Il concerto per il 20mo anniversario del gruppo Tarakani (Foto: PhotoXpress)
Hanno una reputazione precisa, netta, definita. Che li vuole vittima e dispensatori di nichilismo e cinismo. Un’eredità che arriva dalla Londra del 1977. E che si trasmette di generazione in generazione, di Paese in Paese attraverso tre accordi ripetuti all’infinito e sostenuti da chitarre distorte, una sezione ritmica infiammata e da parole urlate e dissacranti. In una parola: Punk.
Non solo un genere musicale. Ma un movimento che dall’Inghilterra si è diffuso su tutto il globo. È che in Urss prima e in Russia poi ha sempre trovato terreno fertile per svilupparsi. Perché sia durante il regime sovietico sia durante gli ultimi anni di vita della Federazione, la “dissidenza”, la protesta, ha avuto nei gruppi punk i propri portavoce.
E il caso della preghiera punk delle Pussy Riot è solo l’ultimo atto. Dal quale partiamo per proporre ai lettori di Russia Oggi una sorta di carta topografica del movimento punk russo. Attraverso cinque gruppi.
Pussy Riot. Sono sulle prime pagine dei giornali da quasi un anno. Da quando, il 21 febbraio del 2012, la loro preghiera punk risuonò nella cattedrale del Cristo Salvatore a Mosca. Poi la denuncia, la condanna ad agosto e la solidarietà da parte di numerosi artisti internazionali.
E la musica? Le tre punk di Mosca hanno realizzato solo sette canzoni e cinque video. Ma in tanti scommettono su un debutto internazionale appena fuori dal carcere.
Korol i Shut. Il gruppo originario di San Pietroburgo, dove si è formato alla fine degli anni ’80, da voce nella Federazione al lato più gotico e dark del punk. Si definiscono, infatti, un gruppo “horror”. Pirati, fantasmi, vampire, personaggi dalla mitologia slava. Tutto declinato insieme nel nome di uno spettacolo che non ha nulla da invidiare a quello delle band occidentali dello stesso genere.
Tarakani. Ovvero il punk classico. Quello che va dai Sex Pistols ai Bad Religion. Ottocento concerti e nove album solo nei primi nove anni della loro carriera. Un percorso iniziato proprio in concomitanza con la dissoluzione dell’Unione Sovietica. La svolta nel 2003, quando il loro tour da tutto esaurito nella Federazione si conclude con tre date alle quali partecipa Marky Ramone, il batterista dei Ramones.
Distemper. Qui invece troviamo la parte esotica del punk, quella che vive dell’intreccio con i ritmi sudamericani e caraibici. E i Distemper sono i profeti dello ska nella Federazione. Con molto successo anche al di là dei confini della Russia. Oltre 20 dischi e centinaia di concerti tra Europa e Stati Uniti. Da ricordare la loro divisa d’ordinanza: pantaloncini e camicine a quadretti rossi e verdi.
Leningrad. Più che un gruppo, un collettivo. Quattordici membri, una trama musicale arricchita da fiati e tastiere. Ma l’anima punk è salvata dallo stile e dall’attitudine: sperimentare sempre e comunque. E, ovviamente, provocare sempre e comunque. “Le nostre canzoni? Parlano del lato buono della vita: vodka e donne”, ha dichiarato il cantante Sergei Shnurov.
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