Viktor Tsoy nella scena del film "Needle. Remake" (Foto: Itar Tass)
Victor Tsoy, leader della band "Kino", scomparso tragicamente quasi 25 anni fa, rimane ancora oggi la principale star della musica rock russa. È amato e ricordato in tutto il Paese soprattutto per le sue canzoni sull'amore e sulla guerra, interpretate rigorosamente in lingua russa.
Ritratto dell’artista da giovane
Nato a Leningrado, nel 1962, da madre russa e padre coreano nazionalizzato russo, Victor Tsoy dimostrò da bambino un talento particolare per il disegno. Diplomatosi al liceo artistico, si dedicava, per diletto, alla scultura di sculture tradizionali giapponesi, i netsuke, e, per guadagnare qualcosa, alla vendita sul mercato nero di ritratti realizzati con inchiostro di china delle principali rock star occidentali, come, ad esempio, Robert Plant. A quell’epoca era molto difficile trovare sul mercato foto di celebrità, nonché riviste musicali e audiocassette. Ciononostante, Tsoy e i suoi amici si interessavano un po’ a tutto e ascoltavano di tutto, dal rock alla new wave. Tsoy imparò in maniera autodidatta a suonare la chitarra e iniziò molto presto a scrivere le sue prime canzoni. Di lì a poco fondò il gruppo "Kino", un quartetto il cui sound ricordava molto i Joy Division, i Cure e soprattutto i The Smiths, amatissimi da Tsoy.
I “Kino” iniziarono in sordina, esibendosi in concerti clandestini, senza alcuna possibilità di venire trasmessi per radio o televisione, né di essere pubblicati dall’unica etichetta discografica del Paese, ovvero la “Melodiya”. Tsoy e i suoi amici, tuttavia, così come il resto dei rocker “underground”, registravano e commercializzavano i loro album su nastri magnetici. La registrazione originale (vale a dire la seconda copia del nastro master, con l’incisione) veniva venduta a dieci rubli - il prezzo di tre bottiglie di una buona vodka. L’"album", poi, veniva duplicato di registratore in registratore: il risultato era un analogo audio di ciò che in letteratura veniva chiamato samizdat.
Canzoni popolari
Questo tipo di musica, interessante, che bypassava le strutture ufficiali, si diffondeva rapidamente in tutto il Paese, da Mosca a Vladivostok. Uno degli album più potenti dei “Kino”, “Gruppa krovi” (Gruppo sanguigno) del 1988 subì proprio questa sorte: non vi era registratore, in Russia, che non lo riproducesse. Vere e proprie hit, sonorità elettroniche moderne, ritmi quasi ballabili che nessun altro in tutto il Paese produceva. Un anno prima del lancio dell’album, nelle sale cinematografiche era uscito il film del regista Sergei Soloviev intitolato "Assa", per il quale era stato programmato un finale a sorpresa: una performance live dei "Kino". La band cantò una canzone con un ritornello che faceva "Stiamo aspettando il cambiamento", e che divenne l'inno “ufficioso” della perestroika. Il fatto interessante era che il pezzo non aveva nulla a che vedere con la politica, si limitava semplicemente a trasmettere le sensazioni di un adolescente che sognava di diventare adulto. Tsoy non amava associarsi a nessun ambito, nemmeno a quello sociale.
Il rock russo era un fenomeno perlopiù sociale, mentre per Tsoy era principalmente qualcosa di “naturale”. "In ognuno di noi si nasconde una bestia, un lupo. Sento il suo respiro, quando ballo. In ognuno di noi c'è qualcosa. Non riesco a capire perché rimaniamo fermi e intorno a noi gli spazi si svuotano", cantava nell'album "Noch" (Notte). Non si tratta di qualcosa che si limita al qui e all’ora, bensì di qualcosa che è valido per sempre e ovunque. In qualsiasi momento e in qualsiasi Paese. O un'altra sua citazione più tardiva è: "Non mi piaceva quello che c’era prima qui. E non mi piace nemmeno quello che c’è adesso”. A che cosa si riferisce Tsoy? All'URSS o alla Russia? Al vecchio o al nuovo? O a un totale rifiuto del mondo? Ovviamente, a tutto ciò, insieme. Le dichiarazioni universali di Tsoy erano veritiere allora, nel 1980, e lo sono tutt’oggi.
A differenza di altri eroi del rock underground russo, Tsoy parlava come se prima di lui non ci fosse stato niente e nessuno. Tanto la prima volta come l’ultima. Un uomo nudo su una terra nuda, al di fuori di un contesto culturale. Solo la Terra, il Cielo, le Stelle, il Sole, la Morte, l’Amore e l’Estate: le principali parole delle sue canzoni. Dopotutto, il contesto di allora è ormai morto, rimpiazzato e relegato al passato, mentre le parole pronunciate da Tsoy continuano a sopravvivere ancora oggi.
Negli anni 1988-89, Tsoy diventò quello che si potrebbe definire un “tutto per tutti". Gli adolescenti, in quegli anni, quando si conoscevano, erano soliti chiedersi: "Che cosa ascolti?”. Domanda alla quale rispondevano “i nostri” o “gli stranieri". Si trattava del primo spartiacque, poi scendevano nei dettagli. “Depeche Mode o Iron Maiden? Bardi russi o musica pop sovietica?”. L'unico che univa gusti contrastanti, era Tsoy, che era apprezzato quasi da tutti. Le sue canzoni erano inoltre facili da suonare con la chitarra o da cantare anche per persone che non spiccavano particolarmente per il loro talento musicale. In questo modo arrivarono in fretta al popolo, mentre il cantante era ancora in vita.
I “Kino” al cinema
L'ultima scena di "Assa" venne girata non dal grande maestro Soloviev bensì dal suo studente di origine kazaka Rashid Nugmanov. Nugmanov lanciò poco dopo una propria pellicola, un thriller insolito, carico di suspense, intitolato "Igla" (Ago) e offrì a Tsoy, attore ancora inesperto, il ruolo di protagonista (!), chiedendogli di interpretare non un personaggio bensì se stesso. Stando ai racconti degli amici, Tsoy nella vita di tutti i giorni non era una rock star. Quando era in compagnia era piuttosto taciturno, scherzava poco e al tipico stile di vita da rock star preferiva lo sport, come ad esempio, il karate. Il film rispecchiava la stessa identica persona: un emarginato ironico e di poche parole. Fu questa l’immagine di Tsoy che si impose nella coscienza popolare di quegli anni. Tanto più che il musicista girò il film con gli stessi abiti e la stessa pettinatura con cui di solito si esibiva.
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I musicisti contro le matrioske
Tra il 1988 e il 1989 i “Kino" vennero invitati a suonare all'estero, in particolare in Danimarca, dove il gruppo partecipò al festival di beneficenza Next Stop. I “Kino” si esibirono poi in Francia nell’importante festival rock di Bourges, così come in Italia. In Francia ebbe inizio anche la carriera occidentale “record” di Tsoy: il gruppo riscrisse alcune delle sue canzoni rilasciandole sotto il nome de “Le Dernier des Heros” (L’ultimo degli eroi). Si trattò di un grande successo locale, ma la cosa, purtroppo, non andò oltre.
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Negli Stati Uniti, Tsoy si esibì di fatto solo una volta - dopo la première del film "Igla" al Park City Festival, al quale la pellicola partecipò come fuori concorso nella categoria “Special Event”. Tsoy e il chitarrista del gruppo Yuri Kasparian parteciparono alla presentazione del film e dopo la proiezione eseguirono un paio di canzoni. Fu la prima e ultima visita negli Stati Uniti di Tsoy. Lo stesso Tsoy riconobbe in un'intervista: "Là non mi conosce nessuno, posso camminare tranquillamente per le strade”. L’album uscì su una piccola etichetta indipendente, la Gold Castle Records con una recensione positiva del quotidiano Village Voice.
È difficile dire se Tsoy avesse delle serie prospettive internazionali. Egli stesso era piuttosto scettico in merito al suo lavoro in Occidente. A giudicare da un’intervista che rilasciò, non credeva in un interesse autentico del pubblico occidentale e orientale nei confronti del rock russo. Non poté rinunciare alla tournée in Danimarca, perché era "un evento di beneficenza”, ma qualora "le circostanze fossero state altre, si sarebbe probabilmente rifiutato”. Per quanto riguarda la Francia in un'intervista al quotidiano Molodoy leninets, nella primavera del 1989, disse chiaramente: "Ora in Occidente la Russia, i simboli sovietici e tutto il resto sono molto di moda. Ma l’atteggiamento nei confronti di tutto ciò è del tutto frivolo, come con le matrioske: dicono, guarda, i russi suonano la chitarra quasi come noi. Ciononostante, molti gruppi, qualora ne avessero la possibilità, andrebbero subito all'estero, anche pur sapendo che le condizioni, tanto finanziarie quanto a livello di concerti, sarebbero peggiori. Io non vorrei mai essere una matrioska. Il punto non è tanto il denaro, quanto il prestigio del Paese. Se si vuole così tanto andare all'estero, allora è meglio andarci come turista. Quanto a noi, abbiamo cercato in ogni caso di fare qualcosa di diverso. In primo luogo, abbiamo pubblicato un album in Francia. In secondo luogo, si trattava di un festival rock molto famoso in Europa. È per questo ho deciso di andare a vedere se era possibile stabilire una comunicazione. Non posso dire che sia stato un grande successo perché è probabile che da noi si aspettassero un certo esotismo russo, quando poi, in sostanza, quello che hanno visto e sentito era musica rock”.
Una stella tra le stelle
Tsoy morì in un incidente d'auto nel 1990 all'età di 28 anni. L’ultimo concerto dei “Kino” fu quello celebrato presso il Luzhniki, uno degli stadi più formidabili in Europa, registrando il tutto esaurito. "A grandi linee non mi interessa più di tanto dove suono, se in un appartamento, un club clandestino o davanti a dieci mila persone”, sosteneva Victor Tsoy. “Ho la possibilità di suonare? Allora suono. Non ce l’ho? Allora sono persino disposto a farlo gratuitamente. Ora ho l'opportunità di esibirmi in grande e la colgo, ma non è sempre così. In generale, faccio quello che mi pare. Naturalmente, sempre che la situazione lo permetta, inclusa la situazione politica del Paese”.
Sono passati quasi 25 anni da quando è morto. In questo lasso di tempo è comparsa un sacco di nuova musica nonché un sacco di nuove stelle, eppure migliaia di persone di diverse generazioni, ancora oggi, ricordano la band dei "Kino", che sembra non invecchiare mai. Sono molti i buoni musicisti ma l’eroe del rock in Russia è uno solo e il suo nome è Victor Tsoy.
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