Il traffico di Mosca (Foto: Itar Tass)
A differenza delle città occidentali, Mosca ha iniziato ad affrontare i problemi legati alla motorizzazione di massa solo nel nuovo millennio, quando la situazione aveva già raggiunto un livello preoccupante. E mentre sino al 1982 l’automobile in Unione Sovietica era considerata un bene di lusso che solo il cinque percento dei moscoviti si poteva permettere, nel 1977 il diciotto percento degli abitanti ne possedeva una, e nel 2000 la loro percentuale aveva raggiunto il trenta percento. Questa crescita, così rapida, ha dato luogo al fenomeno comunemente definito “scontro tra città e automobili”.
In epoca sovietica Mosca − immaginata come una città dove la motorizzazione sarebbe rimasta contenuta − aveva dato la priorità ai trasporti pubblici. Ciò spiega perché vi furono costruite relativamente poche strade ma molte linee tramviarie e una metropolitana funzionalissima. A dispetto delle previsioni però la città con il tempo è stata presa d’assalto da automobili private, che ben presto hanno iniziato ad occupare tutti gli spazi liberi: parcheggiare sui marciapiedi e sulle aiuole divenne la norma, mentre la congestione del traffico peggiorava di anno in anno. E benché Mosca avrebbe potuto evitare di compiere un errore fatale, già commesso dalla maggioranza delle città americane ed europee che avevano cercato di ovviare allo “scontro tra città e automobili” attraverso la costruzione di nuove strade e l’ampliamento di quelle esistenti, le cose sono andate diversamente.
Lo stesso errore è stato compiuto dagli Stati Uniti, che sin dagli anni Trenta, ovvero prima di chiunque altro, hanno dovuto fare i conti con il fenomeno dell’eccessiva presenza di auto private. L’esperienza (e il successivo sviluppo della scienza dei trasporti) avrebbero dimostrato che più si costruiscono strade e più il traffico peggiora. Le amministrazioni locali hanno risposto intuitivamente ai problemi di traffico con la costruzione di nuove strade, svincoli e parcheggi. Tuttavia, diversi tentativi andati a vuoto hanno dimostrato che tale strategia era destinata a fallire, e che cercare di adattare la città a quella moltitudine di automobili sarebbe stato impossibile: le strade avrebbero occupato gran parte degli spazi e la loro costruzione avrebbe richiesto degli investimenti enormi. Il problema è che in città come Mosca l’auto è il mezzo più conveniente per spostarsi: la distanza dal centro infatti è tale da non poter essere percorsa a piedi, e la densità di popolazione è troppa bassa per i trasporti pubblici (gli autobus dovrebbero fermarsi a ogni angolo, procedendo troppo lentamente, o le fermate dovrebbero essere poste a grande distanza l’una dall’altra).
Più le autorità cittadine autorizzano la costruzione di strade, più vivere in città senza un’auto diventa complicato e più gli abitanti si sentono obbligati ad acquistare un mezzo proprio. Come ampiamente dimostrato dalla città di Los Angeles, così facendo si innesta un ciclo vizioso e senza fine. Per i cittadini, la scelta del mezzo con cui spostarsi in città è determinata da tre fattori: il livello di comfort, il costo e i tempi. E poiché quasi tutti i moscoviti oggi si possono permettere un’automobile, anche se di seconda mano, la scelta si riduce tra macchina e mezzi pubblici. Se le autorità cittadine vogliono davvero sconfiggere il traffico devono rendere il trasporto pubblico più veloce, più economico e confortevole almeno quanto quello che si compie a bordo di un’auto privata.
Mosca purtroppo ha seguito la strada sbagliata, e nel corso degli anni ha speso molti soldi per la costruzione di strade e di svincoli stradali, esacerbando di anno in anno il problema della congestione viaria. Inoltre per molto tempo l’uso dell’automobile in città non è stato in alcun modo limitato: parcheggiare, anche in centro, era gratuito e l’auto poteva essere lasciata praticamente a ridosso delle mura del Cremlino. Molti binari del tram sono stati eliminati, i lavori di ampliamento della metropolitana sono stati interrotti e le condizioni dei trasporti pubblici hanno iniziato a peggiorare, al punto da indurre l’allora presidente Dmitry Medvedev a dichiarare nel 2010 che: “Mosca rappresenta un caso esemplare. (…) Il compito di risolvere questo problema [del traffico] non spetta solo al sindaco Sergei Sobyanin, ma al Paese intero. (…) Per le autorità è una sorta di test”.
Con l’insediamento del sindaco Sobyanin la situazione per certi versi ha iniziato a normalizzarsi: i lavori di ampliamento della metropolitana sono ripresi, sono stati introdotti dei parcheggi a pagamento, le corsie stradali sono state ben delimitate, la città si è dotata di nuovi tram e diverse linee di tramviarie sono state ripristinate. Purtroppo a Mosca la lobby dei costruttori è molto potente, e spesso anziché adottare delle misure che aiuterebbero a risolvere il problema del traffico − come la creazione di nuovi parcheggi a pagamento e l’ampliamento della metropolitana − si decide di costruire arterie e svincoli inutili e si allargano le strade all’interno delle aree urbane sino a trasformarle in superstrade prive di semafori. Tutte iniziative che richiedono molto denaro e non fanno che peggiorare la congestione del traffico, e che si traducono in una maggiore frequenza degli imbottigliamenti, che tuttavia aumentano a una velocità inferiore rispetto a quella registrata sotto l’ex sindaco Yury Luzhkov.
L’autore è deputato dell’assemblea municipale del distretto moscovita di Shchukino e direttore di City Project: una fondazione che si occupa di città vivibili
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