Cosa abbiamo imparato da Chernobyl

L'esplosione di Chernobyl, insieme all'incidente di Fukushima, è tra i disastri nucleari più gravi mai verificatisi (Foto: Ricardo Marquina Montañana/Russia Oggi)

L'esplosione di Chernobyl, insieme all'incidente di Fukushima, è tra i disastri nucleari più gravi mai verificatisi (Foto: Ricardo Marquina Montañana/Russia Oggi)

A 27 anni dallo scoppio della centrale nucleare sovietica, lo scienziato Leonid Bolshov sottolinea quanto siano richieste le competenze russe in materia di “atomo pacifico”

Il 26 aprile 2013 in tutto il mondo è stata commemorata una dolorosa data, il 27mo anniversario dell’incidente al quarto gruppo elettrogeno della centrale nucleare di Chernobyl.

Negli anni successivi a quell’evento gli scienziati russi hanno accumulato un’esperienza unica nell’azzeramento delle conseguenze e nella previsione di incidenti gravi nelle centrali nucleari. Tali conoscenze sono tornate utili per valutare gli effetti del secondo disastro nucleare della centrale di Fukushima-1.

Leonid Bolshov, direttore dell’Istituto dei problemi di utilizzo sicuro dell’energia atomica presso l’Accademia delle Scienze russa e suo membro onorario, ha raccontato a Ria Novosti quanto siano richieste le competenze russe in materia di “atomo pacifico”.

Leonid Aleksandrovich, da quando è nato il suo istituto è capitato spesso che i colleghi stranieri facessero attenzione alla vostra esperienza, chiedendo di far vedere cosa bisogna fare nelle situazioni d’emergenza delle centrali nucleari e come prepararsi a incidenti gravi?
Quest’anno l’Istituto dei problemi di utilizzo sicuro dell’energia atomica festeggerà il 25mo anniversario dalla sua fondazione e, fin dagli esordi, abbiamo condiviso la nostra esperienza con varie organizzazioni nei più diversi Paesi del mondo. Nel 1989 venne organizzato il primo corposo scambio di saperi tra tutte le parti riguardo al disastro di Chernobyl. Collaboriamo già da parecchi anni con l’Istituto di radioprotezione e sicurezza nucleare francese (Irsn), con la Commissione di regolamentazione nucleare americana (Nuclear Regulatory Commission, ndr) e con la Società di sicurezza atomica tedesca. Per fare un esempio, uno degli studi nazionali francesi di H. Becquerel che risale agli anni Novanta, durante il quale fu simulato lo scoppio di un reattore nucleare di ricerca a Saclay, vicino a Parigi, è stato messo a punto secondo lo scenario che abbiamo preparato insieme ai colleghi francesi, utilizzando tutta la nostra esperienza di Chernobyl.

Bisogna dire che grazie ai partecipanti della simulazione che si sono calati in quella realtà, ricostruita in gran parte sulla base dell’esperienza di Chernobyl, si sono potuti scoprire seri problemi nel sistema francese di reazione agli incidenti nucleari. Per gli Usa abbiamo perfezionato una grande quantità di codici informatici speciali per gli incidenti gravi nelle centrali nucleari. Uno dei codici, chiamato “Melkor”, è stato proprio riscritto ex novo dal nostro Istituto, in collaborazione con i Sandia National Laboratories. Con il Ministero dell’Energia americano e l’Ufficio di cooperazione internazionale in casi di emergenza, stiamo ultimando in modo congiunto un sistema mondiale di pronta risposta in casi di emergenza. Come esempio posso riportare che il “Dizionario di supporto per l’interazione con l’opinione pubblica e la stampa durante un incidente”, da noi realizzato è stato molto richiesto negli Usa.

Realizzatore: Stakheev Vladimir, Immagini: Ricardo Marquina Montañana/Russia Oggi, musica: Lob Nor, "Boss"

L’incidente di Chernobyl, poi quello in Giappone: sono servite le conoscenze del primo nel gestire il secondo?
È una domanda difficile, bisogna andare a fondo nella storia. Il fatto è che lungo i decenni in caso di gravi incidenti l’obiettivo principale che ci si prefissava era quello di difendere gli addetti della centrale nucleare e le popolazioni che vivevano intorno a essa. L’esperienza degli incidenti passati, incluso quello di Fukushima, ha dimostrato che l’obiettivo non è stato posto in modo corretto. Da quando esiste l’energia atomica, tenendo presenti tutti gli incidenti gravi a noi noti, le conseguenze fisiche sono di gran lunga inferiori rispetto a quelle provocate in qualsiasi altra struttura energetica o industria. Nonostante ciò ci dimentichiamo molto velocemente degli incidenti tecnogenici e delle catastrofi naturali, mentre i disastri nucleari lasciano per lunghi anni cicatrici profonde nella storia del Paese e di tutta l’umanità. La ragione non sta affatto nelle conseguenze a livello fisico, ma è legata all’immane terremoto al quale è sottoposta la società intera, di natura sociale, economica, psicologica e pesino politica.

Guardiamo un po’ alla situazione in Giappone. La popolazione intorno alla centrale nucleare di Fukushima-1 non è stata colpita in alcuna maniera dall’incidente, le dosi radioattive nelle persone sono pari a zero e l’hanno ammesso le organizzazioni internazionali più conservatrici, ovvero l’Agenzia americana per la tutela dell’ambiente, la più “verde” di tutte le strutture governative statunitensi. Si sta però gradatamente arrivando alla presa di coscienza per cui il fatto più terribile riguardo all’incidente nella centrale nucleare non sono state le conseguenze legate alle radiazioni, ma la reazione di panico della società, imparagonabile al pericolo reale e alla fobia del radioattivo.

Intervista pubblicata in versione ridotta. Per leggere l'originale cliccare qui

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