Trova l’assassino del bisnonno fucilato durante le repressioni staliniane

Il segretario generale del Partito Comunista Iosif Stalin, al centro, sulla tribuna in Piazza Rossa a Mosca durante una parata di atleti.

Il segretario generale del Partito Comunista Iosif Stalin, al centro, sulla tribuna in Piazza Rossa a Mosca durante una parata di atleti.

: Tass
La storia arriva da Tomsk, in Siberia, dove un ragazzo ha indagato sui responsabili della morte del proprio familiare, ucciso alla fine degli anni Trenta. Il giovane è riuscito a risalire ai nomi di tre collaboratori dell’Nkvd. E ora è arrivata anche la lettera di scuse della nipote di uno di loro. Una storia che ha suscitato grande clamore in Russia

“Eureka! Li abbiamo trovati tutti! Tutti!”, aveva scritto qualche giorno fa Denis Karagodin sul sito dedicato al suo bisnonno. Karagodin, 34 anni, una laura in filosofia, una vita trascorsa a Tomsk, in Siberia, è riuscito a ottenere dall’archivio dell’Fsb l’atto che attesta la fucilazione di 36 persone. Fra queste c’era anche il suo bisnonno.

Tutto ebbe inizio nel 1937 quando Stepan Karagodin, contadino di Tomsk, venne arrestato dagli agenti dell’Nkvd durante il periodo del Grande terrore staliniano. Venne condannato alla fucilazione con l’accusa di collaborare con i servizi segreti giapponesi e di aver organizzato un gruppo di sabotaggio e spionaggio. La condanna venne eseguita l’anno successivo. E alla fine degli anni '50, nella fase del disgelo e della destalinizzazione, Stepan Karagodin venne riabilitato.

Oggi, a distanza di quasi 80 anni, il nipote è riuscito a ottenere “i nomi dei veri assassini-carnefici” del bisnonno.

Karagodin Stepan Ivanovich. Fonte: blog.stepanivanovichkaragodin.orgKaragodin Stepan Ivanovich. Fonte: blog.stepanivanovichkaragodin.org

La lista dei carnefici

Denis Karagodin ha cominciato a cercare gli assassini del bisnonno nel 2012. Dopo aver consultato diversi archivi, alla fine aveva stilato un elenco di presunti assassini, che comprendeva decine di nomi. In cima alla lista figuravano come “mandanti dell’assassinio” le più alte cariche della leadership sovietica: Stalin, Molotov, Voroshilov e altri. Ma vi erano anche figure minori, di secondo piano come, per esempio, un autista dell’Nkvd. Karagodin è convinto che persino le dattilografe che avevano trascritto i documenti dell’Nkvd debbano essere ritenute responsabili dell’assassinio del suo bisnonno.

Un documento chiave è l’atto di esecuzione della condanna alla fucilazione redatto dalla sezione municipale dell’Nkvd di Tomsk, che Karagodin è riuscito a ottenere solo a novembre di quest’anno, dopo la seconda richiesta inviata alla direzione dell’Fsb della regione di Novosibirsk. L’atto risultava firmato da tre persone. La prima firma apposta sul documento era quella del vice direttore della prigione di Tomsk, Nikolaj Zyrianov.

La famiglia dei Karagodin\nFonte: blog.stepanivanovichkaragodin.org<p>La famiglia dei Karagodin</p>\n
La famiglia dei Karagodin\nFonte: blog.stepanivanovichkaragodin.org<p>La famiglia dei Karagodin</p>\n
La famiglia dei Karagodin\nFonte: blog.stepanivanovichkaragodin.org<p>La famiglia dei Karagodin</p>\n
 
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La vergogna e il perdono

La notizia dei risultati dell’indagine svolta da Karagodin ha avuto un’ampia eco nei social media e di lì a poco Karagodin ha ricevuto una lettera dalla nipote di Zyrianov. “Non riesco a chiudere occhio ormai da alcuni giorni… […] Provo un senso di profonda vergogna per tutto ciò che è successo che mi fa stare anche fisicamente male. Mi amareggia il pensiero di non poter far nulla per rimediare, tranne che riconoscere di appartenere alla famiglia di Zyrianov N.I. e ricordare in chiesa nelle mie preghiere il suo bisnonno”. Sono queste le parole della nipote del collaboratore dell’Nkvd riportate da Karagodin. L’autrice della lettera aggiunge inoltre che il suo bisnonno materno è stato anche lui vittima delle repressioni e che “così oggi si scopre che nella stessa famiglia le vittime sono anche dei carnefici”. In risposta Karagodin le ha scritto: “Le tendo la mano in segno di perdono per quanta fatica possa costarmi questo gesto”.

Ora Karagodin intende chiedere l’incriminazione di 20 persone, da Iosif Stalin all’autista del “corvo nero” (così negli anni '30 venivano chiamate le auto dell’Nkvd, ndr), per corresponsabilità penale e “complicità” nel delitto. Questo il capo d’accusa: “Eccidio di massa compiuto da un gruppo criminale organizzato”, fa sapere il ragazzo di Tomsk.

“Il male dev’essere dimenticato”

La vicenda di Karagodin ha suscitato un grande clamore in Russia. La sua indagine è considerata da molti una vicenda importante. Secondo Stanislav Kucher, commentatore della stazione radio Kommersant Fm, il tentativo di Karagodin di avviare un procedimento penale contro gli assassini del bisnonno è un “evento di portata storica con gravi conseguenze sul piano politico”.

“A nessuno finora era mai venuto in mente di perseguire lo Stato staliniano con il Codice penale alla mano, dopo un’indagine svolta personalmente, di intentare causa per la morte di un membro della propria famiglia. Che questo tentativo di trovare una risposta all’interrogativo se ‘Stalin sia stato un buono o cattivo leader’ provenga da un ragazzo brillante della generazione dei millennials è davvero emblematico e mi fa sentire più fiducioso verso l’umanità”, ha commentato Kucher.

Tuttavia, vi è anche chi ritiene che cercare di far luce sulla sorte del proprio bisnonno sia un atto nobile, ma che compilando la lista dei suoi carnefici, Karagodin abbia oltrepassato i limiti. Tuttavia, secondo il pubblicista Dmitrij Olshanskij, il cui bisnonno fu anch’egli fucilato negli anni della repressione in seguito a un’accusa prefabbricata, “nessuno può essere riportato in vita” e “niente di ciò che è accaduto può essere cambiato”. A detta di Olshanskij “non deve tramandarsi nessun senso di responsabilità tra le generazioni, né di espiazione. L’espiazione è un fatto intimo, personale”.

“Credo che ormai sia tardi per punire l’assassino del mio bisnonno – ha detto Olshanskij -. Ritengo che tutto il male debba essere definitivamente dimenticato per sempre”.

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