SERGEJ DYAGILEV
Quei Balletti russi
che cambiarono la danza

Nonostante sia passato più di un secolo, i leggendari spettacoli di Sergej Dyagilev rimangono fonte di ispirazione e punto di riferimento per chiunque si occupi di opera e balletto, arte e letteratura

Anna Galajda per RBTH
Non aveva particolari abilità di pittore, compositore o coreografo. Eppure non esiste campo artistico in cui la presenza di Sergej Dyagilev non abbia lasciato il segno. Un incredibile fiuto per il talento altrui e una grande passione per l'arte gli permisero di tracciare nuove strade, rimaste attuali fino ad oggi. I "Balletti russi" che conquistarono l'Europa e gli Stati Uniti all'inizio del Novecento sono il frutto della mente di un sol uomo: la sua.
L'infanzia
Quest'uomo dal gusto raffinatissimo nacque lontano dalle capitali culturali in una giornata di fine marzo del 1872, nel governatorato di Novgorod. Figlio del colonnello di cavalleria Pavel Dyagilev, ri ritrovò ben presto orfano di madre. Da bambino ricevette comunque l'amore, il calore e l'affetto della matrigna e Perm, uno dei centri industriali degli Urali, divenne il suo nido familiare.
La famiglia di Dyagilev. Da sinistra: Valentin Dyagilev, il padre Pavel Pavlovich, Yurij, la matrigna Elena Panaeva e Sergej Dyagilev
Ancora oggi nel centro della città si trova una villetta in stile neoclassico russo che il nonno di Sergej aveva acquistato a metà dell'Ottocento. La casa era stata soprannominata l'"Atene di Perm", perché quando i genitori di Dyagilev ci andarono ad abitare la trasformarono nel centro culturale della città dove ogni settimana si raccoglievano le élite locali per cantare, suonare, mettere in scena spettacoli, invitando anche gli artisti in tournée nella regione. La distanza da Mosca e Pietroburgo non impediva alla famiglia di sentirsi parte integrante della vita culturale del Paese: la matrigna di Sergej, Elena, seguiva tutte le novità editoriali e musicali che arrivavano da Pietroburgo ed era abbonata a varie riviste. I compagni del ginnasio ricordano che gli studi annoiavano molto Dyagilev, che aveva imparato a dedicarci il minor tempo ed energie possibili. La sua attenzione era tutta rivolta all'apprendimento delle lingue, alla lettura dei libri, al pianoforte, alle lezioni di composizione e alla recitazione.
Gli anni pietroburghesi
Nel 1890 Dyagilev terminò gli studi e si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza dell'Università di Pietroburgo. Intanto al conservatorio iniziò a prendere lezioni di composizione dal famoso compositore Nikolaj Rimskij-Korsakov. Qui conobbe Igor Stravinskij che vent'anni dopo sarebbe diventato una delle sue più importanti "rivelazioni" e un dono per il mondo intero.

All'epoca però Dyagilev era molto più interessato a entrare in contatto con Dmitrij Filosofov, suo cugino e coetaneo: fu lui che permise a Sergej, fin da ragazzo dotato di un irresistibile charme, di essere coinvolto nella cerchia dei giovani artisti del suo tempo. Dyagilev divenne un assiduo frequentatore di concerti, vernissage e spettacoli. Grazie ai suoi nuovi amici si ritrovò al centro degli eventi: il "secolo d'argento", l'epoca del modernismo, stava sostituendo la vecchia cultura nobiliare.

L'associazione "Mir iskusstva" (Il mondo dell'arte), fondata da Dyagilev e dai suoi amici, i pittori Aleksandr Benua (Benois), Léon Bakst, Valentin Serov e altri, divenne una delle sue iniziative più interessanti.

Sergej Dyagilev ai tempi della scuola

Una volta terminati gli studi Dyagilev si rese conto che la sua sfera di interessi era ben lontana dalla giurisprudenza. Già allora si era manifestata la sua bravura nel realizzare complicati progetti artistici, inizialmente orientati all'educazione e alla divulgazione. In qualità di fondatore de "Il mondo dell'arte" organizzava mostre di acquerellisti britannici e tedeschi, di pittori scandinavi e russi. La nascita dell'omonima rivista "Mir iskusstva" segnò una nuova tappa nella sua carriera: divenne un luogo di incontro tra le forze intellettuali e artistiche della Russia, da cui prese il via il processo che portò l'impresario a far conoscere l'arte russa, prima all'interno dei confini nazionali e poi in tutto il mondo.
Il debutto in Europa
Nel 1906 Dyagilev organizzò una mostra di arte russa al Salon d'Automne di Parigi, dove espose opere di Benois, Repin, Serov, Malyavin. Il successo ottenuto lo spinse a inaugurare l'anno seguente a Parigi i "Concerts Historiques Russes", con la partecipazione di Rimskij-Korsakov e Rakhmaninov. Nel 1908 mostrò al pubblico europeo l'opera di Musorgskij "Boris Godunov". Il tragico momento storico affrontato nel dramma di Aleksandr Pushkin, unito alla potenza musicale di Musorgskij – in rottura con la tradizione operistica – alla scenografia, al coro del teatro Bolshoj e alla formidabile interpretazione scenica del famoso basso Fedor Shalyapin, ebbero un impatto incredibile sul pubblico europeo.
Costumi per lo spettacolo “Khovanshchina”. Lozhkin, 1909
L'anno seguente Dyagilev tornò a Parigi con un balletto. Il corpo di ballo era composto da ballerini del teatro Marinskij di Pietroburgo e dal teatro Bolshoj di Mosca che sacrificarono le vacanze per esibirsi nella capitale francese. Fu Dyagilev a scegliere il programma, puntando sulla messa in scena del ventinovenne Mikhail Fokin (naturalizzato francese, Michel Fokine, ndr), alle prese con le difficoltà di farsi spazio nel retrogrado teatro Marinskij. I suoi "Le Pavillon d'Armide", "La Sylphide" e "Cléopâtre" ("Une Nuit d'Égypte") rimandavano all'arte europea, i divertissement come "Il banchetto" e le danze polovesiane aggiungevano un tocco di folklore russo. Benois e Bakst furono gli autori delle scenografie. La ballerina Anna Pavlova divenne il simbolo della tournée: i suoi arabeschi, fissati dalla matita di Valentin Serov, incorniciavano i manifesti degli spettacoli.
Locandine delle Stagioni Russe
Parigi, la città che aveva donato al mondo "La Sylphide" e "Giselle", all'inizio del Novecento sembrava quasi essersi dimenticata del balletto come genere a sé, e lo aveva relegato sempre di più alle scene ballate nelle opere. Perciò fu grande la sorpresa scatenata dai "Balletti russi", in cui lavorava una troupe di assoluti professionisti. Fece ancora più scalpore il fatto che questo genere semidimenticato e di poco conto presentasse spettacoli di forte coerenza artistica e straordinaria libertà creativa. L'arte barbara, così definita da tutti i giornali parigini alla vigilia del primo dei "Balletti russi", conquistò l'Europa intera.
I "Balletti russi" a Siviglia. Al centro, Sergej Dyagilev con Leonide Massine, Lydia Lopokova, Lyubov Tchernysheva e Sergej Grigoriev
Il corpo di ballo
Lo scontro con la direzione dei teatri russi imperiali che non voleva rassegnarsi ai trionfi di Dyagilev e non vedeva di buon occhio la partecipazione dei propri collaboratori nei suoi esperimenti radicali, costrinse l'impresario a fondare un proprio corpo di ballo.
Pablo Picasso (seduto con il cappello) insieme ad altri pittori durante l’allestimento di una scenografia per i "Balletti russi" a Parigi, 1917
Tamara Karsavina e Vaclav Nizhinskij ne divennero i primi ballerini. La mancanza di finanziamenti regolari e lo stile di vita girovago costrinsero Dyagilev a rinunciare a molti balletti in un singolo atto; la sua impresa infatti contemplava in prevalenza messe in scena di un solo atto che permettevano di proporre in una serata tre diversi spettacoli. Grazie a Dyagilev questa suddivisione in tre parti è rimasta ancora oggi una delle forme preferite del balletto occidentale.

Nei primi anni ogni nuova stagione superava il successo della precedente. All'inizio Dyagilev incuriosì gli spettatori con ambientazioni tratte dal folklore russo - "Petrushka", "L'uccello di fuoco", "Shéhérazade" - per poi stupirli con innovazioni ancora più estreme di quelle europee. La scandalosa messa in scena de "La sagra della primavera" di Igor Stravinskij per la coreografia di Vaclav Nizhinskij del 1913 fu un punto di svolta nel destino dei "Balletti russi": realizzata prima dello scoppio della Prima guerra mondiale, sancì il distacco di Dyagilev e della sua troupe dalla Russia. Alla prova generale del balletto nella sala esplose una vera e propria rissa, non legata ad appartenenze nazionali o di ceto; armati di sedie e ombrelli si fronteggiarono i sostenitori dell'arte modernista e i fautori di quella tradizionale.

Da quel momento il "Balletto russo" cessò di essere "la vetrina dei successi" dell'arte ufficiale russa, benché ancora per qualche anno Dyagilev continuò a collaborare quasi esclusivamente con i propri connazionali.
Bozzetti di costumi per le Stagioni Russe
La sperimentazione
I "Balletti russi" durante una tournée in Australia, 1936-1940
Altra tappa fondamentale per l'impresario fu la prima del balletto "Parade", dove riuscì a raccogliere intorno alla messa in scena i francesi Jean Cocteau, autore del libretto, e il compositore Erik Satie, lo spagnolo Pablo Picasso e il coreografo russo Leonid Mjasin. Il "balletto cubista" che ne scaturì fu presentato una sola volta senza ottenere il plauso del pubblico. Lo spettacolo divenne però una sorta di dichiarazioni di intenti di Dyagilev: anche senza introiti regolari, pur rimanendo alla completa mercé del successo di pubblico, egli non poteva prescindere da ciò che reputava fondamentale nell'arte: la capacità di muoversi avanti, di sperimentare.

Per questo motivo la sua troupe dovette affrontare più di una crisi economica, egli stesso si trovò spesso sull'orlo della bancarotta, senza i soldi per pagarsi una stanza d'albergo. Rinunciare ai suoi principi era fuori questione e ai "Balletti russi" si deve l'onore di aver fatto conoscere al mondo Nikolaj Roerich e Natalija Goncharova, Debussy e Prokofev, Nizhinskij e Balanchin.
Gli attori delle Stagioni Russe: Anna Pavlova, Adolph Bolm, Michel Fokine, Vaslav Nijinskij, Michel e Vera Fokine, Gertrude Hoffmann e Theodore Kosloff, Lydia Lopokova e Aleksandr Gavriloff, Tamara Karsavina e Vaslav Nijinskij
Interessato soltanto a ciò che era all'avanguardia, potenzialmente di successo e spregiudicato, Dyagilev abbandonava senza rimpianti i suoi vecchi collaboratori se non erano in grado di suggerire idee innovative. Era innamorato dell'arte del passato e l'inizio della sua carriera fu legato alla riscoperta dei pittori russi del Settecento, mentre il periodo parigino fu segnato dal ritorno nella sua patria storica del superbo balletto "Giselle" e dalla prima messa in scena in Francia de "La bella addormentata" di Petipa. Uguale fascino esercitavano su di lui i territori inesplorati, nei quali presentò per la prima volta all'Europa una panoramica di arte russa che divenne in seguito fonte di ispirazione per tutto il mondo occidentale del ventesimo secolo.

Dyagilev visse soltanto 57 anni e morì nel 1929 nella sua amata Venezia, ma ancora oggi l'arte si muove lungo la strada da lui per primo indicata.
Walter Nouvel, Sergej Dyagilev e Serge Lifar al Lido di Venezia
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Testo di Anna Galajda
Editing di Oleg Krasnov e Lucia Bellinello
Credit immagini: Vostock-Photo, Global Look Press, RIA Novosti, Museo di Storia politica della Russia, Museo di Stato russo, Collezione privata di Mosca, Stepanov K.N., Biblioteca Nazionale della Francia, Harvard Theatre Collection, Galleria Nazionale dell' Australia, CocteauFan, Réunion des Musées Nationaux, Lachmann, Palais Dorotheum, GalleriX, Art Institute of Chicago, Museum of Avant-Garde Mastery, Libreria Nazionale dell'Australia, Pierre Choumoff, Bert. A, Frank C. Bangs
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