I finti Romanov tra fantasia e leggenda

Sono molte le persone che negli anni hanno cercato di dimostrare un legame con la famiglia imperiale russa, sterminata nel luglio 1918 a Ekaterinburg (Foto: Ria Novosti)

Sono molte le persone che negli anni hanno cercato di dimostrare un legame con la famiglia imperiale russa, sterminata nel luglio 1918 a Ekaterinburg (Foto: Ria Novosti)

Centinaia di persone hanno tentato di farsi passare per i superstiti della sparatoria che nel 1918 ha sterminato la famiglia imperiale. Rbth racconta i destini e le avventure dei presunti eredi

L’ultimo imperatore russo Nicola II e la sua famiglia sono stati fucilati dai bolscevichi a Ekaterinburg nella notte tra il 16 e il 17 luglio 1918. Oltre allo zar, persero la vita sua moglie, quattro figlie, l’erede tredicenne Aleksej e alcune persone vicine alla famiglia imperiale. I corpi vennero sepolti in segreto, in luoghi rimasti ignoti fino al 2007. Cionostante quasi a seguito dell’esecuzione, cominciarono a girare strane testimonianze di gente che aveva visto membri della famiglia imperiale, se non addirittura lo stesso zar, vivi. Si diffusero voci che sostenevano che qualcuno dei bambini era riuscito a fuggire; esisteva persino la versione che l’esecuzione fosse fasulla, che le presunte vittime fossero state in realtà sostituite da altre e che i veri Romanov fossero invece al sicuro in Europa. Per decenni hanno continuato a spuntare impostori che pretendevano di essere i fanciulli imperiali sfuggiti al loro tragico destino. Il loro numero totale è di circa duecentotrenta: un record storico.

 
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L’unica avventura di successo

L’olandese (o polacca, sulle sue origini gli storici sono in disaccordo) Marga Boodts dichiarò alla fine del 1940 in Italia, di essere Olga, la figlia maggiore dello zar sopravvissuta. Questo era già il suo secondo tentativo: alcuni anni prima aveva cercato di fare lo stesso in Francia, ma era stata processata per frode. Questa volta invece tutto andò liscio. Boodts raccontò di come la sua fuga fosse stata pianificata in anticipo dallo zar in persona e di come al suo posto avessero sparato a una ragazza contadina con la quale si erano scambiate d’abito. Nonostante all’epoca in Europa vi fossero non pochi smascherati falsi Romanov, Boodts riuscì a convincere della verità della sua storia i membri delle famiglie reali europee, nonché ad ottenerne supporto finanziario. Il principe Sigismondo di Prussia, cugino della vera Olga Romanova, era sicuro di aver avuto di fronte a sé la sua stessa cugina e in una intervista affermò: "Abbiamo parlato di cose sconosciute a chiunque, di avvenimenti di cui noi soli eravamo testimoni". Boodts si stabilì in una villa in Italia evitando prudentemente contatti con i giornalisti. Morì nel 1976 e fu probabilmente l’unico esempio di impostore di successo.

Romanov – agente dei servizi segreti?

Nel 1958 il console americano a Ginevra ricevette una lettera nella quale uno sconosciuto sotto lo pseudonimo di “Sniper” avente rapporti con i servizi segreti socialisti offriva i suoi servizi in qualità di agente doppio. “Sniper” trasmise agli americani numerose informazioni di loro interesse e consegnò molti agenti, tra i quali, la celebre spia sovietica Konon Molodyj.

Dopo alcuni anni, “Sniper” si presentò all’Ambasciata americana di Berlino Ovest chiedendo rifugio politico e dichiarando di essere lo tsarevič Aleksej Romanov. Dietro lo pseudonimo che si era scelto, si celava Mikhal Goleniewski, collaboratore dei servizi segreti polacchi. Questo nuovo Aleksej appena sfornato lo spedirono negli Stati Uniti, dove continuò a lavorare con l’intelligence americana, se pur non a lungo­: nell’ambiente si sospettava infatti che fosse un infiltrato e che lavorasse invece per il KGB. Il vero carevič Aleksej era affetto da emofilia, una malattia incurabile che comporta una grave insufficienza nella coagulazione del sangue e con la quale è pertanto molto difficile convivere. L’autoproclamatosi Aleksej mancava di credibilità proprio perché difficile era spiegare come si fosse liberato dall’emofilia o ancora come gli fosse riuscito con tale malattia di affrontare la guerra ed altri pericoli.

Goleniewski nacque diciotto anni dopo lo tsarevič, appariva essere troppo giovane per il lavoro che si era scelto; questa discrepanza egli la giustificò con l'emofilia che  aveva rallentato il suo sviluppo e della quale si sarebbe liberato in maniera miracolosa.

Ovviamente, Aleksej allungò le sue pretese anche sui presunti depositi bancari dei Romanov. Goleniewski indicò banche in tutto il mondo mondo, affermando che lì vi fossero custoditi i soldi della famiglia imperiale. La sua carriera come spia e come falso tsarevič finirono in fretta. Egli visse a lungo a New York, litigando con tutti quelli che si rifiutavano di riconoscerlo.

 
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Anastasija del manicomio

La più famosa degli autoproclamatisi Romanov è Anna Anderson che si spacciava per la figlia più piccola dello zar, Anastasija. La giovane donna, che si era gettata da un ponte a Berlino, era stata salvata e di seguito messa in un ospedale psichiatrico. Durante le visite mediche trovarono su di lei le tracce di molteplici ferite e una cicatrice a stella sulla nuca. La donna in russo non parlava ma riusciva a capire. Dopo pochi giorni le mostrarono le fotografie dei membri della famiglia imperiale, che lei “riconobbe“ immediatamente. Ospiti che conoscevano le figlie dello zar cominciarono a farle visita e da subito compresero che quella donna non aveva nulla a che vedere con loro. Vennero indagate anche le sue origini e si scoprì che era una contadina polacca, operaia in una fabbrica di ordigni e che le cicatrici e i segni che portava erano il risultato di un'esplosione che lì vi era occorsa. Tutto questo fu però contestato dai sostenitori di “Anastasija“: innanzitutto - affermavano - lei non parla russo perché ha subito un trauma psichico e si rifiuta così di parlare la sua lingua madre; in secondo luogo, per essere una contadina, è troppo istruita e ha maniere troppo raffinate.

La Anderson inoltre aveva una rara peculiarità fisica, gli alluci curvi come li aveva Anastasija. Alla caccia del denaro dei Romanov la Anderson venne sfruttata in tutti i modi dai figli del dottor Botkin, ucciso insieme ai membri della famiglia imperiale. Sotto la loro guida, “Anastasija“ divenne una società per azioni che raccoglieva donazioni promettendo di dividere fra gi azionisti il 10% dell'eredità dei Romanov. Nel 1938, a nome della Anderson, venne iniziato un processo contro i Romanov, destinato a durare fino al 1977 e a concludersi con un nulla di fatto: le pretese in merito all'eredità dei Romanov non vennero riconosciute e nel contempo non si riuscì a dimostrare che la Anderson non era Anastasija.

Anderson morì nel 1984. Quando entrò in uso il test del DNA si ricordarono che in uno degli ospedali era stato conservato un frammento dei suoi tessuti dopo un'operazione chirurgica. I risultati della ricerca dimostrarono che la donna non era imparentata con i Romanov e che gli alluci curvi erano semplicemente una coincidenza. Vennero confermate al contrario le sue origini polacche.

Ma la cosa più interessante è che la Anderson era riuscita a diventare Anastasija non solo nella sua mente danneggiata ma anche nella coscienza di massa. Quando girano film sulla misteriosa principessa russa salvatasi dai bolscevichi (il primo della serie uscì già nel 1928), o quando la rock-star Tori Amos canta la sua canzone su Anastasija – il riferimento alla Anderson è chiaro.

Fine dei miti

Oggi non è rimasto in vita nessuno di quelli che dichiaravano essere i fanciulli imperiali sopravvissuti. I loro eredi tutt'oggi continuano ad insistere sui loro diritti all'eredità dei Romanov ma nessuno li prende ormai sul serio. Ci sono i risultati dei test genetici effettuati sui resti dal luogo di esecuzione. È stato riconosciuto che nessuno dei Romanov si è salvato e che sono proprio i loro, i corpi sono gettati dai bolscevichi in fosse segrete. L'epoca dei falsi Romanov è chiusa per sempre.  

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