In treno nella letteratura russa

Da Dostoevskij a Pasternak, il ruolo della ferrovia nei grandi classici, prima denigrata, poi valorizzata, nello studio di Maria Licia Zuzzaro, edito da Prospettiva Editrice
La copertina del libro

Maria Licia Zuzzaro viene da una famiglia di ferrovieri e sin da bambina ha sempre viaggiato in treno. Ricordo sempre con piacere ed emozione i viaggi in treno verso Lucerna, i numerosi viaggi da Milano verso Torino, quando le risaie offrivano ospitalità a cicogne e aironi che ammiravo dal finestrino; così come le corse in treno verso il mare della Puglia d’estate e appena le vacanze scolastiche lo consentivano”. Dal padre ha ereditato la passione per la letteratura russa così, prima ancora di iscriversi alla facoltà di Lingue e Letterature Straniere Moderne, “la consuetudine alla lettura di autori russi si era già formata in casa durante l’adolescenza.”

Il tema della sua tesi di laurea, "Il treno nella letteratura russa", fu quindi un percorso “del tutto naturale”. Da quel lavoro, scritto più di vent'anni fa, esce oggi un volumetto, "Il treno nella letteratura russa", appunto, edito da Prospettiva Editrice. Un modo, secondo l'autrice, per avvicinare i lettori al tema delle ferrovie, “uno strumento divulgativo ideale da leggere proprio durante un viaggio in treno”. 

Il libro è un excursus dettagliato - e accompagnato da interessanti citazioni e approfondimenti- della storia e del ruolo del treno nella letteratura russa, e non solo. La Zuzzaro traccia un'analisi delle opere più rappresentative russe scritte tra la metà del XIX e l'inizio del XX secolo ed esplora in che modo il treno fu trattato dai singoli autori e in che modo il suo arrivo cambiò il modo di viaggiare del popolo russo.

L'autrice inizia descrivendo il rapporto ambivalente, se non proprio negativo, che Dostoevskij e Tolstoj ebbero nei confronti del treno. In loro il treno diventa un vero e proprio simbolo, un personaggio oggetto di minuziose descrizioni, “il simbolo di quello sviluppo economico-sociale della Russia che entrambi a modo loro disapprovano”.

È con Cechov che il treno inizia ad assumere una valenza positiva, diventando “simbolo della vita attiva ed emblema della fuga da un luogo o, meglio, da se stessi e dal passato”. E, infine, nell'opera di Pasternak, il treno, finalmente, “funge quale sorta di utero accogliente, da mamma provvida e premurosa” e, ne Il dottor Zhivago, “diventa metafora del farsi strada, dell'avanzare con spirito positivo verso l'ignoto”.

È un lento passaggio, quindi, quello del treno nella storia e nella produzione letteraria russa: da negativo diventa, alla fine, positivo e creativo. Ancora oggi, commenta la Zuzzaro, “il treno continua a essere in Russia un mezzo di trasporto privilegiato e amato. Il treno è oggi anche un mezzo per partire alla scoperta lenta di un territorio”.

“Ciò che ammiro dei russi è la capacità di guardare al futuro, ma anche di recuperare il passato, laddove possibile: si pensi alla resurrezione del treno Mosca-Nizza, ripristinato il 25 settembre 2010, che ripercorre il tragitto che tra XIX e inizio XX secolo l’aristocrazia russa affrontava per scaldarsi al sole della Costa Azzurra. Un viaggio di quarantotto ore: soltanto i russi potevano proporlo nel XXI secolo”.

L'ultimo tassello che manca all'opera è il capitolo che l'autrice vorrebbe aggiungere in futuro alla sua ricerca:  studiare ora come il nuovo modo di viaggiare in treno è rappresentato nella letteratura russa contemporanea.

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