Nell'archivio dove si conserva il futuro

Ricercatori e scienziati al lavoro con le piante nell'istituto Vavilov di San Pietroburgo (Foto: Ria Novosti)

Ricercatori e scienziati al lavoro con le piante nell'istituto Vavilov di San Pietroburgo (Foto: Ria Novosti)

Non solo giacimenti di gas e petrolio. Per garantire la sopravvivenza bisogna anche custodire la natura. Un lavoro che a San Pietroburgo coinvolge scienziati italiani e quelli della Federazione. E che nasce quasi cento anni fa

Sono i caveaux della vita sulla Terra. Chi li gestisce ha il potere di sfamare il Pianeta e di rifornirlo di altre risorse primarie come il cotone o la canapa. Non è un caso se il tema di Expo 2015 recita “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”. C’è chi infatti in passato ha garantito la sopravvivenza di intere nazioni grazie alla biodiversità agricola. Lo sapeva bene Nikolai Vavilov, l’agronomo russo che negli Anni ’20 riuscì a portare la Russia sovietica a una produzione di frumento sufficiente individuando le tante varietà del cereale sviluppatesi nelle diverse aree climatiche del territorio russo.

 
Le collaborazioni tecnico-scientifiche
tra la Russia e l'Italia

Una ricerca approdata nel 1925 alla fondazione, a San Pietroburgo, della prima banca genetica al mondo: il “Vavilov Research Institute of Plant Industry”, tra le principali sullo scenario globale con 350mila campioni di specie vegetali sul totale mondiale di complessivi 7,4 milioni in 1.750 banche, 2.500 giardini botanici e una miriade di aree protette e coltivazioni ‘on farm’, curate cioè da agricoltori.

Cambia la Storia: nel 1989 crolla il muro di Berlino e con esso l’Unione Sovietica. E anche il grande patrimonio genetico del Vavilov Institute rischia di essere trascinato dagli eventi epocali. A risollevare le sue sorti nei primi Anni ’90 è l’Italia, con un progetto di due anni gestito dall’Enea in collaborazione con i ricercatori dell’istituto russo, e finanziato dalla Fondazione Intas, un’emanazione della Commissione Ue specifica per i progetti nell’ex Unione Sovietica. La storia cambia, ma a volte ritorna – vichianamente - con i suoi corsi e ricorsi storici.

Sì perché per il suo lavoro iniziale, che doveva sfamare l’appena nato gigante sovietico,Vavilov s’ispirò proprio alle esperienze dell’agronomo italiano Nazzareno Strampelli. Un connubio italo-russo che si sarebbe rinnovato decenni dopo per salvare la banca di germoplasma da lui fondata. Tutto si svolge nel Sud Italia, soprattutto in Basilicata: alcune collezioni di specie vegetali del Vavilov Institute vengono trasferite nei centri dell’Enea, fatte riprodurre, e poi, una volta “rigenerate”, riportate nel centro nella Federazione.

Ricercatori italiani e russi hanno continuato a lavorare fianco a fianco anche negli anni seguenti, ponendo le basi per proseguire l'attività in maniera autonoma. L'istituto di San Pietroburgo è riuscito, infatti, a riaprire una nuova stazione a Kuban, nel Sud della Russia, vicino al Mar Nero. Mettendo così in sicurezza il nostro futuro e quello di tutto l'ecosistema.

L'articolo è stato pubblicato sulla versione cartacea di Russia Beyond the Headlines del 27 novembre 2014

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