Estrazione di petrolio (Foto: Ilya Pitalev/RIA Novosti)
Gli Stati Uniti riconquistano, per la prima volta dal 1975, il primo posto nell’estrazione di petrolio. Ecco il parere di alcuni esperti.
Aleksandr Pasechnik, responsabile del dipartimento di analisi del Fondo per la sicurezza energetica nazionale (FNEB, secondo l’acronimo russo)
"Se consideriamo il petrolio degli Stati Uniti un concorrente di quello russo, è davvero irrilevante cercare di proclamare un vincitore. Nell’ambito del settore estrattivo, sono tre i Paesi che detengono la leadership: Stati Uniti, Arabia Saudita e Russia. In questo settore, tuttavia, il fine della Russia è un altro. Ora ci orientiamo verso la regione dell’Asia-Pacifico. Per la Russia è importante estendere la capacità delle proprie infrastrutture, giacché il mercato cinese, indiano, coreano e giapponese rappresentano un grande potenziale in termini di aumento delle esportazioni. La locomotiva è senza dubbio la Cina. Per la Russia è essenziale riuscire a sincronizzare il ritmo di estrazione nazionale con la sete crescente di petrolio della Cina.
Non è chiaro, tuttavia, da dove verrà estratto questo petrolio supplementare. L'Iran potrebbe coprire parzialmente la fornitura con alcuni volumi; il fatto, però, che la Russia acquisti petrolio iraniano è più che altro una misura temporanea, motivata in parte dalla situazione politica. Ciononostante, è prematuro pensare che la Russia sia disposta a perdere definitivamente il mercato dell’esportazione a causa del rallentamento osservato nel ritmo di crescita delle estrazioni. L'Agenzia internazionale dell'energia stima che i mezzi di consumo cinesi sono sufficienti a divorare un volume maggiore di quello che i fornitori russi sono in grado di offrire. Vi è anche un altro fattore importante da considerare: contrariamente alle previsioni degli esperti, nel maggio di quest'anno, la Russia ha registrato una crescita record nella produzione petrolifera (a maggio la Russia ha prodotto 10,708 milioni di barili di petrolio al giorno, mentre l'Arabia Saudita ne ha prodotti 10,25 milioni al giorno).
Giunti a questo punto, è importante discernere le ragioni che si celano dietro il successo ottenuto in questo settore. Potrebbe trattarsi di un effetto ritardato del decennio precedente, quando il prezzo del petrolio superava i 100 dollari e ciò ha permesso di aumentare gli investimenti nel settore estrattivo. Altrimenti potrebbe trattarsi delle prime conseguenze delle iniezioni della svalutazione: le società petrolifere hanno accresciuto i loro proventi in rubli e ciò ha permesso di incrementare gli interventi in rubli e di sostituire su larga scala le importazioni (acquisendo produzione nazionale per l’industria energetica). Solo una volta resi pubblici i risultati del secondo e terzo trimestre, potremo determinare i fattori che hanno portato a registrare una crescita record delle esportazioni nel maggio del 2015".
Mikhail Krutikhin, partner dell’agenzia di consulenza RusEnergy
"L'obiettivo principale del nostro Governo non è quello di aumentare il volume delle esportazioni, bensì mantenere il livello attuale. Secondo la nuova strategia energetica che il Governo intende adottare, l'opzione più conveniente per la Russia è mantenere il livello delle esportazioni sui 526-527 milioni di tonnellate l'anno. La ragione sta nel fatto che la qualità delle riserve è peggiorata. I nuovi giacimenti sono sempre più piccoli e sorgono sempre più lontani dalle infrastrutture. Dal punto di vista geologico, è sempre più difficile sfruttarli. Inoltre, la maggior parte dei giacimenti importanti, dove è più facile estrarre petrolio, stanno riducendo la loro produzione. Nonostante ciò, il rallentamento del ritmo delle estrazioni non ha un impatto diretto sull'economia russa. Un'altra cosa è che l’incremento delle estrazioni in Stati Uniti, Arabia Saudita e altri Paesi faccia sì che ci sia sempre più petrolio sul mercato globale.
Gli Stati Uniti, ad esempio, stanno incrementando i volumi d’estrazione al fine di evitare le importazioni. I Paesi produttori, che in precedenza esportavano negli Stati Uniti, dovranno cercare nuovi mercati in cui esportare. Questa situazione esercita una pressione sui prezzi e ciò sì ha un impatto diretto sullo stato dell'economia russa. Questo perché il calo dei prezzi del petrolio implica non solo che nelle casse dello Stato entrino meno fondi, ma anche che le società petrolifere contino su meno risorse per sfruttare efficacemente le proprie riserve. Per estrarre il cosiddetto petrolio a bassa recuperabilità, la Russia deve investire almeno 85 dollari al barile. Attualmente non è già più redditizio vendere questo tipo di petrolio a questo prezzo, di modo che verranno sospese anche le esportazioni di petrolio a bassa recuperabilità. È pertanto probabile che l’epoca in cui Russia otteneva proventi dalle esportazioni sia giunta al termine. Ora è necessario riorientare l'economia verso altri settori".
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