Un gigante entrato nella storia

Aleksandr Belov, 2,05 metri di forza e destrezza. Fenomeno della pallacanestro, omonimo dell’altro Belov, Sergei. Con il quale condivise un destino di successi. Fino a quell’incredibile coincidenza nel giorno della loro morte
 
Foto: Rudolf Kucherov / Ria Novosti

Due punti a una manciata di decimi di secondo al termine della partita. Unione Sovietica che supera gli Stati Uniti (51-50), i fenomeni della pallacanestro, all'ultimo atto dei Giochi olimpici di Monaco 1972. Negli highlights della memoria collettiva, era stata la partita di Sergei Belov, uno dei più forti cestisti della storia sovietica. Ma il canestro dell'incredibile vittoria lo metteva a segno Aleksandr Belov, il centro della Nazionale, 2,05 metri di forza fisica sotto i tabelloni. Solo un caso di omonimia tra i due. Il primo è una leggenda, il secondo era chiamato “tre secondi” per i due punti dello storico successo messi a segno nell'area dei tre secondi, azione ripetuta tre volte.

Belov aveva anche fatto fallo su un americano, commettendo anche un'infrazione di passi. Insomma, canestro non regolamentare ma passato in giudicato dalla storia, come il gol di mano di Diego Armando Maradona contro l'Inghilterra a Messico 1986 oppure la rete inglese (palla giudicata oltre la linea, in realtà fuori) dell'Inghilterra contro la Germania Ovest alla finale dei Mondiali 1974.

In comune i due Belov hanno anche il giorno della morte: il 3 ottobre. Ma Aleksandr moriva presto, troppo presto per raccogliere nei decenni successivi, la gloria per il successo sovietico sugli americani. Perché sarà quel successo, assieme a quello subito dall'Urss di Arvydas Sabonis in semifinale alle Olimpiadi di Seul 1988 a convincere gli Stati Uniti a mettere in campo gli assi della Nba.

Lui era già scomparso sei anni dopo l'impresa di Monaco, ad appena 26 anni. Una rara forma di tumore cardiaco, un angiosarcoma, lo portava via, anche se all'epoca l'agenzia sovietica Tass non rendeva note le cause del decesso.

Un vero mistero, anche perché l'eroe nazionale che aveva fatto saltare i nervi agli americani, che sul podio di Monaco mandarono solo alcuni delegati, moriva in carcere: arrestato poco prima con l'accusa di aver contrabbandato jeans americani. Un'accusa che gli era stata rivolta anche durante la visita ai Pheonix Suns nel 1969 (Urss in America per una tourneè contro le giovanili delle franchigie Nba) e in Italia nel 1977 (contrabbando di icone religiose).

Ma alle spalle, riferivano le fonti dell'epoca, c'era altro. Ovvero, l'Nba, il campionato dei professionisti americani: i Boston Celtics di Red Auerbach, il sigaro più famoso degli Usa, volevano ingaggiare Belov, sfilandolo al campionato sovietico. Un vero smacco per il Pcus, con il comitato centrale che impiegò solo un secondo a respingere il sogno del gigante russo. 

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