Il Segretario di Stato americano John Kerry, a sinistra, e il ministro degli Affari Esteri russo Sergei Lavrov (Foto: Reuters)
Martedì 30 giugno a Vienna si è svolto l'incontro fra il ministro degli Affari Esteri russo, Sergei Lavrov e il segretario di stato americano, John Kerry. Il tema centrale di questo quarto incontro, nel corso di quest'anno, fra i due rappresentanti ha riguardato l'opposizione allo Stato Islamico in Medio Oriente. Il meeting è stato organizzato per conto dei leader della Russia e degli Stati Uniti e, come aveva in precedenza annunciato Lavrov, lo scopo è stato quello di “scambiare punti di vista” su come “unire al meglio gli sforzi dei nostri due paesi nella lotta contro gli estremisti e l'ISIS". Lavrov ha inoltre assicurato che a Vienna la parte russa è intenzionata ad operare non per mezzo di domande retoriche, ma in maniera concreta, al fine cioè di “ottenere il risultato effettivo di azioni comuni”. Una delle proposte espresse dal ministro prima dei colloqui riguardava la creazione di una coalizione regionale ed extra-regionale.
Unione discutibile
Come risultato, dopo due ore di trattative lo “scambio di opinioni concrete” è realmente avvenuto, ha dichiarato il capo della diplomazia estera russo. “La situazione nella regione richiede maggiori interventi”, ha convenuto Kerry. Come ci si aspettava, entrambi i politici hanno discusso una linea di rafforzamento di “tutti coloro che considerano l'ISIS un male assoluto” e sono concordi a interrompere il ricorso a gruppi terroristici per scopi congiunturali. Vero è che le “concrete azioni” non sono state specificate. Nondimeno, secondo l'opinione del direttore dell'Istituto di Orientalistica RAN, Vitalij Naumkin, il solo fatto che i Presidenti di Russia e Stati Uniti abbiano dato l'incarico di condurre trattative su questo tema rappresenta “un passo avanti”. “Ciò significa che vi è reciproca comprensione, interesse comune, a differenza della questione ucraina”.
Ottenere però quanto propongono entrambe le parti è molto difficile, mette in guardia l'esperto. È di ostacolo, innanzitutto, la riluttanza degli USA alla collaborazione con il governo siriano, in secondo luogo la scarsa disponibilità degli altri stati a iniziare un dialogo politico, sottolinea l'esperto, rifacendosi alla recente dichiarazione del ministro degli Affari Esteri della Siria Walid Muallem fatta a Mosca. A un giorno dall'incontro di Vienna, il ministro siriano è stato a colloquio con Lavrov e Putin, dove ha messo in evidenza che “gli americani esigono una soluzione politica, distribuendo al contempo miliardi di dollari a favore dei terroristi”. Inoltre il conflitto fra Damasco e Ankara, che pretende le dimissioni del governo siriano, mette in dubbio la possibilità di creare una coalizione nella regione.
Momento perduto
Alla domanda se ci si debba attendere azioni concrete nella lotta all'ISIS, gli esperti rispondono con incertezza. Il processo di consolidamento delle forze anti ISIS potrebbe tanto richiedere lungo tempo, quanto invece essere molto rapido, avverte Naumkin. Considerando che ISIS agisce all'improvviso “ciò potrebbe spingere le due parti, che ancora non si sono accordate, l'una verso l'altra”. Gli altri interlocutori di RBTH non credono invece nel formato di una coalizione. La coalizione già esiste: sono gli Stati Uniti con i loro satelliti, ma tutto ciò non funziona, sostiene il politologo, direttore generale del Centro indipendente di informazione Aleksei Mukhin. “Al contrario, gli specialisti concentrano l'attenzione sul fatto che sono state proprio le mosse della coalizione a portare all'espansione del controllo di ISIS sui diversi territori”, ha dichiarato l'esperto nell'intervista a RBTH.
Il vice-preside della facoltà di economia e politica mondiali VshE, Andrei Suzdaltsev ritiene che fintanto la Russia si trova soggetta alle sanzioni, di certo non prenderà parte in alcuna formazione. Secondo le sue parole, l'ISIS è il frutto della politica estera americana in Medio Oriente, per la sua distruzione però le sole forze degli USA non sono più sufficienti. “Gli americani hanno condotto una guerra contro il terrorismo assolutamente fallimentare, a partire dal 2001, anno in cui Washington dichiarò appunto l'inizio di questa lotta. Se in quegli anni però combattevano con il sottosuolo, adesso contro un vero e proprio stato terroristico. Hanno assolutamente fallito in Iraq. E questa divisione in Siria fra terroristi “buoni” e “cattivi”, che hanno messo in piedi loro stessi, pure è uno sbaglio. Tutto questo rappresenta un errore assolutamente americano e ora il compito degli USA è quello di costringere la Russia, umiliata e oberata dalle sanzioni a recuperare il suo buon nome offrendo aiuto, dato che gli americani non riescono a cavarsela da soli”, ritiene l'esperto.
La Russia di fronte a queste minacce e persino di fronte a una crescita del pericolo che ISIS rappresenta, “non sacrificherà la vita dei propri ragazzi, né le proprie risorse per gli errori dell'America”, ne è convinto lui. Inefficaci, a suo avviso, si sono rivelati essere anche i precedenti schemi di bombardamenti aerei e ad alta precisione. “Il momento in cui tutto questo poteva funzionare è perduto”, dice Mukhin, definendo “sciocchezza” la sola idea di dichiarare guerra all'ISIS. I bombardamenti aerei sul deserto sono una cosa assolutamente ridicola, conviene anche Suzdaltsev. “Con molta probabilità, il discorso fra Lavrov e Kerry ha riguardato il consolidamento degli sforzi per contrastare la mobilitazione di volontari ISIS nei diversi paesi”, suppone Mukhin. Oltre a ciò, è indispensabile imporre un blocco economico ad ISIS, ritiene il politologo: “finché alcuni paesi continueranno a comprare petrolio da ISIS e a procurare armi allo Stato Islamico, impossibile sarà tentare di impedire la sua crescita. Forse proprio di questo hanno parlato Kerry e Lavrov.
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