Attenti ai vicini!

Come i genitori, non si possono scegliere. E possono rappresentare una nuova amicizia o l'inizio di una guerra. Ecco i "rapporti di buon vicinato" tra Mosca e Roma
 
Niva Mirakyan
(Archivio personale)

Per cominciare, devo osservare che a Mosca i rapporti tra i vicini di casa non sono così raffinati come in Italia. In Russia è tutto molto più semplice e prosaico: forse le persone sono diverse, o forse le usanze; non saprei dirlo con certezza. Non è che a Mosca nessuno tocchi i nuovi vicini, ma sono in pochi ad accorgersi del loro arrivo nel palazzo (probabilmente per via del ritmo forsennato della vita quotidiana) o a darsene cura. Ci si ricorda di loro forse solo quando entra in gioco il posto auto condominiale: nella maggior parte dei cortili russi non ci sono ancora norme precise su come parcheggiare le auto, ma chi abita nel palazzo da più tempo ritiene giustamente di avere un diritto prioritario. Ed ecco quindi che, se - Dio non voglia - i nuovi affittuari o proprietari di un appartamento appena trasferitisi nel palazzo decidono di occupare il posto auto abituale di qualcun altro, il conflitto diventa inevitabile. E per l'intensità delle passioni questo conflitto può superare di gran lunga qualsiasi resa dei conti, anche la più emotiva, tra i vicini di casa del Bel Paese. Pertanto, il mio personale consiglio è di cercare di evitare lo scontro.


Foto: PhotoXPress

Anche in Italia vi sono delle peculiarità nei rapporti che non a tutti i russi è dato comprendere, e tanto meno accettare. Benché io viva in Italia relativamente da poco, ho già avuto la "fortuna" di sperimentare una full immersion nella vita di un autentico condominio italiano. Fortunatamente, nei primi anni in cui abbiamo affittato un appartamento a Roma, il mio coinvolgimento in questo tipo di "organizzazione" si limitava al fatto di presenziare alle assemblee di condominio e all'abitudine di salutare senza impegno i vicini di casa: a dire il vero, non li conoscevo nemmeno tutti per nome. 

Insomma, vivevamo tranquilli: nessuno ci disturbava senza che ve ne fosse particolare motivo, perché i vicini ci consideravano degli inquilini temporanei. La nostra vita cambiò radicalmente quando acquistammo un'abitazione: a quel punto, come si suol dire, non c'è più via di scampo. Lo status di proprietario "appena sfornato" di un appartamento all'inizio ti addossa tutta una serie di obblighi e ti causa non pochi incomodi.  Per integrarsi nella struttura, ormai consolidatasi da tempo, che porta il terribile nome di "condominio", bisogna munirsi di una pazienza fuori dal comune. Forse qualcuno ci riesce subito, ma nel mio caso ho dovuto faticosamente dimostrare ai vicini che ero nel giusto.      

Capita che nel nostro palazzo tutto sia regolato quasi come nell'esercito: i "vecchietti" (ossia le persone che abitano nello stabile da più tempo) stabiliscono le norme scritte e anche quelle non scritte per i "novellini-forestieri" come noi. Tra l'altro, anche i metodi sono simili a quelli in uso nell'esercito: ad esempio, nel nostro palazzo la gente va in "ricognizione". Per dirla con parole più chiare, siamo stati "messi alla prova" sul serio. Dopo averci consentito amabilmente di ambientarci un po' nella casa nuova, i nostri vicini del piano di sotto (una coppia di anziani), in collaborazione con quelli che abitano esattamente sopra al nostro appartamento (e la leader, per quanto possa sembrare strano, è stata una mamma di due bambini) hanno promosso una vera e propria campagna in grande stile per portarci sull'orlo di una crisi di nervi. 

Ogni benedetta sera i vicini del piano di sopra cominciavano a spostare i mobili da una parte all'altra della casa. Nello stesso momento, suonavano minacciosamente il nostro campanello i vicini di sotto, ai quali, secondo tutte le leggi della fisica, per quanto sottili possano essere i muri, quei rumori non potevano in nessun modo arrivare, e ci accusavano in maniera assurda di produrre rumori molesti e di violare il regolamento del condominio. Si erano talmente appassionati a questo "gioco" quotidiano (li si può anche capire: finalmente nel palazzo erano arrivati dei nuovi bersagli su cui poter fare esperimenti a loro piacimento), che non si erano nemmeno accorti del fatto che io ero incinta di molti mesi e non avevo nessuna voglia di discutere con loro.

Non voglio approfittare del vostro tempo, dirò solo che tutto questo è andato avanti finché noi, esaurite le vie diplomatiche, non abbiamo trovato il modo di difenderci dai nostri aggressori, facendo capire loro che anche noi non abbiamo paura di nulla. Abbiamo deciso di coinvolgere dei mediatori, chiamando degli altri vicini che non avevano interessi in questo conflitto, e abbiamo proposto loro di "deporre le armi" e chiamare degli arbitri imparziali (i carabinieri), che avrebbero stabilito chi aveva ragione e chi non aveva niente di meglio da fare che "confondere le acque". Inutile dire che dopo questo annuncio ogni reclamo nei nostri confronti è venuto a cadere; da quel momento nessuno ha più trascinato i mobili per la casa di notte né ci ha più accusato di essere stati noi a farlo.

Vedendo che noi non avevamo intenzione di "venire alle mani", ma di risolvere le questioni in modo pacifico e conforme alla legge, i nostri arzilli vicini, che a quanto pare hanno un sacco di tempo libero, alla fine hanno perso interesse nella faccenda. Non solo, ma dopo questo episodio e dopo la nostra ferma reazione, mi è sembrato che quelli che solo ieri erano nostri "nemici" abbiano addirittura cominciato a provare nei nostri confronti rispetto e simpatia. Insomma, pur se con qualche difficoltà, alla fine siamo riusciti a farci ammettere nel condominio. E non poteva essere altrimenti: gli italiani, benché siano naturalmente un popolo emotivo, non sono affatto rancorosi né tanto meno cattivi. Ripensando a questa storia oggi, con uno sguardo nuovo, sono giunta alla conclusione che i vicini di casa volevano solo conoscerci meglio e in maniera più approfondita, anche se con un metodo poco ortodosso.  

A onor del vero, devo dire che per fortuna non a tutti capita di dover ricevere il "battesimo del fuoco" come è successo a noi. Il mio caso, probabilmente, è piuttosto un'eccezione che non la regola. Io, ad esempio, ho molti conoscenti russi che non solo non hanno mai avuto dissapori con i loro vicini italiani, ma anzi tra le loro famiglie e quelle dei vicini è nata una stretta amicizia: affidano i propri figli alla loro sorveglianza, vanno a mangiare insieme al ristorante o in qualche locale, trascorrono le serate e le vacanze insieme. Pertanto, tutto dipende dal singolo caso: qualcuno è più fortunato, qualcuno un po' meno...

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