Il ministro russo degli Esteri Sergei Lavrov intervistato da RBTH e Rossiyskaya Gazeta (Foto: Olseya Kurpyaeva / RG)
Il capo del Ministero degli Affari Esteri Sergei Lavrov ha risposto alle domande di RBTH e Rossiyskaya Gazeta.
Gli Stati Uniti stanno davvero facendo pressione sull'Europa?
La pressione da parte degli Stati Uniti è indubbiamente forte... Nondimeno, sono convinto che la consapevolezza dell'Unione Europea di trovarsi in un vicolo cieco si stia rafforzando. La cosa più importante è che ora abbiamo il documento di Minsk, al quale possiamo fare ricorso ogni volta che qualcuno pretenda da noi di intraprendere certe iniziative. Leggete il testo degli accordi di Minsk: il controllo ai confini deve essere insediato solo al termine del processo. Si dimenticano che Kiev semplicemente è tenuta ad attuare la legge sullo status speciale e invece di rispettare questo punto, rigirano la situazione, parlando non di status speciale bensì di occupazione: in altri termini non si spiega il proseguimento dell'isolamento economico del Donbass.
A giudicare dalle comunicazioni trasmesse dal Donbass, Kiev non sta attuando in pieno gli accordi di Minsk... Tuttavia, la Russia considera il Presidente Petro Poroshenko uno dei più affidabili negoziatori in Ucraina?
Lui è il Presidente e per questo bisogna sostenerlo.
A volte sembra che Poroshenko faccia manovre fra Europa e America.
In un certo senso sì, ma questo gli serve affinché gli americani non prendano a lavorare contro di lui. Tuttavia, quando Petr Alekseevich Poroshenko parla al telefono con il Presidente della Russia Vladimir Vladimirovich Putin, o in occasione, ad esempio, dei colloqui in “formato normanno” cerca di essere pragmatico e di risolvere alcune questioni.
Quale futuro, secondo il Suo punto di vista, si presenterà alle Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk?
Su tutti i livelli, per bocca del Presidente della Russia, in tutti i formati, noi siamo affinché le repubbliche popolari diventino parte dell'Ucraina. Quest'ultime adesso hanno presentato il proprio progetto costituzionale. Lì si parla esattamente di quello status previsto dagli accordi di Minsk: le repubbliche saranno parte dell'Ucraina e in seguito ci sarà una riforma costituzionale atta a riconfermare questo status su base permanente. Lì sta scritto che cosa si intenda per decentralizzazione. Per di più, a Minsk, questo documento è stato firmato dalla cancelliera tedesca A. Merkel e dal Presidente francese F. Hollande.
È significativo il fatto che il segretario di stato americano John Kerry a Sochi non abbia nominato neppure una volta la Crimea né fatto cenno all'accettazione dell'evoluzione della situazione?
Non solo alla conferenza stampa finale, ma neppure nel corso dei colloqui con me e Vladimir Vladimirovich Putin il tema della Crimea non è stato toccato. Tiri Lei le conclusioni.
La decisione della Francia di non venderci i “Mistral” assomiglia a uno scherzo grottesco.
Lasci che restituiscano i soldi. Ora, come vede, hanno già cominciato a trattare.
Ora molti seguono il prezzo del petrolio. Qual è la Sua opinione, il crollo dei prezzi del petrolio non è un complotto degli americani che operano insieme all'Arabia Saudita?
Non penso. Vede, qui è in gioco una serie di fattori: gli americani si sarebbero messi a investire tanti soldi nella lavorazione del gas di scisto, con tutti i rischi ecologici che comporta, al solo scopo di umiliarci? Voglio dire, così facendo anche per se stessi non fanno certo una cosa molto positiva: caduto il prezzo del petrolio, la maggior parte dei giacimenti di gas di scisto in USA hanno cessato di esere redditizi. Supponiamo anche che l'amministrazione americana abbia detto alle proprie compagnie private che si occupano della lavorazione di queste risorse: “Colleghi, ne risenterete fortemente, ma portate pazienza”. Io non penso proprio.
È lievemente rallentata la crescita della Cina (e per l'economia cinese l'1% è perfino troppo) e questo ha dato le sue immediate conseguenze. I sauditi non vogliono abbassare né le estrazioni di greggio, né l'export, anche se stanno già soffrendo, sono già in deficit di budget, se si tengono in considerazione i piani abnormi dell'Arabia Saudita. Loro però non vogliono diminuire le estrazioni per una semplice ragione: se loro lasciano il mercato, qualcun altro prenderà il loro posto. A loro questo non piace.
Io non penso che qui vi sia un complotto. Anche se, certamente, alcuni la mettono in modo tale che pare che la Russia abbia una piattaforma petrolifera sotto i piedi. Io però qui non sarei a sostegno della teoria del complotto.
Il testo è stato pubblicato in versione ridotta. La versione integrale è consultabile qui
Tutti i diritti riservati da Rossiyskaya Gazeta
Iscriviti
alla nostra newsletter!
Ricevi il meglio delle nostre storie ogni settimana direttamente sulla tua email