La mia musica per difendere la pace

Il mezzosoprano Cecilia Bartoli (Foto: Reuters)

Il mezzosoprano Cecilia Bartoli (Foto: Reuters)

Il mezzosoprano Cecilia Bartoli ha pubblicato un album dal titolo "St. Petersburg”, che raccoglie arie d'opera che venivano eseguite alla corte imperiale russa nel XVIII secolo. “Una lezione di tolleranza in un’epoca di tensioni: con esso dimostro con quanto genio e fecondità gli artisti italiani collaborarono con i russi”

C’era una volta un’epoca in cui i compositori europei andavano in Russia in cerca di gloria e di guadagno. La loro musica ha incantato la corte dello zar, anche se oggi non è poi così nota al grande pubblico. Il mezzosoprano italiano Cecilia Bartoli ha pubblicato un album dal titolo "St. Petersburg”, che raccoglie arie d'opera che venivano eseguite alla corte imperiale russa nel XVIII secolo. Molte arie provenienti dalla biblioteca del teatro Mariinskij sono state interpretate dalla Bartoli per la prima volta nella storia delle registrazioni audio.

Il barocco russo in Occidente è pressoché sconosciuto: come è approdata a questo tema?

Quando studiavo al conservatorio i miei insegnanti mi dicevano che l'opera russa era nata con "Una vita per lo Zar" di Mikhail Glinka nel 1836. In seguito, cominciando a interpretare brani di musica barocca, sentii dire spesso che numerosi compositori italiani si erano trasferiti a lavorare a San Pietroburgo. E tutto ciò era accaduto cent'anni prima di Glinka! Mi domandai chi fossero questi compositori e cominciai le mie ricerche. Nel 2004 venni in Russia per la prima volta; ma è stato durante la mia seconda visita, nel 2012, che ho trovato del magnifico materiale musicale e ho scoperto delle storie sorprendenti, non solo quelle degli artisti italiani alla corte imperiale, ma anche quelle delle grandi zarine russe che li chiamarono a corte: Anna, Elisabetta e Caterina.       

 
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Con quale criterio ha scelto le arie per quest'album?

Si parte dal barocco e si finisce con Cimarosa, un compositore dell'epoca classica; sono arie d'opera composte nel corso di un secolo. Con questo album vogliamo far sapere al mondo che esiste della musica barocca russa; sono felice di dare il mio contributo di ottanta minuti alla sua riscoperta. Per gli italiani è un'occasione per colmare una lacuna: i nostri compositori viaggiavano in molti paesi, ma la corte di San Pietroburgo era una delle mete più prestigiose. Persino Verdi vi si recò: mise in scena la sua opera "La forza del destino", scritta appositamente per il teatro Mariinskij.

Lei ha inciso per la prima volta in vita sua due arie in russo...

Proprio così: gli stranieri che lavoravano a corte componevano musica non solo con testi italiani, ma anche russi; in particolare, vi erano i libretti di uno dei primi poeti russi, Aleksandr Sumarokov. Ho deciso che dovevo interpretare i brani così come erano stati ideati dagli autori, vale a dire in russo.

Vi sono delle differenze tra il barocco italiano e quello russo?

Ovviamente, si tratta di musica italiana. Eppure, ho scoperto con mia grande sorpresa che in alcuni punti vi affiora il carattere russo. Specialmente nell'aria di Raupach, "Vado a morir". È una musica lenta, malinconica, cupa e assai profonda. Io vi percepisco l'anima russa. È musica italiana che ha assimilato l'influenza del Nord. E il fatto che la maggior parte dei brani siano arie lente non è casuale. Naturalmente, nell'album troverete anche dei procedimenti e delle coloriture barocche. Ma la musica che prevale è di un'altra natura, tenera e commovente. Credo che i compositori italiani si rendessero conto che sugli ascoltatori russi faceva presa una musica lenta e malinconica, e che le loro opere tenessero conto di questa inclinazione. Per me è stata una scoperta straordinaria.  

Secondo lei, è un buon momento per pubblicare un album come questo?

Quando ho iniziato a immergermi nella musica pietroburghese la situazione politica era completamente diversa. Mentre registravo l'album, a Sochi erano in corso le Olimpiadi, l'atmosfera era di apertura. A dire il vero, penso che la musica e l'arte in generale portino sempre in sé l'idea di pace. Il mio album è ancor più chiaramente una lezione di tolleranza e di reciproca comprensione, perché in esso dimostro con quanto genio e fecondità gli artisti italiani e tedeschi collaborarono con i russi. L'arte è in grado di attenuare le tensioni. Questo disco, perciò, è il mio piccolo contributo alla causa della riappacificazione.

L'album "St. Petersburg" raccoglie brani musicali dei seguenti compositori:

Francesco Domenico Araja (1709–1770)

Fu a capo del primo gruppo di italiani invitati a San Pietroburgo. Autore della prima opera cantata in lingua russa ("Cefalo e Procri", libretto di Sumarokov), per la quale ricevette cento mezzi imperiali e una pelliccia di zibellino in dono dall'imperatrice Elisabetta Petrovna. Dopo aver prestato la sua opera a corte per alcuni decenni, Araja fece ritorno in Italia.

Hermann Raupach (1728–1778)

Lavorò a San Pietroburgo dal 1755 al 1761. Poi si trasferì a Parigi (dove furono pubblicate le sue sonate per violino, da cui Mozart attinse delle citazioni per la propria musica), ma sei anni più tardi decise di tornare in Russia. Fu autore della seconda opera in lingua russa ("Alcesti", libretto di Aleksandr Sumarokov).   

Domenico Dall'Oglio (1699–1764)

Violinista e compositore italiano. Fu attivo a San Pietroburgo per ventinove anni; era noto come uno dei più pericolosi partecipanti agli intrighi di corte. Morì a Narva durante il viaggio di ritorno in Italia.

Luigi Madonis (1690–1767)

Allievo di Vivaldi, compose insieme a Dall'Oglio una cantata per l'incoronazione di Elisabetta Petrovna, "La Russia torna a gioire".  Madonis compose la sua musica ispirandosi alle melodie delle canzoni popolari russe.

Vincenzo Manfredini (1737–1799)

Maestro di cappella della corte di San Pietroburgo, insegnante di musica dell'erede al trono Paolo I. Una volta divenuto imperatore, Paolo I invitò Manfredini a San Pietroburgo. Fu qui che il compositore morì, meno di un anno dopo il suo arrivo.

Domenico Cimarosa (1749–1801)

Autore di circa ottanta opere, maestro di cappella alla corte di Caterina II negli anni tra il 1787 e il 1792.  A San Pietroburgo Cimarosa compose una serie di brani "d'occasione", tra cui un requiem in morte della moglie dell'ambasciatore francese. Nel 1792 l'imperatore austriaco Leopoldo II lo chiamò alla corte di Vienna.

 

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