La dinastia del balletto

Andris Liepa riporta sul palco alcuni spettacoli del repertorio di Sergei Diaghilev, tra cui “Il gallo d’oro” e “Petrushka” (Foto: ufficio stampa)

Andris Liepa riporta sul palco alcuni spettacoli del repertorio di Sergei Diaghilev, tra cui “Il gallo d’oro” e “Petrushka” (Foto: ufficio stampa)

Da oltre cento anni i Liepa hanno legato il loro destino a quello dell'arte russa per eccellenza. L'intervista ad Andris, l'ultimo erede della famiglia, Direttore Artistico del Balletto del Cremlino

Cento anni dopo il trionfo sulla scena europea del balletto “Stagioni russe”, Andris Liepa, rappresentante di una famosa dinastia di ballerini e figlio del celebre coreografo Maris Liepa, riporta sul palco alcuni spettacoli del repertorio di Sergei Diaghilev, tra cui “Il gallo d’oro” e “Petrushka”. Il coreografo russo ha parlato con RBTH dei solisti stranieri, dei dissidenti sovietici e del perché non firmi nessuna lettera politica.

Diaghilev raggiunse la fama come impresario teatrale nella città di Parigi. I suoi spettacoli, proibiti nella vecchia Urss, vennero per molti anni allestiti unicamente in Europa. Ciò significa che per molti anni, nell’Unione Sovietica, nessuno seppe nulla delle sue “Stagioni russe”?

Dopo l’ascesa al potere dei bolscevichi, Diaghilev venne invitato in Russia, ma, grazie a Dio, respinse l’invito. Se l’avesse accettato, non sarebbe semplicemente sopravvissuto. Molti dei suoi connazionali, che non volevano lasciare la Russia sotto Lenin, durante il governo di Stalin scomparvero nelle camera di tortura dell’Nkvd. Mentre i russi che erano rimasti in Occidente erano considerate personae non gratae in Russia, dove era vietato allestire spettacoli teatrali prodotti da "disertori".

Quando si parla del Bolshoi o del Mariinsky, non c’è bisogno di alcun tipo di spiegazione. Sono entrambi teatri di fama mondiale. Ma che cosa significa lavorare con il Balletto del Cremlino, di cui, ricordiamo, un mese fa lei è diventato direttore artistico?

In un primo momento, il palcoscenico del Palazzo del Cremlino era il secondo palcoscenico del Teatro Bolshoi. Quando ho iniziato a muovermi nel mondo del teatro, lavoravo nel Bolshoi e nel Palazzo dei Congressi del Cremlino. Chiunque veniva dall'estero a visitare l'Unione Sovietica, finiva col vedere il balletto al Bolshoi o l'opera al Cremlino. Di modo che le persone che conoscono almeno un po' il teatro russo, sanno che si tratta di un’unica entità. Durante la perestrojka, poi, vennero istituite due direzioni: uno per il Cremlino e l'altra per il Teatro Bolshoi.

Una rappresentazione di Petrushka (Foto: Helena Lapina)

"Del Cremlino" significa che il teatro è legato al Cremlino, non è vero? E non la preoccupa il fatto che ciò potrebbe causarle delle complicazioni a livello di rapporti con i suoi partner occidentali a causa della “vicinanza con il potere”, come è accaduto, ad esempio, ad alcuni dei suoi colleghi, in primis, Valery Gergiev?

Queste complicazioni sono sorte dopo che Gergiev aveva firmato una lettera aperta in cui approvava la politica di Putin in merito a Ucraina e Crimea. Capisco che in Occidente ciò sia stato indagato e si sia fatta pressione, in particolare, su coloro che hanno sottoscritto suddetta lettera. Io, nonostante appoggi internamente tale politica, non ho mai firmato nessun tipo di lettera. Mio padre una volta mi disse: Andris, tu non firmare mai nulla.

A giudicare dalla sua biografia, non ha mai avuto conflitti con le autorità. Durante il governo di Gorbaciov, è stato il primo artista ad aver ricevuto il permesso ufficiale di lavorare per un lungo periodo negli Stati Uniti. Come riuscì a guadagnarsi una simile fiducia?

Era la perestrojka, un periodo nuovo per la Russia. In America mi ero guadagnato persino il soprannome di “ragazzo della perestrojka”. Mi rilasciarono un passaporto sovietico con visto multiplo. Un vero lusso. In quegli anni, non ti lasciavano in nessun modo uscire dall'Unione Sovietica. Nemmeno se avevi un visto straniero sul passaporto, come ad esempio un visto italiano, dovevi avere per forza un visto di uscita sovietico. E così io potevo tranquillamente andare dove volevo senza informare nessuno.
 

Andris Liepa riporta sul palco alcuni spettacoli del repertorio di Sergei Diaghilev, tra cui “Il gallo d’oro” e “Petrushka” (Foto: Helena Lapina)  

Ed è andato in America dove si è incontrato con i dissentisti.

Lavoravo con Baryshnikov. Ma anche altri solisti russi che vivevano lì non potendo fare ritorno in patria.

Quelli del Kgb l’hanno seguita fin lì?

Nessuno mi ha seguito. Era durante il periodo di transizione. E poi non era mia intenzione rimanere a vivere in Occidente. Le cose più sorprendenti in quegli anni stavano accadendo proprio nell’Urss.

L’Urss non esiste più. Ora c’è un altro Stato. Che posto occupa il balletto nella nuova Russia?

Tutti sanno che il balletto ha perso la sua modernità e non solo in Russia, ma anche nel resto del mondo. Un centinaio di anni fa, era la forma d’arte più moderna. I balletti di Fokine erano paragonabili ad Avatar in termini di modernità. Ora non sono più considerati come una novità. E non stiamo realizzando spettacoli su temi, diciamo, relazionati con quanto sta accadendo in Iraq o in Ucraina.

E perché non lo fate?

Semplicemente non lo facciamo. Lo abbiamo fatto in passato. Lo spettacolo “L’età dell’oro” fu realizzato sul tema della rivoluzione. Il balletto moderno si mantiene lontano dalla politica ed ha assunto un fascino “antico”. Entrando in un teatro, ci si avvicina deliberatamente a una forma d'arte arcaica. Ed è meraviglioso. È forse questo il motivo per cui stiamo riscontrando un così grande successo con le “Stagioni russe”? È passato un secolo, ma c'è quel momento di ritorno, in cui si vuole tornare all'epoca precedente e vedere che cosa di buono si è fatto allora. Sto rispolverando questi spettacoli di modo che un giovane artista, un compositore o semplicemente qualcuno che apprezza l'arte possa, quando si imbatte in loro, rimanere meravigliato di ciò che la Russia ha saputo fare nel passato.

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