Zhanna Nemtsova, figlia di Boris Nemtsov, esponente politico dell’opposizione, ucciso nel febbraio 2015 (Foto: EPA)
Zhanna Nemtsova, figlia di Boris Nemtsov, ha lasciato il paese. La scelta di abbandonare la Russia da parte di Zhanna, che ora dovrebbe trovarsi in un paese europeo, è stata confermata dall’avvocato della famiglia Nemtsov, Vadim Prokhorov. Delle minacce ricevute Zhanna aveva parlato in un’intervista rilasciata al giornale britannico Times. “Smetta d’impicciarsi della politica, se vuole continuare a vivere una vita normale! Non solo in Russia, ma dappertutto! Suo padre ha combinato già abbastanza guai da farsi odiare da 139 milioni di russi”. Sarebbe questa una delle minacce inviate alla Nemtsova attraverso internet, riportata da Times.
Zhanna ha dichiarato al giornale, che dopo l'assassinio del padre “la situazione [in Russia] ha cominciato a peggiorare a un ritmo molto rapido” e ha citato il caso dell’amico del padre, il giornalista Vladimir Kara-Murza junior, che versa ora in gravi condizioni in ospedale. A detta della Nemtsova, potrebbe essere stato avvelenato. Al tempo stesso, di recente, il tossicologo occidentale Pascal Kintz, come è stato riferito dai media, ha parzialmente confermato la diagnosi delle autorità russe, dichiarando che il peggioramento della salute del giornalista sarebbe dovuto all’assunzione di preparati antiallergici combinati con altri farmaci.
La decisione
Il legale, spiegando a Rbth i motivi della decisione di Zhanna, ha dichiarato che “il clima [intorno alla sua cliente] è carico di tensione”. Oltre al caso di Kara-Murza, Prokhorov ha menzionato quello del presidente della Cecenia Ramzan Kadyrov – dei ceceni erano stati fermati come sospetti per l’assassinio di Nemtsov – sottolineando che “non ha ricevuto nessuna convocazione per l’interrogatorio, ma solo altre onorificenze e medaglie”, mentre i colleghi del politico scomparso, Aleksey Navalnyi e Mikhail Kasyanov, “diventano bersaglio di uova, se non di lacrimogeni”. Un gruppo di persone, che aveva alzato un cartello con il ritratto dell’oppositore politico sullo sfondo della bandiera americana, ha colpito con lanci di uova il politico Aleksey Navalnyi il 7 giugno, prima dell’inizio della sua conferenza stampa che si svolgeva a Novosibirsk.
Secondo Prokhorov, tutto ciò indurrebbe a pensare che nel paese si sta mettendo in atto “una politica del terrore” voluta dalle autorità russe. La stessa Zhanna poco tempo fa aveva attribuito al Cremlino la “responsabilità politica” dell’assassinio del padre. In un articolo, comparso il 9 giugno sul giornale russo Vedomosti, la Nemtsova aveva concretizzato le sue accuse contro le autorità russe incolpando “la cricca statale di attuare un massiccio lavaggio dei cervelli, avvelenando progressivamente l’intera popolazione” e così di “propagandare l’odio”. Inoltre, aveva paragonato i giornalisti russi dei mass media statali agli “istigatori dei genocidi etnici in Ruanda” e ai “propagandisti nazisti”.
Delle accuse infondate
Al tempo stesso, il politologo Aleksey Zudin, membro della commissione di esperti dell’Istituto di Scienze sociali, politiche, economiche, ritiene improbabile che tali accuse si possano ritenere fondate. A detta dell’esperto, si tratterebbe di “analisi stereotipate radicate tra i rappresentanti dell’opposizione antisistema” Il politologo rileva, che analizzando la retorica utilizzata dall’opposizione nei social network, emerge di frequente che dai suoi adepti viene alimentato un evidente “clima d’odio”. Inoltre, l’analista nega che tra i sostenitori delle autorità russe attuali, che sono la maggioranza della popolazione russa, l’ostilità e l’odio siano così diffusi. Il politologo cita le ricerche sociologiche degli ultimi anni che, a suo avviso, risultano a tale riguardo delle testimonianze eloquenti. Zudin ritiene che la partenza di Zhanna potrebbe essere legata a due ordini di fattori: “Non è riuscita ad affrontare le difficoltà che l’hanno travolta dopo l’uccisione del padre […] oppure ha deciso di cambiare lavoro” afferma il politologo.
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