"Mio marito, Fedor Dostoevskij..."

Anna Snitkina con i figli (Foto: Ria Novosti)

Anna Snitkina con i figli (Foto: Ria Novosti)

Esce in Italia, per Castelvecchi, la biografia dell'autore de "Il Giocatore" scritta dalla moglie, Anna Snitkina. In prima persona, tra passioni personali e le debolezze di un gigante della letteratura

Mosca, ottobre 1866. Siamo in una stanza, poco arredata, uno scrittoio e fogli sparsi dappertutto. C’è parecchio fumo, non va mai via. Si sente il ticchettio di una macchina da scrivere. Una donna e un uomo. Lei, Anna, una giovane segretaria assunta da poco come stenografa. Lui, Fedor, fuma una sigaretta dietro l’altra, consuma le assi del pavimento. Parla ad alta voce, detta il suo nuovo romanzo. Quelle parole diventeranno “Il Giocatore”. Nell’ottobre del 1866 Dostoevskij è già considerato un genio, ma questo non lo sottrae alle dinamiche perverse dell’editoria. Ha firmato un brutto contratto, gli servivano subito i soldi: ha un vizio, il genio. Gioca d’azzardo. E attraverso questo romanzo, dettato a quella che diventerà la sua Anna, sua moglie, cerca l’espiazione: naturalmente laica, letteraria.

Sì, la sua Anna. Di cognome fa Snitkina, ha venticinque anni in meno di Dostoevskij e da quell’autunno in poi diventerà l’ombra dello scrittore, il suo punto di riferimento, l’unico contatto con il mondo di cui Fedor si fiderà sempre. E parte sempre da quell’autunno “Dostoevskij, mio marito” le memorie di Anna, da poco edite in Italia da Castelvecchi. Quattordici anni, quattro figli, sei romanzi raccontati in prima persona. Dal 1866, appunto, fino al giorno della morte dello scrittore. Un resoconto privato che Anna scelse di far diventare pubblico per un solo motivo: salvaguardare la memoria del marito. Perché le biografie di Dostoevskij sono un genere letterario a parte, apparso subito dopo la morte dello scrittore. E spesso hanno gettato cattiva luce sul genio della letteratura russa dell’800.

Momenti di vita pubblica si legano ai dolori intimi, quotidiani. Come le pagine che Anna dedica all’epilessia di Dostoevskij. “Gli potevo solo slacciare il colletto della camicia…”. E poi aspettare il passaggio della crisi. Per un dolore, una preoccupazione che cresce giorno dopo giorno. Un amore incondizionato, consapevole. “I dolori per la sua malattia erano il prezzo da pagare per stargli vicino”. Un amore ricambiato, ovviamente. E suggellato dalla dedica che Fedor fa ad Anna all’inizio dei Fratelli Karamazov: regalandole un posto permanente nella storia della letteratura mondiale.

E l’edizione della Castelvecchi, è preziosa anche per un altro motivo: per la prima volta in Italia viene presentata la versione integrale della biografia di Anna: infatti, la casa editrice Bompiani l’aveva pubblicata nel 1942 ampiamente tagliata e rimaneggiata. Un testo prezioso: che illumina come mai la vita “casalinga” di un gigante della letteratura mondiale. Per una lavoro che riesce a tenere insieme due dimensioni diverse. Quella passionale e quella razionale: il testo infatti fu redatto nella sua forma finale parecchi anni dopo la scomparsa dello scrittore. E tra le righe si avverte tutto lo strazio e il dolore per un grande amore interrotto, dal punto di vista di Anna, troppo, troppo presto. 

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