breve»

24 aprile 1990

In sette ore ho percorso a piedi undici chilometri. Non male. Mi dicono alla radio che la spedizione inglese di Fiennes* è stata interrotta. Avrebbe potuto arrivare fino all'88esimo grado. Già, è veramente un peccato che non abbiano potuto raggiungere il Polo Nord. Nessuno lo ha mai raggiunto senza un aiuto. L'anno scorso noi ce la facemmo ad arrivare, ma non conta perché fummo aiutati due volte da un elicottero. La prima volta il 28 marzo, quando venne a prendere tre di noi che si erano ammalati; e la seconda il 28 aprile quando portò via Sasha Rybakov che aveva perso la vita e Vasily Zhukovsky e Tanya Chukova che si erano ammalati

27 aprile 1990

Sono uscito dalla tenda e ho scoperto che la tempesta di neve ha spezzato il ghiaccio durante la notte. Il mio accampamento si trova quindi su una piccola lastra di ghiaccio che galleggia in una fanghiglia di piccoli pezzi di ghiaccio. Più avanti, a nordest, dove devo dirigermi, riesco a vedere una catena di alte stratificazioni, impossibili da raggiungere. Devo aspettare che il gelo solidifichi maggiormente il ghiaccio spezzato. A giudicare però dal colore del cielo, il freddo non arriverà per un bel pezzo. Dopo l'arrivo della tempesta di neve la temperatura si è fatta più tiepida. Ora la temperatura è salita a 15 gradi sotto zero, mentre ne occorrono almeno 25-30 sotto zero perché il ghiaccio si ispessisca e diventi solido




Ranulph Twisleton-Wykeham-Fiennes (nato il 7 marzo 1944) è un viaggiatore britannico, detentore di molti titoli. Nel 1984 è stato nominato il "più grande esploratore vivente del mondo" dal Libro Guinness dei record del mondo



28 aprile 1990

Grazie a Dio! Con il Suo aiuto sono stato in grado di raggiungere il ghiaccio compatto. Mi è servita l'intera giornata però. Ho trasportato la slitta sul ghiaccio instabile da un lastrone galleggiante all'altro. In qualche caso ho dovuto strisciare sul ventre in strette fessure con il ghiaccio sottile che a stento reggeva il mio peso. Ho dovuto lasciarmi alle spalle sia la slitta sia lo zaino. Poi, quando ho raggiunto il ghiaccio solido e ben rigido ho utilizzato una corda per tirarmi dietro tutte le mie cose. Metro dopo metro. A un certo punto sono caduto in acqua, fino al petto. Questo incidente avrebbe potuto essermi fatale se vicino a me non ci fosse stato un pezzo di ghiaccio solido

30 aprile 1990

Verso sera sono sceso da una cresta di stratificazioni e all'improvviso mi sono sentito il vuoto sotto i piedi. Mi sono ritrovato con le maniche piene di fanghiglia, alla quale non ci si può certo aggrappare, e le gambe sommerse dall'acqua. Lo zaino sulle spalle mi ha tenuto a galla come un pallone e la fanghiglia incastrata tra le stratificazioni non mi ha lasciato andare a fondo
Dal petto mi è uscito un grido strano, con una voce irriconoscibile: "Dio mio, che cosa ho fatto per meritarmi una cosa del genere? Questa è veramente la fine per me?"

Il Polo era talmente vicino! L'acqua mi è entrata dentro la tuta imbottita ed è arrivata fino alla biancheria. Un freddo quasi cocente si è impossessato del mio petto. Mi sono afferrato con la mano sinistra al margine della lastra di ghiaccio galleggiante e con la destra ho tirato la corda che mi lega alla slitta. Sentendo arrivare imminente la fine, ho tirato con tutte le mie forze e sono riuscito a issarmi sulla lastra galleggiante



6 maggio 1990

Sono vicino al Polo Nord. Il vento è terribile. Ogni ora e mezza devo scavare intorno alla tenda, farla riemergere, togliere la neve che si accumula. Sono due giorni che la tempesta di neve continua così. In questi due giorni ho riflettuto su molte cose. È un bene che mi sia portato dietro il Nuovo Testamento. Lo posso rileggere di continuo. Il vento adesso sta soffiando da sud. Forse Dio avrà pietà e il vento si attenuerà

9 maggio 1990

Sono al Polo Nord. Per tutto il mio viaggio sono stato sempre solo. Ho riflettuto su me stesso, mi sono messo alla prova, mi sono lanciato nella sfida, ho scavato nel mio passato, ho accumulato aspettative sul mio futuro. La gente indaffarata con la vita di tutti i giorni di solito osserva chi la circonda, analizza le vite altrui, giudica e cerca di cambiare la vita di chi gli sta vicino, ma non prova mai a guardarsi da una certa distanza. Questo viaggio in solitaria mi ha offerto l'occasione di farlo

Testo preparato da Ilya Krol.
Credit fotografie: Vladimir Medvedev / ITAR-TASS, Dmitri Kozlov / Ria Novosri, Alamy / Legion Media, AP, wikipedia.org
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