La lotta torna sport olimpico, la Russia gioisce sognando un altro Medved

Il campione di lotta libera Aleksandr Medved (Foto: Doliagyn / Ria Novosti)

Il campione di lotta libera Aleksandr Medved (Foto: Doliagyn / Ria Novosti)

Il Cio ha reintrodotto la disciplina ai Giochi 2020 e 2024. L'occasione per far rivivere le gesta di uno tra i più grandi atleti sovietici della storia

Una sola sconfitta in dieci anni, dal 1962 al 1972. In mezzo, tre medaglie d’oro olimpiche, assieme a sette titoli mondiali e tre europei. E un posto d’eccezione tra i più grandi atleti sovietici della storia. E, a Buenos Aires, il Cio ha reso ufficiale la presenza della lotta tra le discipline a cinque cerchi ai Giochi di Tokyo 2020 e i successivi del 2024.

Una decisione accolta con grande soddisfazione in Russia, che nei decenni precedenti ha collezionato una serie impressionante di campioni, tra cui Aleksandr Medved. Un altro orso, quasi imbattibile nella lotta libera, che ha preceduto di 25 anni per fama Aleksandr Karelin (il siberiano della “Karelin lift”, la mossa dell’ascensore, con l’avversario sollevato da terra, lanciato in aria e poi sbattuto sul tappeto), imbattuto nella lotta greco romana dal 1987 al 2000.

Una carriera fulminante, quella di Medved. A 19 anni, nel 1956, cominciava a far sul serio con il wrestling, mentre serviva l’Esercito sovietico. Otto anni dopo, alle Olimpiadi di Tokyo, saliva sul gradino più alto del podio, categoria pesi massimi leggeri. A Città del Messico 1968, Medved era in gara tra i pesi massimi. Altra medaglia d’oro. In finale contro il tedesco Wilfried Dietrich, il sovietico aveva un dito slogato. Che rimetteva “al suo posto” da solo, senza l’aiuto di un medico, senza spray anestetico.

Medved diventava un idolo nazionale, al punto da essere scelto come portabandiera dell’Unione Sovietica ai Giochi di Monaco 1972. Le Olimpiadi del terrore. Sul tappeto tra i pesi supermassimi, nonostante non andasse oltre i 105 chilogrammi, superava in finale, tra le proteste americane per l’arbitraggio, Chris Taylor, gigante da oltre centonovanta chili. Altro oro, con bacio al tappeto tedesco.

Il fuoriclasse sovietico diventava un mito. Ambito anche dalle leghe americane di wrestling, che gli offrivano ricchi contratti per combattere negli incontri-finzione che tanti spettatori richiamavano dall’altra parte dell’Atlantico.

La relazione diplomatica tra Urss e Usa era incandescente anche per il contestatissimo oro sovietico nel basket, che costava l’imbattibilità agli statunitensi. Quindi il salto del lottatore negli Usa era improbabile.

Ma Medved diceva no agli americani, a prescindere. Spiegando che “lì ci sono molti milionari ma nell’Urss c’è un solo Medved”.  

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