La Napoli di Dostoevskij

Uno scorcio di Napoli (Foto: PhotoXpress)

Uno scorcio di Napoli (Foto: PhotoXpress)

Lo scrittore russo rese omaggio ne "L'idiota" alla città partenopea, in cui soggiornò un paio di volte e che paragonò alla nuova Gerusalemme. Lo ricorda la studiosa Tatiana Kasatkina

Dostoevskij e Napoli. Un legame intenso, con pochi riferimenti nella storiografia del grande scrittore russo. Un amore per la capitale del Mezzogiorno descritto ne "L’idiota", realizzato a Firenze nel 1868, in uno dei suoi due viaggi in Italia.

Tatiana Kasatkina, direttrice del Dipartimento di Teoria della Letteratura all’Università pedagogica di Mosca e della commissione di studio su Dostoevskij all’Accademia russa delle Scienze, racconta dell’esperienza napoletana e italiana dell’autore di numerosi capolavori della letteratura ottocentesca, a margine della conferenza “Lo sguardo di Dostoevskij sul mondo e sull’uomo”. Un evento organizzato a Napoli dal Centro Culturale Neapolis su alcuni temi tratti dal libro scritto nel 2012 dalla studiosa “Dal Paradiso all’Inferno. I confini dell’umano in Dostoevskij” (edizioni Itaca, a cura di Elena Mazzola). Il rapporto tra Cristo e verità, la religione, la libertà. L’uomo che determina l’ambiente che lo circonda, non l’opposto. E il mondo che sarà salvato dalla bellezza.

Professoressa Kasatkina, la storiografia ha lasciato poche tracce sulla presenza del grande scrittore a Napoli.
Dostoevskij arrivò a Napoli con la giovane moglie, Anna Gregorievna Snitkina, sua stenografa e compagna fedele di peregrinazioni. È vero, non ci sono molte notizie sul suo soggiorno napoletano. Ma parla della città ne "L’idiota". E delineava Napoli come l’immagine della nuova città, della nuova Gerusalemme. Un posto dove l’eroe vuole andare oltre l’orizzonte. Per lui, Napoli era un luogo “dove la Terra respirava il mistero”. Non un luogo legato agli aspetti della quotidianità. Napoli, soprattutto, predisponeva naturalmente alla bellezza.

Crede che il carattere di Dostoevskij fosse compatibile con Napoli, con la visione della vita che hanno i partenopei?
Lo scrittore arrivò in Italia (ci è stato in due occasioni) in un momento particolare della sua vita, non stava bene di salute, la figlia era morta qualche tempo prima, ripensava alle difficoltà dovute alla censura in Russia sulla rivista fondata con il fratello, Vremya - Il Tempo -, e in più, aveva perso molti soldi alla roulette russa a Givevra, in Svizzera. Di sicuro l’approccio alla vita dei napoletani, ottimista e gioioso, gli venne parecchio in aiuto. Senza contare che a Napoli incontrò Herzen, filosofo e intellettuale russo, un mito dell’Ottocento, nobile schierato contro l’autoritarismo e a favore della causa contadina. Non ci sono però notizie sull’esito del loro rapporto napoletano.

In generale, vede punti di contatto tra il carattere, il modo di vivere dei suoi connazionali e dei napoletani?
Certo, vedo molti elementi in comune tra russi e napoletani. Soprattutto, la profondità, la passionalità e un pizzico di follia.  

L’Italia è solo una delle tappe europee nel percorso di Dostoevskij. Che considerazione aveva della realtà politica e culturale del Vecchio Continente?
Dostoevskij aveva un’ottima considerazione dell’Europa e soprattutto della cultura europea, elemento determinante nella formazione culturale dei russi. “Per diventare russo si deve possedere la ricchezza europea”, era solito dire più volte. Dell’Europa odiava il fango della quotidianità, così come in Russia. Dostoevskij era anche fortemente convinto dell’amore che i suoi connazionali nutrivano per l’Europa.

Dostoevskij ha scritto "L’idiota" a Firenze. Quanto fu influenzato dalla realtà religiosa, politica e sociale italiana?
Più che dalla situazione politica, Dostoevskij fu fortemente ispirato dai messaggi che lanciava la pittura italiana. A Firenze si tava compiendo un passaggio epocale: gli artisti raffiguravano nelle loro opere il messaggio di Gesù Cristo, invitando gli spettatori a cogliere quel messaggio e a metterlo in pratica nella vita quotidiana. E Dostoevskij ne fu affascinato e fece lo stesso nel suo capolavoro. 

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