Aleksandr Tikhonov (Foto: Dmitri Donskoj / Ria Novosti)
Per un chilometro su un solo sci, alle Olimpiadi invernali. L’altro era andato in mille pezzi. A Sapporo, Giappone, interrompendo la sua frazione di gara che avrebbe con ogni probabilità dominato, con avversari in gara superati quasi corresse in moto.
Aleksandr Tikhonov è tra i più grandi sportivi sovietici degli anni Settanta. Un mito del biathlon, sport invernale - tiro a segno con carabina più sci di fondo - di potenza e resistenza, che spesso è costretto a cedere le prime pagine olimpiche allo sci alpino.
Ai Giochi nipponici, la copertina invece spettava a lui. Che aveva vinto con l’Urss la medaglia d’oro nella staffetta, quattro anni prima, Giochi di Grenoble, centrando anche l’argento, 20enne, nella gara individuale. L’oro, vinto dal norvegese Magne Solberg svaniva per appena mezzo millimetro, dopo una penalità di due minuti. A Sapporo, dopo la rottura dello sci, senza l’aiuto dei compagni di squadra o degli allenatori sovietici, l’incredibile sforzo su un solo attrezzo, prima che il tedesco della Ddr – avversaria storica dell’Urss per l’oro –, Dieter Speer, gli passasse il suo sci di riserva. Uno dei dieci gesti di sportività olimpica da ricordare in tutte le edizioni, una riedizione sulla neve della famosa borraccia che si scambiarono Fausto Coppi e Gino Bartali al Tour de France 1952.
Lo sci era però scomodo per Tikhonov. Che rimontava lo stesso. Riagguantando il gruppo dei migliori, giungendo nono alla fine della sua frazione.
Un concentrato di ginseng per i suoi compagni. Rinat Safin, Ivan Byakov, Viktor Mamatov, altri fuoriclasse che portavano l’Unione Sovietica di nuovo sul gradino più alto del podio. Per i tedeschi benefattori, c’era il bronzo. La parabola di Tikhonov, un campione dello sci in gioventù poi prestato con successo al biathlon, continuava nelle due edizioni successive dei Giochi olimpici. Oro a Innsbruck 1976, stesso risultato a Lake Placid 1980. Un successo che valeva doppio, in casa degli americani, dopo esser scelto come portabandiera dell’Urss.
Dopo la delusione nella prova individuale non disputata, i 20 chilometri, che avrebbe corso da favorito, saltata per volere dei tecnici per un febbrone che non lo escludeva dalla staffetta. E da un nuovo successo. Assieme alle cinque medaglie olimpiche vinte in carriera, anche undici titoli mondiali. Il fenomeno di un gruppo di atleti che hanno dominato la scena del biathlon dal 1968 al 1980.
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