La memoria tirolese per i caduti russi

Un momento della cerimonia commemorativa (Foto: Aleksandra Bokovaya)

Un momento della cerimonia commemorativa (Foto: Aleksandra Bokovaya)

Durante la Prima guerra mondiale i prigionieri di guerra russi vennero impiegati in questa zona per le vie di comunicazione e le fortificazioni. Testimonianze che una delegazione di volontari, alpini e autorità ha commemorato insieme a Padre Mikhail. Per restituire alla memoria le storie di questi uomini

Quest'anno si celebrano non solo alcune date importanti della Seconda guerra mondiale, come il settantesimo anniversario dello sbarco in Normandia e l'apertura del secondo fronte del conflitto, ma anche i cento anni dal giorno dell'inizio della Prima guerra mondiale. Questo avvenimento estremamente doloroso della storia italiana viene commemorato in tutto il Bel Paese. In Russia la Prima guerra mondiale spesso viene associata soltanto ai presupposti che condussero allo scoppio della rivoluzione, mentre sui fronti europei del conflitto caddero migliaia di soldati russi. Il Centro russo Borodina di Merano, erede delle tradizioni della storica comunità russa del Südtirol, li restituisce alla nostra memoria.

Proprio in questa regione, nelle Dolomiti, passava in alta quota la linea del fronte. Dei reparti alpini all'altezza di 3.900 metri vogliono dire battaglie straordinarie, condizioni particolari e fortificazioni di tipo speciale. Le vie di comunicazione e le fortificazioni, sia al fronte che nelle retrovie, nelle Alpi tirolesi furono costruite proprio dai prigionieri di guerra russi, deportati dal comando austro-ungarico nel Südtirol (l'attuale regione italiana del Trentino-Alto Adige) dai campi di prigionia austriaci nel 1915. Il ricordo dei russi ha lasciato tracce nei nomi di questi luoghi: la "baracca russa", una zona del bosco dove c'erano le baracche dei russi; il "camino russo", una fessura nella roccia sul ripido pendio della Parete rossa (Rote Wand); e il "sentiero russo".  

In questi territori i prigionieri di guerra russi costruirono vie di comunicazione e le fortificazioni (Foto: Aleksandra Bokovaya)

Un sentiero conduce a una cappella di legno costruita dai prigionieri di guerra russi a 2.600 metri di altezza, accanto al rifugio montano di Care Alto nella Val Rendena, in Trentino. Verso questa cappella sono saliti i partecipanti del movimento giovanile di volontariato per la ricerca dei caduti, i rappresentanti delle autorità locali e i militari della divisione alpina speciale delle Forze Armate italiane per svolgere una cerimonia commemorativa, la prima in cento anni. Padre Mikhail, vescovo di Ginevra e rappresentante della Chiesa Russa Ortodossa all'estero, ha celebrato una messa in memoria dei caduti.

Il Centro russo Borodina di Merano con il sostegno dell'Associazione russa storico-militare ha organizzato nell'ambito del progetto internazionale "Pagine sconosciute della Grande Guerra: la memoria tirolese" il primo forum internazionale sui campi di battaglia.

Al lavoro di ricerca sul campo per ritrovare i soldati e gli ufficiali russi seppelliti qui e dimenticati, e per creare un registro dei luoghi di sepoltura del periodo della Prima guerra mondiale nel Nord Italia, hanno preso parte i rappresentanti del movimento giovanile russo di volontariato per la ricerca delle città di Tula, Mosca, San Pietroburgo, Penza, Kirov, e Kazan, oltre ad alcuni ricercatori provenienti dalla Bielorussia.

Come ha dichiarato il direttore del Centro, Andrei Pruss, l'obiettivo della spedizione è quello di raccogliere testimonianze, registrarle, e identificare le varie località. "Gli specialisti non solo segneranno sulle cartine i luoghi in cui furono presenti i combattenti russi nelle Dolomiti e i luoghi memorabili della Grande Guerra, ma prepareranno anche delle proposte per elaborare un percorso montano memoriale per i turisti all'interno del Parco nazionale delle Dolomiti che verrà riconosciuto dall'Unesco come elemento del patrimonio dell'umanità", ha spiegato Pruss.

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