Chiuso il Festival Internazionale di Ferrara (5-7 ottobre 2012), devastata dal terremoto: sono serrati tanti musei, ma erano strapiene le piazze e i luoghi del festival, con giornalisti da tutto il pianeta, compreso il direttore del Guardian, Alan Rusbriger, e la firma del New York Times, David Carr, per spiegare dove va il mondo.
Nel panorama globale è difficile non parlare della Russia, una delle protagoniste della manifestazione. Dal primo giorno, quando al salvadoregno Carlos Dada è stato consegnato il Premio giornalistico Anna Politkovskaya.
Il riconoscimento è nato su iniziativa di Internazionale e Comune di Ferrara, in collaborazione della casa editrice Adelphi, e viene assegnato ogni anno a reporter coraggiosi che difendono la libertà d’espressione. Dada, il direttore di El Faro, il primo quotidiano online dell’America Latina, fa molte inchieste sociali, su narcotraffico, criminalità, abuso di potere. “Non ho preso denaro, ma per me questo è un riconoscimento che vale molto. Il 75 per cento dei giornalisti uccisi nel mondo sono reporter locali e non hanno il privilegio di essere noti al pubblico mondiale -, spiega Carlos, - ma il livello di intervento dello Stato nella vita dei cittadini non si valuta in base al tasso di violenza di un Paese. Ad esempio, in Russia con Eltsin c’è stata più violenza che con Putin, ma non per questo la Russia di oggi vive meno autoritarismo”.
E poi, sulla scena internazionale il Festival ha portato i giovani scrittori russi Alisa Ganieva, Igor Savelyev e Anna Lavrinenko, vincitori del premio Debut, che in diretta con Radio 3 Mondo hanno parlato di nuova Russia. “I figli della perestrojka”, dal titolo della trasmissione, hanno stili di scrittura e opinioni diverse. Su Pussy Riot sono d’accordo che le ragazze siano state condannate a una pena forse troppo severa, ma per Alisa Ganieva (ha scritto “Salaam, Dalgat!”, incentrato sul meticciato culturale con l’Islam) quella delle Pussy è una specie di “arte contemporanea, che il governo conservatore non riesce a capire”. Ha anche una storia personale da raccontare: il suo fidanzato era troppo coinvolto nella vita politica, era attivista di un gruppo pro-Putin, e per questo lei l’ha lasciato.
Per Igor Savelyev ( che ha pubblicato “La città pallida”, on the road in autostop attraverso la Russia), invece, la storia delle Pussy Riot “ha diviso il Paese. Alcuni miei amici giravano in costume da bagno e cuffie presso la cattedrale di Cristo Salvatore con la scritta “Demoliamo la chiesa, rivogliamo la piscina!” (La cattedrale è stata distrutta da Stalin e al posto suo era stata costruita una piscina all’aperto, che funzionava anche d’inverno, e solo pochi anni fa la Chiesa è stata ricostruita). Non posso condividere appelli del genere”. “Vorrei che la Russia – aggiunge - rimanesse un Paese unito e prospero. E vorrei che mi venisse sempre data la possibilità di scrivere quello che voglio”. Anna, la più timida e meno “politica” (il suo racconto “Il bambino perduto”,parla di un amore adolescente), ammette che “anche se la maggioranza vota Putin, nella mia città, Yaroslavl, ha vinto con il 70 per cento dei voti il sindaco dell’opposizione, Evgeny Urlashov. Ed è stato un successo inaspettato”.
Tra poco torneranno in Russia, e per conto loro parlerà il libro “Il secondo cerchio”, appena uscito da Tropea. “Perché questo titolo?”, chiedo. “È una scelta dell’editore”, rispondono. Va ricordato che “Il primo cerchio” è un libro di Alexksandr Solzhenitsyn, premio Nobel per la Letteratura l'8 ottobre 1970. Magari il titolo porterà fortuna anche a questi ragazzi.
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