I sogni e la storia sulla nave della letteratura

Lo scrittore Alexei Makushinsky (Foto: TASS)

Lo scrittore Alexei Makushinsky (Foto: TASS)

Alexei Makushinsky, finalista al prestigioso Big Book Prize, parla del suo nuovo romanzo “Boat for Argentina”. In cui mescola viaggi, biografie di personaggi realmente esistiti, episodi di vita personale e pura invenzione

Alexei Makushinsky, poeta, traduttore e saggista, lavora presso il Dipartimento di studi slavi dell’Università di Magonza in Germania. Il suo ultimo romanzo, “Boat for Argentina”, racconta la vita di Aleksandr Vosko, un emigrato russo della prima ondata (1918-1923) che diventa un famoso architetto.

Perché ha inventato la biografia romanzata di un personaggio di fiction, quando esistono così tante storie affascinanti di vita realmente vissuta?

Anche i personaggi di "Anna Karenina" sono inventati. E dunque, perché mai inventare biografie quando esistono così tante donne che hanno abbandonato il marito per un amante? Parlando seriamente, a me piace molto abbinare realtà e fiction. Tutti i protagonisti dei miei libri sono inventati, mentre i personaggi secondari di frequente sono reali. Per esempio il mio Aleksandr Vosko conosce Mies van der Rohe e Le Corbusier. E da giovane prende parte alla guerra civile nei paesi Baltici. Tutti i nomi e gli eventi sono reali, e mi è piaciuto molto descriverli nei dettagli. È stato interessante documentarmi, leggere i materiali risalenti a quell’epoca. Oltre a ciò, naturalmente ci sono anche episodi della mia stessa vita. La mia tecnica, pertanto, è la seguente: mescolare autobiografia, biografie di personaggi reali, descrizioni di viaggi e pura invenzione.

Ci può spiegare l’idea di fondo del suo libro?

Io non credo che possa esserci un'idea separata rispetto al testo. Può esserci un significato, oppure la ricerca, l’acquisizione di un significato. Il mio protagonista, Aleksandr Vosko, si impegna a dare vita a qualcosa di significativo nella sua pratica di architetto, cercando così di superare l’apparente insignificanza dell’esistenza. Da alcuni punti di vista, il libro cerca di trasformare una serie di episodi del tutto casuali e di circostanze di vita in un insieme che assume un significato, o quanto meno in qualche cosa dal quale possa trapelare un certo significato. Da questo punto di vista, si tratta di un libro rassicurante, cosa alquanto sorprendente per me. In altri termini, sono stato davvero felice di scrivere "Boat for Argentina". E anche adesso, rileggendo ciò che ho scritto, provo una grande felicità.

Il suo romanzo ha destato subito grande interesse e si è fatto notare nel flusso generale, ancora prima di essere pubblicato. Perché pensa che sia andata così?

Non posso che presumere che lettori diversi siano interessati ad aspetti diversi del mio libro. È davvero difficile per un autore giudicare. Mentre il mio libro precedente, "The City in the Valley" riguardava il fallimento, il crollo, la sconfitta (e alla fine tutti i personaggi muoiono), "Boat for Argentina" in un certo senso è un libro sulla felicità. È un libro su tutto quello che va a finire bene, contro ogni aspettativa. In altre parole, nel mio libro c’è qualcosa di fiabesco. È una fiaba con un "lieto fine".

Nei suoi due libri precedenti, la maggior parte di ciò che narrava, se non addirittura l’azione principale, è ambientato ai tempi della Guerra civile. Ha un rapporto privilegiato con quel particolare periodo storico?

Credo che dipenda dal fatto che è stato un periodo estremamente importante per la storia russa, e non soltanto russa. Per la Russia l’evento principale, o la catastrofe principale, del XX secolo è stata la Rivoluzione seguita dalla Guerra civile. Quella fu un’epoca tragica, di fondamentale importanza. Ora non si può più porvi rimedio: la guerra è perduta. Probabilmente, in certa misura da giovane ho idealizzato il Movimento Bianco. Non lo si dovrebbe fare. Non si dovrebbe idealizzare niente. Assolutamente nulla. In "The City in the Valley" ciò accade con la guerra nel sud della Russia, ma non c’è così tanta accuratezza storica come può esservi in una "visione". Invece in "Boat for Argentina", in realtà non si parla della nostra Guerra civile russa, quanto della guerra civile interna alla quale siamo abituati. Una guerra civile molto particolare, nei Paesi Baltici. Una guerra alla quale hanno preso parte tutti, i russi, i lettoni, i tedeschi (sia quelli dei Paesi Baltici sia i tedeschi di Germania, i "tedeschi dell’impero", come si chiamavano all’epoca)… Spero di trattare ancora questi argomenti in futuro, di parlare ancora dei Paesi Baltici. In effetti, io ho parlato soltanto di alcuni episodi, e questo è soltanto uno dei piani di lettura del mio libro.

Sembra che ci sia anche qualcosa di personale, in tutto ciò.

Penso che ciò sia in qualche modo riconducibile alle mie radici, a San Pietroburgo e nel Baltico, e anche col fatto che ho trascorso buona parte della mia gioventù (come siamo soliti dire) in Lettonia, in particolare a Courland. Naturalmente, quando ho scritto il libro ci sono ritornato. Mi sono recato in tutti i luoghi nei quali ho ambientato la trama.

È salito anche su una nave diretta in Argentina?

No. Ahimè, costava troppo e l’Argentina è lontana. Nel libro l’Argentina è… come posso dire?... una terra onirica. Ne ho scritto in questi termini, e onestamente devo confessare ai lettori di non esserci mai stato. Si tratta semplicemente di un "posto completamente diverso". Un altrove molto lontano, e per questo stesso motivo fantastico. Se vincessi un premio importante, però, ci andrei davvero!

Quando scrive, tiene presente una data immagine del suo lettore ideale?

No. Anzi, sì. Se esiste, il lettore ideale è più intelligente di me, migliore di me, più attento di me. Anche il mio protagonista deve essere migliore e più brillante di me. È importante che lo sia.

Per quale motivo una persona dovrebbe leggere il suo libro?

I veri libri non si devono leggere per una ragione particolare, ma solo perché vanno letti.

Una versione di questa intervista è stata pubblicata su “Rossiyskaya Gazeta

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