Il Donbass e quella pace lontana

Il ministro russo degli Esteri Sergei Lavrov, a sinistra, insieme al collega francese Laurent Fabius (Foto: Reuters/Christian Hartmann)

Il ministro russo degli Esteri Sergei Lavrov, a sinistra, insieme al collega francese Laurent Fabius (Foto: Reuters/Christian Hartmann)

I ministri degli Esteri di Russia, Ucraina, Francia e Germania si sono riuniti a Parigi per chiedere alle parti di prendere accordi immediati sul ritiro delle armi pesanti e di rispettare tutti i provvedimenti previsti dagli Accordi di Minsk. L’opinione di alcuni esperti russi

I ministri degli Esteri di Russia, Germania, Francia e Ucraina si sono incontrati a Parigi il 23 giugno sera, per un colloquio durato più di tre ore. Al termine, il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov ha detto che con i colleghi per lo più ha parlato di come Kiev possa instaurare un dialogo diretto con le milizie. Il ministro degli Esteri tedesco Frank-Walter Steinmeier ha annunciato invece che buona parte del tempo dedicato ai colloqui è stata spesa per comprendere chi sia colpevole di aver violato il cessate-il-fuoco. Il suo collega francese, Laurent Fabius, ha detto che i ministri degli Esteri hanno chiesto alle parti coinvolte di raggiungere un accordo per il ritiro dei carri armati e di altri armamenti pesanti dalla zona dei conflitti entro il 26 giugno. A sua volta, il ministro degli Esteri ucraino Pavel Klimkim ha fatto notare che le questioni determinanti in sospeso sono tre: il cessate-il-fuoco, lo scambio dei prigionieri e le elezioni nelle zone dissidenti secondo quanto previsto dagli standard dell’Osce (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa).

 
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Meccanismi di controllo

Secondo Dmitri Danilov, direttore del Dipartimento per la sicurezza europea presso il RAS Institute of Europe, il vertice di Parigi è stato solo un ulteriore tentativo per far sì che il processo di Minsk non deragli senza risultati, cosa che di fatto sta accadendo e che porta a esacerbare la situazione nel Donbass. In precedenza, all’inizio di giugno, si è combattuto nel quartiere periferico di Marynka di Donetsk e, stando ad alcune informazioni, i combattimenti avrebbero provocato la morte di alcune decine di persone. Nel Donbass gli scontri a fuoco si susseguono tutti i giorni, e ognuna delle parti belligeranti ne ritiene responsabile l’altra.

Danilov ha fatto notare che tra i provvedimenti concreti proposti al meeting per migliorare la situazione della sicurezza vi sono la smilitarizzazione di Shirokino (un paese nella Regione di Donetsk, di recente teatro di un conflitto armato tra i servizi di sicurezza di Kiev e le milizie), e la garanzia di un controllo effettivo sul cessate-il-fuoco con il contributo, in primo luogo e quanto mai importante, della missione dell’Osce. Danilov crede che ci sia ancora spazio per nutrire un moderato ottimismo al riguardo di una soluzione pacifica del conflitto del Donbass, nonostante le notizie di scontri e sparatorie si susseguano tutti i giorni. Lo si deduce anche dal fatto che gli sponsor del processo di pace stanno facendo importanti sforzi per arrivare a un’intesa. Danilov, inoltre, riconduce le speranze di una soluzione pacifica al lavoro dei meccanismi di controllo nella zona del conflitto, come la missione dell’Osce e la commissione di controllo, della quale fanno parte rappresentanti russi e ucraini. 

Una pace lontana?

Lo stesso giorno del meeting di Parigi, il 23 giugno, il Gruppo di contatto sulla crisi ucraina, composto da rappresentanti russi, ucraini, dell’Osce e del Donbass, si è dato appuntamento a Minsk per il quinto round dei negoziati. Nella capitale della Bielorussia, però, non si sono raggiunte svolte significative. In ogni caso, è stato deciso di intensificare il lavoro dei sottogruppi che si occupano di talune questioni politiche. A fare questa proposta è stata l’Osce. Un sottogruppo a Minsk ha discusso la faccenda delle elezioni e dello status speciale del Donbass, mentre un altro si è occupato di questioni umanitarie e sta mettendo a punto lo scambio dei prigionieri. In questi stessi giorni si attesta anche l’opinione secondo cui né il “format Normandia” né il Gruppo di contatto per la crisi ucraina riusciranno a ottenere risultati di rilievo fino a quando le parti in conflitto – Kiev e le repubbliche autoproclamatesi tali – non perderanno la voglia e la possibilità di perseguire i loro obbiettivi con la forza e le armi. Alexander Khramchikhin, vicedirettore dell’Istituto di analisi politica e militare, crede che il conflitto così come è ora, con combattimenti meno intensi, subisca l’influenza che altri attori hanno esercitato sulle parti belligeranti. Dal suo punto di vista, non ci sarà un’ulteriore escalation perché “nessuno vuole essere il primo a dare il via a un’offensiva su ampia scala”.

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