Un soldato ucraino nella città di Avdiivka, in Ucraina, 10 febbraio 2017.
: ReutersUn soldato ucraino nella città di Avdiivka, in Ucraina. 10 febbraio 2017. Fonte: Reuters
Il conflitto nell’Est dell’Ucraina va avanti da quasi tre anni. A volte sembra spegnersi, ma poi torna a divampare. Malgrado gli sforzi dei Paesi mediatori, inclusa la Russia, non si riesce a trovare una soluzione diplomatica. Rbth cerca di fare chiarezza su ciò che sta accadendo in quella zona.
1. Cosa sta accadendo?
Dal 7 aprile 2014 nell’Est dell’Ucraina è in corso una guerra civile nella quale l’esercito ucraino combatte contro le forze delle autoproclamate repubbliche popolari di Donetsk e di Lugansk (Rpd e Rpl). Intensi combattimenti si sono svolti fino alla firma degli accordi di Minsk il 12 febbraio 2015, quando è entrato in vigore il cessate il fuoco, ma i bombardamenti da entrambe le parti si susseguono anche ora.
Periodicamente la situazione si fa incandescente: così alla fine di gennaio sono ripresi i combattimenti che hanno provocato decine di caduti. Il numero complessivo delle vittime della guerra nell’Est dell’Ucraina ammonterebbe, secondo le stime dell’Onu, almeno a 9.800 morti. Questa cifra comprende combattenti, civili e le 298 vittime del Boeing 777 che si è schiantato il 17 luglio (abbattuto mentre sorvolava la regione di Donetsk; tutte le vittime erano straniere e le parti belligeranti negano qualunque responsabilità).
2. Perché è cominciato il conflitto?
L’Ucraina Orientale confina con la Russia e la maggioranza della sua popolazione è russofona. Inoltre, nel bacino carbonifero di Donetsk (il Donbass), ora controllato in massima parte dalle autoproclamate repubbliche, sono concentrate le maggiori riserve di carbone e la regione è ritenuta una delle più sviluppate a livello economico dell’Ucraina.
Dopo i fatti del febbraio 2014 quando a Kiev le forze dell’opposizione hanno spodestato il Presidente Viktor Yanukovich, le regioni orientali dell’Ucraina sono state travolte dai tumulti. I residenti temevano che il nuovo governo avrebbero attuato una politica di nazionalizzazione, proibendo la lingua russa. A rendere ancora più incandescente la situazione ha contribuito il referendum che si è svolto in Crimea il 16 marzo 2014 il cui esito è stata l'adesione della penisola alla Russia.
I manifestanti, che a Donetsk e Lugansk avevano occupato le sedi amministrative, il 7 aprile 2014 hanno proclamato l’istituzione della Repubblica popolare di Donetsk e della Repubblica popolare di Lugansk. La reazione di Kiev è stata quella di dare il via alle operazioni antiterroristiche (è questa la definizione che l’Ucraina dà tuttora del conflitto nel Donbass). Hanno avuto inizio gli scontri armati, che si sono intensificati di settimana in settimana. Nell’estate del 2014 le parti hanno cominciato a usare mezzi dell’artiglieria, dell’aviazione e della difesa antiaerea.
Fonte: Rbth
3. Come vedono il conflitto l’Ucraina e i separatisti?
Da un lato la retorica su entrambi i fronti sembra non placarsi. Kiev bolla la Rpd e la Rpl come organizzazioni terroristiche, mentre le repubbliche accusano le autorità ucraine di genocidio della popolazione russofona e di nazismo.
Dall’altro, le repubbliche continuano a intrattenere col resto dell’Ucraina stretti rapporti commerciali: il Donbass rifornisce l’Ucraina di carbone, e le imprese localizzate nella Rpd e nella Rpl pagano le imposte a Kiev. Secondo i dati in possesso del Servizio di sicurezza dell’Ucraina (Sbu) nel 2016 al bilancio pubblico ucraino sarebbero pervenute 31.640.781.000 grivne (1.172.532.634 dollari) dai territori dei separatisti.
“Il paradosso di questa guerra sta nel fatto che, indipendentemente dal suo stadio – incandescente o freddo che sia – le relazioni economiche dei separatisti col resto dell’Ucraina non si sono mai interrotte”, afferma il giornalista Viktor Loshak. Come rileva Loshak, l’economia continua in generale a funzionare malgrado le morti su entrambi i fronti dal momento che i territori sotto il controllo della Rpd e della Rpl e il resto dell’Ucraina sono unite da un legame di interdipendenza troppo stretto.
4. La Russia e l’Occidente partecipano al conflitto?
La posizione ufficiale della Russia sulla crisi ucraina è stata espressa nel dicembre 2014 dal primo ministro Dmitrij Mevedev: la Crimea è Russia, mentre il Donbass è Ucraina. I russi che combattono con le repubbliche autoproclamate, hanno raggiunto il Donbass autonomamente: questo dato è stato ripetutamente ribadito sia dal Ministero della Difesa che dal Cremlino. Mosca non riconosce né la Repubblica popolare di Donetsk, né la Repubblica popolare di Lugansk.
Al contempo però la Russia fornisce aiuti umanitari alle due repubbliche e non risparmia le critiche a Kiev. Nella fase d’inasprimento del conflitto a gennaio Vladimir Putin ha accusato dell’escalation l’Ucraina che cerca di “atteggiarsi a vittima” per strappare denaro ai creditori internazionali.
L’Occidente a sua volta accusa la Russia di fomentare il conflitto e appoggia le autorità di Kiev. Gli eserciti dei Paesi europei e degli Stati Uniti non partecipano al conflitto nel Donbass, ma nelle fasi più intense delle azioni militari combattevano nel territorio parecchie decine di stranieri volontari e perdipiù su entrambi i fronti.
5. Come si cerca di riconciliare le parti in conflitto?
Nell’autunno 2014 e nell’inverno 2015 sono stati sottoscritti i due accordi di Minsk che prevedono una risoluzione pacifica della crisi. A promuoverli sono stati Russia, Ucraina, Francia e Germania.
In base alle clausole degli accordi, dopo il ritiro delle truppe e il cessate il fuoco, l’Ucraina deve attuare una riforma costituzionale e proclamare un’amnistia per i separatisti. Dopo di che i territori della Rpd e della Rpl tornerebbero sotto il suo controllo con l’integrazione delle strutture di potere. Ciò non è accaduto e gli accordi di Minsk si sono bloccati allo stadio del cessate il fuoco.
6. Perché ciò che sta avvenendo nel Donbass è importante anche per il resto del mondo?
Vladimir Evseev, vice direttore dell’Istituto di ricerca sui paesi della Csi, rammenta che il conflitto ucraino è attualmente il maggiore conflitto armato europeo.
“Se non si riesce a trovare una soluzione a questa crisi, inevitabilmente l’Europa ne sarà coinvolta, attraverso le forniture illegali di armi, gli attacchi di gruppi estremisti e i flussi di lavoratori immigrati”, assicura l’esperto
L’impasse del processo di pace, a detta di Evseev, può risultare pericolosa: “L’Occidente cerca di rimuovere la questione ucraina, che però si farà risentire quando inizierà una nuova escalation che provocherà altre vittime”. Inoltre, a detta del politologo, sarà proprio il problema del Donbass (e della Crimea) a diventare centrale nelle relazioni russo-americane. Se non si troverà un compromesso sull’Ucraina, non si potrà giungere a un dialogo costruttivo tra Mosca e Washington e questo riguarda tutto il mondo.
7. Quando e come potrebbe finire la guerra?
A detta di Sergej Karaganov, preside della Facoltà di economia e politica mondiale dell’Università di ricerca Alta Scuola di Economia di Mosca, continuano a non esistere alternative agli accordi di Minsk, ma per concretizzarle è necessario che le forze esterne – Russia e Stati Uniti – esercitino delle pressioni sulle parti belligeranti.
“I Paesi europei oggi sono fagocitati dai loro problemi - sostiene Karaganov -. La loro influenza sull’Ucraina è inesistente. Un ruolo determinante da parte occidentale possono rivestirlo solo gli Usa”.
Vladimir Evseev condivide tale giudizio, ma rileva che prevedere se la Russia e gli Stati Uniti riusciranno a trovare un compromesso sull’Ucraina è “cosa impossibile”. “Nessuno finora può dire quale sarà la linea dell’amministrazione Trump nel contesto ucraino - afferma l’esperto -. La posizione della Russia è chiara e attualmente tutto dipende proprio da Washington”.
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