Crollano le importazioni di latte e carne

Le forniture di prodotti caseari non lavorati in Russia sarebbero crollate del 26% così me quelle della carne, mentre le forniture di prodotti ittici sarebbero diminuite del 48%, di ortaggi dello 0,2% e di frutta dell’8% (Foto: Photoshot/Vostock-Photo)

Le forniture di prodotti caseari non lavorati in Russia sarebbero crollate del 26% così me quelle della carne, mentre le forniture di prodotti ittici sarebbero diminuite del 48%, di ortaggi dello 0,2% e di frutta dell’8% (Foto: Photoshot/Vostock-Photo)

A causa delle controsanzioni adottate dal governo della Federazione, i produttori di Sudamerica e Medio Oriente non sono ancora riusciti a sostituire totalmente i prodotti delle imprese europee e americane. E il mercato russo deve rinunciare a un terzo delle importazioni di latte e carne e alla metà dei prodotti ittici

In seguito alle contromisure adottate dal governo, il mercato russo ha dovuto rinunciare a quasi un terzo delle importazioni di latte e di carne e anche alla metà dei prodotti ittici. È quanto risulta dai dati ufficiali forniti dal Servizio Federale della Dogana russa relativi al primo trimestre 2014 che riguardano il transito delle merci attraverso il confine russo. Secondo tali dati, i produttori di Sudamerica e Medio Oriente non sarebbero riusciti a sostituire per il momento le importazioni dei prodotti forniti dalle imprese europee e americane. Le forniture di prodotti caseari non lavorati in Russia sarebbero crollate del 26% così me quelle della carne, mentre le forniture di prodotti ittici sarebbero diminuite del 48%, di ortaggi dello 0,2% e di frutta dell’8%.

 
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Le cause principali

Secondo le stime del Servizio Federale della Dogana russa l’aumento più massiccio fin qui registrato di forniture di carne e suoi derivati alla Russia riguarderebbe le importazioni da Argentina, Nuova Zelanda e Nicaragua (con aumenti rispettivamente del 146, 44 e 173%); mentre il paese leader nel settore dell’export sarebbe il Kazakhstan le cui esportazioni verso la Russia sarebbero aumentate del 475%. Si registra anche un’impennata nell’importazione di prodotti ittici dalla vicina Bielorussia (il 98%), benché questa repubblica ex sovietica non sia dotata di sbocchi sul mare. Inoltre, la quota bielorussa nell’export di prodotti caseari è passata dal 54,7% al 72,1%. Nell’ambito delle forniture di ortaggi il primato della crescita spetta all’Honduras che ha aumentato le sue esportazioni di zucca, zucchine e patate dolci di 140 volte. Inoltre, sempre secondo i dati in possesso del Servizio Federale della Dogana russa, i fornitori stranieri nell’ultimo bimestre dall’entrata in vigore dell’embargo sui prodotti alimentari avrebbero ottenuto il doppio delle autorizzazioni rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. A ottenere i permessi dall’ente statale russo sarebbero state prevalentemente imprese sudamericane e asiatiche i cui prodotti dovrebbero sostituire le importazioni precedenti.

“A mio avviso, tali risultati, del tutto prevedibili, appaiono nel complesso alquanto positivi. Com’è ovvio, non è facile creare una nuova logistica nell’arco di un mese e mezzo, soprattutto quando si tratta di volumi di importazioni così considerevoli”, è quanto afferma Maksim Klyagin, analista di Finam Management. Secondo Klyagin, il brusco blocco dell’import di alcuni generi alimentari ha inevitabilmente provocato uno squilibrio nel commercio al dettaglio e un certo rincaro dei prezzi dovuto anche alla contrazione dell’offerta. “Malgrado ciò, vi sono ragioni per ritenere che tali ripercussioni negative avranno comunque un carattere momentaneo, legato prevalentemente ai ritardi nella creazione di una nuova logistica e che in tempi brevi potranno essere superate”, aggiunge Klyagin.

Il rischio del deficit

Il 7 agosto 2014 il governo russo ha pubblicato un elenco di prodotti alimentari provenienti dai paesi responsabili delle sanzioni adottate contro la Russia in seguito alla crisi ucraina di cui è stata vietata l’importazione; prodotti provenienti in primis da Stati Uniti e Canada, e poi dai paesi membri dell’Unione Europea e da Norvegia e Australia. Sotto la scure delle limitazioni sono finiti carni bovine e suine, pollame, pesce, prodotti caseari, salumi, ortaggi, frutta, frutta secca, ecc.

A detta di Maksim Klyagin, sarà possibile compensare parzialmente il deficit attuale solo ampliando in futuro l’import da altri paesi e incrementando la quota di prodotti locali. “Tuttavia, perché la produzione nazionale possa sostituire in misura efficace le importazioni di prodotti stranieri occorrono interventi supplementari, quali, per esempio, grossi investimenti di capitale” precisa. Secondo Aleksey Kozlov, analista capo di Ufs Ic, “i piani per reindirizzare l’import su nuovi fornitori hanno avuto inizialmente un carattere un po’ troppo massimalistico”. “In ogni caso, non vi sono ragioni per ritenere fallito il piano di sostituzione delle importazioni e tra qualche tempo si avrà modo di riscontrare un sensibile miglioramento in questa direzione” precisa Kozlov.

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