Marina Loshak: “Come sarà il mio Pushkin”

Marina Loshak, esperta d'arte moderna, nominata direttrice del Museo Pushkin di Mosca (Foto: PhotoXPress)

Marina Loshak, esperta d'arte moderna, nominata direttrice del Museo Pushkin di Mosca (Foto: PhotoXPress)

Parla in esclusiva la nuova direttrice del Museo delle Belle Arti di Mosca, che ha sostituito Irina Antonova, per più di 50 anni a capo dell'ente

La nuova direttrice del Museo delle Belle Arti A.S. Pushkin di Mosca, Marina Loshak, ha concesso un’intervista in esclusiva a Russia Oggi.

Il feedback con i visitatori

Marina Loshak appartiene a una generazione diversa da quella della precedente direttrice, Irina Antonova, che per più di mezzo secolo ha coordinato l’attività del Pushkin e diverse sono anche la sua formazione e la sua concezione del mondo.

Di idee progressiste e con una vasta esperienza come Pr nel campo dell’arte, Marina Loshak ha avuto modo di manifestare queste qualità fin da subito. “Prima ancora di ricoprire la carica di direttore, la prima cosa che ho fatto è stato rivolgere la seguente domanda su Facebook: Che cosa sarebbe meglio cambiare? E la reazione della gente è stata commovente, sono giunte proposte concrete e critiche. Questo è un tipo di feedback che, a mio avviso, manca al Pushkin come a tutti musei di vecchio stampo. È un museo unico. Il suo programma educativo, la sua favolosa collezione di copie, lo rendono simile a una splendida installazione, un po’ imbalsamata. Ma perché diventi un museo più moderno, in sintonia coi tempi, si devono compiere una serie di passi preliminari; passi semplici, incisivi, quasi a dire al pubblico: vi aspettiamo, vogliamo essere una struttura aperta, friendly, in grado di offrire ogni comfort. Queste per un museo contemporaneo sono premesse molto importanti. Non si può essere snob come certi musei di nicchia, bisogna capire che il museo dev’essere aperto a tutti. Non solo a chi conosce bene l’arte e ha una formazione di tipo specialistico”.

Far interagire storia e contemporaneità

La Loshak è specializzata in arte contemporanea ed è un’esperta di avanguardia russa. Una formazione questa apparentemente non adatta per ricoprire l’incarico di direttore di un museo accademico che possiede una collezione unica di opere del Rinascimento e del XIX secolo. “Ma d’altro canto, quella delle avanguardie non è un’arte poi così nuova. Conta all’incirca gli stessi anni del Museo Pushkin. I musei di arte contemporanea hanno una certa impronta sperimentale, ma noi abbiamo a che fare con un’altra tipologia di museo. È più corretto parlare di arte che ha acquisito un valore museale oggettivo, di artisti che sono già entrati nella storia le cui opere sono già state musealizzate. Apprezzo i percorsi intrapresi da tempo da alcuni conservatori contemporanei che fanno interagire i diversi aspetti legati alla storia e all’arte, come si trattasse di un unico flusso. Amo particolarmente Jean-Hubert Martin, uno splendido conservatore museale che persegue queste finalità e riesce a far convivere l’arte antica con l’arte contemporanea, mettendole in contatto e facendole interagire. È un’interazione straordinariamente efficace, che consente una visione completa d’insieme e fornisce un quadro pluridimensionale del mondo. Non bisogna temere scoperte inattese nell’ambito del museo universale”.

Modernizzare, ma conservare

Malgrado tutto il suo dinamismo, la sua energia e la modernità delle sue concezioni, Marina Devovna non intende partire da cambiamenti radicali. “Sì, in effetti, io ho un’esperienza di lavoro in musei che dispongono di forme più aperte, più fluide d’installazione e di rappresentazione artistica. Ho collaborato a lungo con strutture private dove il lavoro teoricamente è facilitato in termini di flessibilità e rapidità di riscontri. Ma qui il problema è completamente diverso, sto ancora cercando di capire e per questo agisco con molta prudenza. Inoltre, il Museo delle Belle Arti sta per essere sottoposto a un grandioso progetto di ricostruzione. Tra breve si prevede la realizzazione di un quartiere dei musei e occorre ancora definire ed elaborare la sua concezione. Da ciò dipende l’immagine futura del museo”.

“Innanzi tutto il museo dev’essere modernizzato sia per quanto riguarda la conservazione che l’allestimento di cataloghi elettronici che solo ora cominciano a entrare in uso. Non esiste ancora il museo virtuale e manca tutta una serie di nuove risorse di comunicazione. Ma trasformando la forma, occorre tutelarne lo spirito, quel che Irina Aleksandrovna Antonova definisce il gene universitario”.

A decidere sulla disputa Puhkin-Ermitage deve essere lo Stato

Poco prima della nomina della Loshak a direttore del Museo delle Belle Arti, tra il Pushkin e l’Ermitage è divampata una polemica che ha suscitato l’attenzione dell’opinione pubblica. La questione riguardava la riapertura del Nuovo Museo dell’Arte occidentale. La raccolta, che comprendeva anche una selezione di opere di pittori impressionisti, era passata in parte all’Ermitage e in parte era stata collocata al Pushkin. Irina Antonova aveva posto il problema dell’unificazione delle due collezioni in una sola, ossia nel suo museo.

Ora la questione è stata definitivamente chiusa. Il Presidente Putin e il ministro Medinskij hanno dichiarato ufficialmente che il Nuovo Museo dell’Arte occidentale non sarà più riaperto al pubblico e che le collezioni rimarranno dove sono. La posizione di Marina Loshak al riguardo è assai meno radicale di quella dell’Antonova. “Il mio sogno sarebbe che Mosca si trasformasse in una sorta di Mecca per chi comprende e apprezza il valore del modernismo occidentale. È difficile trovare termini di confronto per questa collezione, sia sul piano della qualità che della quantità. La qualità delle opere è straordinaria. Capisco che per Irina Aleksandrovna si tratti del sogno di tutta una vita, ma comprendo anche la posizione del direttore del Museo dell’Ermitage per il quale è ormai da tempo una parte integrante della sua collezione. Nessun direttore che ha cuore il proprio museo metterebbe mai a repentaglio l’integrità delle sue collezioni. Tuttavia, a risolvere la questione deve essere chi è responsabile della strategia dello sviluppo degli indirizzi culturali del Paese nel suo complesso: il Ministero della Cultura, il Presidente, il primo ministro. La comunità museale può avere solo un ruolo tecnico, da esperto. Lo stesso vale per la questione della restituzione dei beni museali. Tutti sanno che al Pushkin ci sono molte opere d’arte trafugate. E anche questo è un problema che riguarda lo Stato, e non il museo. A mio avviso l’essenziale per il museo è un atteggiamento di massima apertura: organizzare quante più mostre possibili, esporre tutto, non nascondere nulla, illustrare, spiegare per dare a chiunque la possibilità di vedere tutti i quadri”.

Dai fondi non sparirà nulla

Col passaggio a una nuova direzione del Museo nell’ambiente artistico ha cominciato a diffondersi il panico. Si è vociferato che a impadronirsi del museo saranno gli uomini dei servizi di sicurezza che metteranno le mani su beni artistici del Paese, il cui valore non è certo irrilevante.

A simili voci Marina Loshak reagisce stoicamente: “È comprensibile che le persone provino un senso di precarietà e si sentano insicure quando si verificano dei cambiamenti. Ma queste illazioni non hanno alcun fondamento con la realtà. Il fatto che qualcuno possa servirsi dei mezzi a disposizione dello Stato per fare incetta di beni dei fondi museali e trasmetterli ai privati è semplicemente assurdo. Come direttore del Museo, assicuro quanti si preoccupano che non può accadere nulla del genere”.

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