Dostoevskij e quei suoi disegni inediti che anticiparono Delitto e Castigo

Un bozzetto realizzato da Dostoevskij e raccolto nel volume pubblicato da Lemma Press.

Un bozzetto realizzato da Dostoevskij e raccolto nel volume pubblicato da Lemma Press.

: ufficio stampa
Ritratti, bozzetti e manoscritti: oltre duecento illustrazioni autografate che danno corpo ai personaggi partoriti dal genio russo ancor prima della stesura dei suoi romanzi. Una finestra sul processo creativo dello scrittore, che nei suoi taccuini raccolse gli schizzi preparatori de “L’idiota”, “I Demoni” e de “I fratelli Karamazov”. Ora questi disegni sono stati raccolti e pubblicati in un libro, con un saggio del filologo Konstantin Baršt

Un Dostoevskij mai letto. Anzi, visto. Sfogliare il volume edito da Lemma Press è prima di tutto un’emozione per gli occhi. Pagina dopo pagina, al lettore si spalanca una finestra sul processo creativo del grande scrittore russo. I suoi taccuini, in gran parte inediti, sono riprodotti per la prima volta in maniera accuratissima, identici nel formato e nell’aspetto, grazie alla creazione ad hoc di due nuovi colori tipografici e all’alta qualità della carta utilizzata. I manoscritti preparatori di “Delitto e Castigo”, “L’idiota”, “I Demoni”, “I fratelli Karamazov” e altre opere sono accompagnati dal saggio del filologo Konstantin Baršt “Disegni e calligrafia di Fedor Dostoevskij. Dall’immagine alla parola” (468 pagine, 150 euro), che raccoglie centocinquanta pagine autografe di Dostoevskij in tre ampi nuclei tematici – i ritratti, i bozzetti architettonici, i calligrammi, per un totale di oltre duecento illustrazioni – e ne indaga i rapporti con la produzione letteraria.

Dostoevskij fu sempre attratto dai volti, convinto che lo scavo psicologico nell’animo umano inizi dalla superficie. Sono gli anni dell’affermazione della fisiognomica – la scienza che studiava il legame tra caratteristiche fisiche e qualità morali – e lo scrittore, pur condividendo solo in parte quelle teorie, ne rimase affascinato. I suoi taccuini sono pieni di schizzi che ritraggono uomini famosi come Pietro il Grande, Voltaire, Shakespeare, ma soprattutto danno corpo ai personaggi ancor prima della stesura dei romanzi. Particolarmente numerosi sono i volti raffigurati nei quaderni preparatori di “Delitto e Castigo”, in alcuni dei quali Baršt riconosce con certezza un giovane Dostoevskij, la sorella Varvara e la madre Marija.

La copertina e il dorso del libro\nufficio stampa<p>La copertina e il dorso del libro</p>\n
La copertina del libro\nufficio stampa<p>La copertina del libro</p>\n
Un disegno pubblicato nella versione russa del volume\nufficio stampa<p>Un disegno pubblicato nella versione russa del volume</p>\n
Il libro aperto\nufficio stampa<p>Il libro aperto</p>\n
 
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Le loro tristi vicende familiari – la morte precoce di quest’ultima, l’ambizione di Fedor alla scrittura, il matrimonio di Varvara con un uomo ricco per salvare i fratelli dalla povertà – si ritrovano con evidenza nella storia dello squattrinato studente Raskolnikov.

Tantissime pagine, poi, sono decorate con guglie, archi a sesto acuto, bifore, rosoni. È il trionfo del gotico, frutto degli studi di disegno alla Scuola di Ingegneria militare di San Pietroburgo. Raramente Dostoevskij disegnò le tipiche cupole “a cipolla” delle chiese ortodosse, come quella, bellissima, riportata sulla copertina del volume. Era il gotico che lo affascinava. Quello della cattedrale di Notre-Dame e del Duomo di Milano, visitato nel 1868. La “fuga” verso l’alto, l’anelito inappagato all’Assoluto, la ricerca del senso della vita: il gotico esprimeva per Dostoevskij l’essenza stessa dell’essere umano. Ed è proprio nel tratteggio paziente delle merlature, nel disegno minuzioso delle volte, che secondo Baršt lo scrittore russo metteva a punto la struttura compositiva delle sue opere. Pietra dopo pietra, idea dopo idea.

Molto significativo è anche l’esame dell’aspetto puramente grafico dei taccuini, vergati da una molteplicità di scritture che non è mai casuale. In una stessa pagina si ritrovano i calligrammi dei nomi di celebri personaggi – come quello di Lev Myškin de “L’Idiota”, anche lui un fine calligrafo – scritti più volte in una grafia fatta di lettere codificate e svolazzi perfetti, segno che Dostoevskij stava definendo nella sua mente le caratteristiche del personaggio. E, insieme, blocchi di testo fitti, redatti in un corsivo piccolo e veloce per assecondare il flusso della narrazione.

Di questi quaderni il letterato russo non poteva fare a meno. Li custodiva gelosamente, li sfogliava di tanto in tanto. Perché dallo scorrere incessante della mano sul foglio, dall’intreccio indissolubile di disegni e scrittura, scaturiva la sua forza creativa e prendevano forma, in immagini e parole, personaggi indimenticabili.

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