Sezione di allenamento in una palestra. Sullo sfondo, i ritratti di Akhmad Kadyrov, Vladimir Putin e Ramzan Kadyrov (Foto: per gentile concessione di Davide Monteleone)
“Grazie Ramzan. Grazie per Grozny”, ripetono come in una litania la fornaia e i fruttivendoli. E così pure si legge sui manifesti e sulle scritte al neon nei viali nuovi fiammanti della città. Dal 2007, Ramzan Kadyrov è il leader della Cecenia. Sostenitore di Vladimir Putin.
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Dalla fine del conflitto nel 2000, infatti, Grozny è stata ricostruita a suon di miliardi procurati da Mosca, tanto che la capitale della Cecenia è diventata un ibrido a mezza strada tra Dubai e i villaggi Potemkin. In viale della Vittoria, che ora prende il nome di Viale Putin, hanno messo radice palme di plastica. Ma poco più in là si vedono ancora macerie.
“Chi ha vinto veramente questa guerra?”, si è chiesto il fotografo Davide Monteleone, disdegnando la facilità del punto di vista occidentale, secondo il quale la risposta è indubitabile.
La sua selezione di fotografie dal titolo volutamente ambiguo, “Spasibo” (grazie, in russo), si prefigge proprio di rivelare la vera identità cecena odierna. Scattate nel corso del terzo viaggio di Monteleone in Cecenia, da lui già visitata nel 2003 e nel 2007, queste immagini gli sono valse il premio Carmignan Gestion di fotogiornalismo, e la pubblicazione di un quarto libro.
Una giovane donna raccolta in un momento di preghiera (Foto: per gentile concessione di Davide Monteleone)
Lo spazio spettacolare della Cappella dell’Accademia di Belle Arti di Parigi accoglie le sue immagini rigorose al limite della poesia. Sotto un soffitto con le volte affrescate, alcuni ingrandimenti in bianco e nero dalle inquadrature molto curate sono intervallati da calchi e statue di marmo del XVII secolo.
Quanto al libro, sarà presentato dalle edizioni Kehrer in occasione del salone di Paris Photo, inaugurato il 14 novembre 2013.
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Per Davide Monteleone, l’anno 2000 è “l’anno zero della cultura e dell’identità cecena”. La città era stata rasa al suolo dalla Seconda Guerra del 1999. Il suo tessuto sociale e culturale era stato devastato, i rapimenti e le torture quotidiane hanno fatto della paura una componente sostanziale della mentalità cecena. “Il conflitto ceceno ha avuto tre cause scatenanti: la richiesta di indipendenza, l’Islam e il petrolio” sintetizza Davide Monteleone.
Se da un lato la Cecenia non ha acquisito l’indipendenza, dall’altro gode di un’autonomia impensabile in altre regioni della Federazione Russa. L’Islam è apertamente accettato (sono state erette nuove moschee, per le donne è obbligatorio indossare il velo nei luoghi pubblici e l’alcol è difficile da reperire). E la Russia ha conservato il petrolio.
Le forze di sicurezza presidiano la città in occasione della Giornata della Costituzione. Sullo sfondo, la città di Grozny (Foto: per gentile concessione di Davide Monteleone)
La popolazione “è stata costretta ad accettare l’identità che le autorità hanno costruito per lei, uno strano mix di Islam, di venerazione per Ramzan Kadyrov, di tradizioni cecene e di influenze russe”. La violenza è notevolmente ridotta perché non più necessaria, e la popolazione si censura da sola in cambio di un po’ di sicurezza e di benessere.
“Dal punto di vista occidentale è facile criticare la Cecenia per la carenza di democrazia e per il mancato rispetto dei diritti dell’uomo. Ma di fatto qui la vita è notevolmente migliorata. Prima di pensare alla democrazia, però, la popolazione deve soddisfare le esigenze vitali primarie”, sottolinea il fotografo, il cui reportage documenta sia momenti di preghiera e di raccoglimento, sia la ripresa dei commerci e le occasioni di festa.
Anche se alcuni soggetti delle sue fotografie colpiscono e impressionano, il suo lavoro non è stato affatto ostacolato dalle autorità ed è stato accolto bene dai ceceni. Alcuni di questi ultimi si sono addirittura recati a Parigi per visitare la mostra.
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A metà strada tra il fotogiornalismo e la fotografia artistica, le immagini di Monteleone guadagnano in estetica ciò che perdono in chiarezza: alcune foto, a prima vista poco chiare, attirano il visitatore nell’inganno formale, prima di essere chiarite e spiegate dalle didascalie che ne veicolano il significato.
Il ritratto della bella sposa dallo sguardo profondo diventa così quello di un’adolescente di 14 anni che prova l’abito da sposa della sorella. La foto è un pretesto per far conoscere la tradizione dei matrimoni dei minatori ceceni.
Peccato che le didascalie, troppo approfondite e accademiche, e al contempo poco chiare per coloro che ignorano la storia del conflitto russo-ceceno, rendano oscuro il messaggio del fotografo.
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