Quei segreti nella cucina del Cremlino

Lo chef Viktor Belyaev (Foto: Kirill Lagutko)

Lo chef Viktor Belyaev (Foto: Kirill Lagutko)

Ha cucinato per tutti i leader della politica del Novecento. Viktor Belyaev, lo chef più importante di Russia, ci racconta la storia della "Cucina di Stato"

Ha insegnato a Indira Gandhi come preparare i noodles. Ed è riuscito a lasciare di stucco Richard Nixon. Viktor Borisovich Belyaev, ha trascorso più di trent’anni nelle cucine del Cremlino, sfornando piatti per alcune delle personalità più illustri del Novecento: da Fidel Castro a Giscard d'Estaing. E secondo lo chef, i palati più difficili da accontentare sono gli arabi, i sudcoreani e i rumeni.

All’inizio, il sogno di Viktor Belyaev era quello di diventare un archivista. Poi, un giorno, vide la locandina di una scuola di cucina. L’istituto cercava nuovi studenti per l’avvio dei corsi, racconta il cuoco al quotidiano “Moskovsky Komsomolets”. La borsa di studio offerta era buona e Belyaev decise di iscriversi. Finita la scuola, iniziò a lavorare nel miglior ristorante di Mosca, il “Praga”. All'inizio, il futuro chef del Cremlino dovette passare per una dura gavetta: pulire e sfilettare la carne e il pesce, e sbucciare le patate. Un giorno si ritrovò a preparare un banchetto per il Cremlino e al seguente gli venne proposto di rimanere a lavorare lì.

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“La mia insegnante di cucina, Zinaida Vasilevna, aveva un’alta considerazione di me, forse perché mi dimostrai capace, sin dall’inizio, di preparare una solyanka coi fiocchi, oltre a tutta una serie di altri piatti. Suo zio era incaricato di dirigere lo staff delle cucine del Cremlino. Fu grazie a lei che riuscii a entrare nella cucina speciale del Cremlino. A quel tempo il Cremlino vantava due cucine: una specifica, che si occupava di cucinare per i membri del Buró Politico del Partito Comunista, e una speciale per i rappresentanti del governo. Io finii subito in quella speciale. Si trattava di una struttura separata, che aveva dell’incredibile. Quando vi entrai per la prima volta, vidi le stufe a gas di dieci metri della dacia di Goebbels, che poi vennero sostituite con altre elettriche. Lavorai lì per 14 anni”, ricorda Belyaev.

La cucina speciale preparava ogni giorno dei ricevimenti, grandi e piccoli. “Ho cucinato per Fidel Castro, Margaret Thatcher, Indira Gandhi, Nixon, Kohl, Carter, Giscard d'Estaing e molti altri. È stato interessante. In primo luogo per i personaggi che ebbi l’opportunità di conoscere, e in secondo perché ogni volta ci cimentavamo con una cucina straniera diversa”, racconta lo chef. “Prima dell’arrivo di ogni delegazione straniera ricevevamo una sorta di briefing in cui ci spiegavano i gusti degli ospiti, se soffrivano di qualche malattia cronica, e così via. Un discorso a parte erano i rappresentati dei Paesi arabi, che non mangiavano le nostre zuppe e i nostri piatti tipici. In quei casi, arrivavano i cuochi delle ambasciate che ci insegnavano a preparare i piatti tipici di ciascun Paese. Quando ci visitavano i cinesi, invece, la cucina si riempiva di casse di trepang, che andavano ovviamente cucinati, e all’inizio non sapevamo proprio bene come fare”, spiega l’esperto.

Gli ospiti stranieri erano soliti amare la cucina russa. Alcuni di loro non se ne andavano senza aver prima chiesto la ricetta al cuoco. “A Indira Gandhi piacquero così tanto i miei noodles che venne in cucina e mi chiese la ricetta. Quando, dopo qualche mese tornò a Mosca per partecipare a un forum, dove ero di nuovo io lo chef, venne appositamente da me per dirmi che aveva preparato i noodles seguendo la mia ricetta e che alla sua famiglia erano piaciuti davvero molto”, ricorda Belyaev.

Una volta, durante una visita di Nixon, si verificò un caso curioso. Il leader americano si rifiutò di mangiare gli antipasti, serviti con gran cura e maestria, limitandosi a fotografarli. Lo chef cucinò anche per importanti rappresentanti della Corea del Sud e della Romania, che si rivelarono, però, palati capricciosi e difficili da soddisfare.

Ci fu un momento in cui Viktor Borisovich Belyaev decise di lasciare la Russia per mettere alla prova le sue capacità culinarie in un altro Paese. Partì, con tutta la famiglia, alla volta della Siria. Una volta qui, lo chef si scontrò con la scarsità di materie prime (in primis pane nero, kefir e sardine) e un clima che non facilitava affatto il suo lavoro: a Belyaev non piaceva per nulla il fatto di rimanere in piedi, in cucina, a una temperatura di 50 gradi, e così decise di tornare a casa.

Questa volta, però, venne inviato nella dacia di Stalin a Kuntsevo, dove, per il primo Presidente dell’Unione Sovietica, Mikhail Gorbaciov, era stata costruita una sorta di foresteria: un edificio di 3 piani con un ufficio, una biblioteca, un ristorante e camere per 8-10 ospiti. A Belyaev venne assegnato l’incarico di capocuoco. Mentre si preoccupava di rendere confortevole l’edificio ancora vuoto­ (a cui mancavano persino le tende) e di accogliere le delegazioni in visita, che giravano per la dacia di Stalin, come se fosse un museo, il popolo iniziò, di lì a poco, a protestare contro i privilegi tradizionali. Gorbaciov non visitò mai la struttura e la dacia di venne chiusa.

Quando Gorbaciov venne sostituito dal primo Presidente della Russia, Boris Eltsin, Viktor Belyaev fece ritorno al Cremlino. Venne creata la holding di ristorazione e catering “Kremlevsky”, che Belyaev guidò per ben 8 anni. Nel 2008, dopo aver sofferto un infarto, decise di presentare le proprie dimissioni. Viktor Belyaev trascorse 32 anni nella principale cucina del Paese.

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