La sede di Verona che ha ospitato il IV Forum Eurasiatico
Evgeny Utkin“La situazione con la Russia è difficile. Ma questo convegno serve a tenere acceso il dialogo e a preparare l’inizio di una nuova fase che tutta l’Europa si augura”. A dirlo al IV Forum Eurasiatico di Verona, che si è tenuto il 22 e 23 ottobre, il presidente del Consiglio di Sorveglianza di Intesa Sanpaolo, Giovanni Bazoli.
Organizzato dall’Associazione Conoscere Eurasia e dal Forum Economico Internazionale di San Pietroburgo, in collaborazione con Intesa Sanpaolo, Gazprombank, VHS e Region – Group of Companies, con il sostegno di Banca Intesa Russia e Coeclerici, il Forum ha riunito come ogni anno grandi esponenti del mondo politico, istituzionale e imprenditoriale di Russia e Italia, come il ministro dello Sviluppo Economico Federica Guidi, il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri Sandro Gozi, il Sindaco di Verona Flavio Tosi, che ha chiesto al ministro per le Riforme Maria Elena Boschi di rilanciare il dialogo con l’Eurasia. “In un momento in cui in Europa si sta cercando di erigere muri, temendo una minaccia dall’esterno - ha detto Boschi -, noi cerchiamo un confronto costruttivo nell'area eurasiatica. Vogliamo fare da ponte”.
Il dialogo dunque esiste. Ma esistono pure i muri. E l'ambasciatore russo in Italia Sergey Razov auspica che i rapporti tra due Paesi “non passino il punto di non ritorno”. “Mentre le crisi vanno e vengono, gli interessi nazionali restano”, ha detto, invitando a cercare “soluzioni reciprocamente accettabili” per tamponare una situazione economica non certo rosea ed aiutare quelle aziende che – da entrambe le parti - cercano di sopravvivere. Le strade per investire d’altronde i sono: basti pensare a gruppi italiani come Danieli (macchinari tecnologici), Menarini (farmaceutica) e Cremonini (lavorazione delle carni), che inaugurano i propri stabilimenti in Russia: perché dunque non collaborare e trovare agevolazioni utili per tutti?
Al forum sono intervenuti esponenti del mondo politico e istituzionale (Foto: Evgeny Utkin)
Presente al Forum anche il presidente della Fondazione per la Collaborazione tra i Popoli, Romano Prodi, che ha detto: “I Paesi dell'Unione Eurasiatica sono abbastanza omogenei tra loro e ottengono buoni risultati. Ma non possono produrre quello scatto in avanti di cui la Russia ha bisogno. La grande trasformazione dell’economia russa ha perciò bisogno di un rapporto stretto con l’Europa, conveniente per noi e per loro. Ma solo il rasserenamento della situazione ucraina può sanare i rapporti: l’Ucraina deve essere ponte e non campo di battaglia”.
Molto concreto e denso il discorso di un altro protagonista del Forum, Igor Sechin, presidente e AD di Rosneft: “Abbiamo in previsione investimenti nel mondo per 22-23 miliardi di euro l’anno, nel biennio 2017-2018. I settori maggiormente interessati saranno la meccanica e l’industria petrolchimica”. Quindi, come ha fatto poi notare Antonio Fallico, presidente di Banca Intesa Russia e dell’Associazione Conoscere Eurasia, nonché ideatore del Forum, una buona parte di questi soldi potrebbe essere anche presa da aziende italiane. Inoltre Sechin ha firmato un Memorandum of understanding con Pirelli e Synthos, relativo ai positivi risultati dello studio di fattibilità iniziato in aprile e alla futura cooperazione per la costruzione di un impianto di gomma sintetica a Nakhodka, nell'Estremo Oriente Russo.
Il concerto finale dell'ensemble Aleksandrov dell’Armata Rossa (Foto: Evgeny Utkin)
A dare ancor più valore al Forum ci sono quest'anno le dichiarazioni di ministri come Federica Guidi, che dice: “L’Italia ha tutto l'interesse a una rimozione delle sanzioni”. Denis Manturov, Ministro russo per il Commercio e l’Industria, risponde: “Vogliamo ridurre le barriere per incrementare gli scambi commerciali, ma non solo: il Governo russo sta lavorando a misure supplementari per favorire gli investimenti esteri. E l’Italia per noi è importante, con le sue 400 aziende presenti nel nostro Paese, che producono volumi pari a oltre 3,3 miliardi di dollari”.
Non è un segreto però che in Italia manchi un’informazione di buon livello sull’attività economica dell’Unione Eurasiatica, fa notare l’ambasciatore bielorusso in Italia Shestakov. Ad esempio, forse non tutti sanno che la Russia ha un’alta riserva valutaria e aurea, mentre il suo debito diminuisce.
“La Russia sconta quell’eredità sovietica di giganti industriali, mentre l’Italia potrebbe aiutarla nel settore dell’industria leggera a livello di piccola e media impresa - ha commentato l'ambasciatore italiano a Mosca Cesare Ragaglini -. L’Italia deve smettere di considerare i vicini come concorrenti e prendere il buon esempio: francesi e tedeschi sono molto più presenti in Russia come numero di aziende”.
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È vero però che Russia e Italia hanno legami economici da secoli, e l’Italia è stato non a caso il primo paese occidentale con cui l’Urss ha istituito una camera di commercio, come ricorda Rosario Alessandrello (Camera di Commercio Italo-Russa). Ma quali sono oggi le possibilità più recenti, gli scenari più innovativi su questo fronte? È Stefano Firpo del Ministero dello Sviluppo Economico a parlare a Verona delle cosiddette start up, aziende piccole e giovani che investono in ricerca e sviluppo: in Italia i 25.000 posti di lavoro nati dalla creazione di start up potrebbero estendersi anche a cittadini extracomunitari desiderosi di crearne una nel Belpaese, visto che per loro esiste una possibilità di visto fast track, così come per gli studenti, sempre extra comunitari, che possono convertire il visto di studio in un visto start up. “Oltre naturalmente a poter usufruire di agevolazioni fiscali e della collaborazione con gli italiani, esperti di know-how”, sottolinea Firpo.
Anche Massimo Mucchetti (Commissione permanente del Senato della Repubblica Italiana) invita allo scambio di esperienze e di partecipazioni: “Tra Italia e Russia - dice -, dobbiamo aiutarci. La Russia ha grande capacità scientifica, e l’Italia ha grande capacità applicativa dei risultati della scienza. La Russia ha compiuto imprese straordinarie come mandare l’uomo nello spazio, ma non è riuscita a mettere sul mercato un prodotto con le potenzialità del jeans o della Coca Cola. Bisogna che le università e il mondo scientifico collaborino, per legare la ricerca alla sua industrializzazione”.
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