Ucraina: il caso Nemtsov e quel dossier che fa discutere

Il rapporto “Putin. La guerra”, dedicato alla questione ucraina, presentato a Mosca (Foto: AP)

Il rapporto “Putin. La guerra”, dedicato alla questione ucraina, presentato a Mosca (Foto: AP)

I compagni di partito dell’esponente dell’opposizione, assassinato nel febbraio scorso, hanno pubblicato il rapporto “Putin. La guerra”, sulla presunta ingerenza militare russa nel conflitto ucraino. Ma gli esperti ritengono che il documento nella Federazione passerà inosservato

I compagni di partito di Boris Nemtsov, l’ex leader dell’opposizione ed ex primo viceministro della Federazione Russa assassinato lo scorso febbraio, hanno pubblicato il 12 maggio il rapporto "Putin. La guerra" sull’ingerenza russa nel sud-est ucraino. A detta dei suoi colleghi e amici, che hanno chiesto l’apertuira dell’inchiesta, il contenuto delle informazioni raccolte potrebbe essere stato la causa dell’uccisione di Nemtsov

Un rapporto che non fa scalpore

“Il rapporto non contiene nessuna scoperta sensazionale”, ha tenuto a precisare fin dall’inizio Mikhail Kasyanov, presidente della formazione extraparlamentare di opposizione Partito repubblicano della Russia-Partito della libertà popolare, ma “potrà aiutare la gente a capire ciò che sta accadendo”. 

Il testo stesso consiste in un collage di testimonianze già pubblicate in precedenza da fonti accessibili (principalmente dai media) che raccontano del modo in cui reparti regolari dell’esercito russo avrebbero garantito il loro sostegno ai separatisti nel sud-est dell’Ucraina. Per esempio, i soldati sarebbero stati invitati a lasciare il servizio per diventare “volontari”; a occuparsi del loro trasferimento nel Donbass sarebbero state poi organizzazioni fedeli al Cremlino.

Come si legge nel rapporto, le stesse associazioni finanziavano anche volontari russi veri, vale a dire ex militari e fuoriusciti degli apparati di sicurezza ceceni. La paga media, assicurano gli autori del rapporto, ammontava a 60mila rubli (1.200 dollari) al mese (a fronte di uno stipendio medio mensile russo, che secondo le stime del Ministero dello Sviluppo econonomico, fino al gennaio 2015 si aggirrerebbe intorno ai 31.200 rubli, vale a dire 620 dollari). 

Un elemento compromettente, a detta degli autori, sarebbe quello legato alla tecnologia militare. In particolare, al sistema di lanciarazzi multipli Tornado-S, che secondo gli accordi di Minsk, i ribelli separatisti dovrebbero tenere lontano dalla linea di demarcazione fissata. “Questo sistema di produzione russa non è stato destinato all’esportazione, essendo una tecnologia esclusiva”, ha osservato Yashin durante la presentazione del documento.

 
Come cambia il quadro politico

Secondo i calcoli del co-autore del rapporto, l’ex vicepresidente del consiglio di amministrazione della Banca Centrale della Federazione Russa, nonché direttore del dipartimento di Studi di macroeconomia dell’Alta Scuola di Economia di Mosca, durante i 10 mesi del conflitto sarebbero stati spesi solo per i “volontari” 46 miliardi rubli (9.200.000 dollari).

Come ha spiegato in un'intervista a Rbth Ilya Yashin, membro del Consiglio politico del Partito repubblicano di Russia-Partito della libertà popolare, molte informazioni non documentate si sono dovute eliminare”. “Tuttavia, sono stati pubblicati dei dati che corrispondono alla realtà e che sono stati verificati da varie fonti”, ha aggiunto.

Un’azione pianificata

A detta degli autori del rapporto, lo scenario dell'adesione della Crimea alla Russia sarebbe stato pianificato con cura dalle autorità russe fin dall’estate del 2013, quando l’indice di gradimento del Presidente Putin aveva cominciato a calare. Da quanto si legge nel rapporto, le autorità russe avrebbero deciso fin dall’inizio di colpire l’economia ucraina attraverso le continue guerre del “gas”, l’introduzione e l’annullamento dell’embargo sui prodotti alimentari, la concessione da parte delle banche russe di prestiti vantaggiosi al di fuori delle condizioni di mercato ad imprenditori della Crimea, ecc. “La rivoluzione di Kiev e la fuga dal paese del Presidente Yanukovich (…) hanno creato le condizioni ideali per una serie di azioni da parte del Cremlino mirate alla secessione della Crimea”, conclude il documento.

Tuttavia, Yashin ritiene che Putin non abbia mai pianificato l’annessione del Donbass. A suo avviso, il Donbass è diventato uno strumento di pressione su Kiev e sui paesi occidentali. Durante la tregua Putin, a detta di Yashin, potrebbe ottenere il riconoscimento della Crimea come territorio facente parte della compagine russa e l’annullamento delle sanzioni. 

Troppo tardi

Per ora il rapporto è stato stampato con una tiratura di 2.000 copie e pubblicato in internet. Gli autori stanno già raccogliendo del denaro per delle ristampe e ritengono di poter raggiungere un pubblico assai vasto all’interno del paese. 

Nella realtà russa il rapporto "Putin. La guerra" passerà quasi inosservato, ha dichiarato in un’intervista a Rbth Konstantin Kalachev, coordinatore dell’associazione “Politologi indipendenti”. La ragione starebbe nella pubblicazione avvenuta troppo in ritardo, ritiene l’esperto. A suo avviso, i russi sarebbero un po’ saturi della questione ucraina, ed è probabile che il rapporto susciti maggiore attenzione oltreconfine.

“È ingenuo pensare che la gente possa radicalmente cambiare la propria posizione dopo averlo letto”, ritiene Leonid Polyakov, docente del Dipartimento di Scienze politiche dell’Alta Scuola di Economia di Mosca, fedele alla linea dell’autorità vigente. A suo avviso, il rapporto di  alcuni esponenti dell’opposizione, sullo sfondo del vasto flusso di informazioni in cui si afferma tutto il contrario, appare assai poco convincente. Di fronte al rapporto resteranno indifferenti anche le stesse autorità, ritiene Polyakov. “La nostra posizione è nota e non la cambieremo. In Ucraina non ci sono militari russi e non è il caso di giustificarsi ogni volta che ci vengono mosse delle accuse”, sostiene Polyakov.

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